da: Il Post 4 dicembre 2013
È uscito nelle librerie il nuovo libro di Adriano Sofri, intitolato “Machiavelli, Tupac e la Principessa“.
Parla di Niccolò Macchiavelli, la cui opera più famosa – “Il Principe” –
fu scritta esattamente 500 anni fa, nel 1513: ma parla anche di molte
altre cose, come spiega lo stesso Sofri nell’introduzione:
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In uno dei primi capitoli, intitolato “Il mio vicino di casa”, Sofri racconta i luoghi in cui fu scritto “Il Principe” e alcune storie del suo autore. [...]È un guazzabuglio. Tratta di Niccolò Machiavelli. Di grandi questioni, e storie piccole, a cominciare da un avverbio di due sillabe che introduce allo stupro frustrato del principe sulla Fortuna. Di Tupac Shakur che andò in carcere e si rinominò Makaveli, in tempo per essere ammazzato. Di Machiavelli che si metteva nei panni di tutti, del papa, dell’imperatore, del Valentino, del capopolo dei Ciompi e del giovane amante di successo – e perfino nei propri. Tratta anche della politica nel mondo di oggi, di uomini e donne, del ritorno alle origini, alla leggenda di San Francesco e a quella della Costituzione. Della successione, di un papa che succede a un altro abolendo la morte di papa, di un presidente della repubblica che succede a se stesso, di rivoluzionari, agenti segreti e avventurieri che diventano monarchi ereditari senza dichiararlo, e di capi di stato democratici che fondano dinastie. Delle madri costituenti. Di padri ricchi che diseredano i figli e di figli ricchi che rinunciano all’eredità dei padri. Dell’idea di rifare tutto di nuovo, principe nuovo, nuovi sudditi, ripartendo dal marmo grezzo, dalla carta bianca, dai montanari svizzeri, col rischio di finire alla Cambogia di Pol Pot. Dell’odio per la città di Sarajevo, e della crociata contro la montagna di fra’ Dolcino, antenato dei NoTav. Dell’esercizio di riscrittura di un capitolo del Principe come se si fosse trattato di una Principessa, per esempio Caterina Sforza, che quando le tolsero i figli per tenerli in ostaggio si sollevò la veste e gridò che aveva con che farne degli altri, gesto che eclissa le stragi di Cesare Borgia. Della fissazione di Machiavelli per le armi proprie, e della mia per la polizia internazionale. Di come si vive il resto della vita dopo che si è perduto tutto. Della volpe che incontro di notte sulla strada di San Casciano, proprio la stessa volpe di Machiavelli, e di un muletto impazzito cui il segretario volle restituire la libertà, perché al mondo c’è posto per tutti.
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vedi anche:
la Repubblica martedì 3 dicembre 2013
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Alberto Asor Rosa Il Principe e i corrotti. Leggere Machiavelli ai tempi della crisi. Un libro-conversazione fra Antonio Gnoli e Gennaro Sasso racconta l’attualità del pensatore fiorentino
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