Marinus van Reymeswaele, l'ufficio dell'avvocato, 1545
Al museo Boijmans di
Rotterdam un viaggio nelle viscere delle Fiandre, in mezzo a
mendicanti storpi, ciarlatani, esattori delle tasse, giocatori
d’azzardo, prostitute. Si comincia da Bosch e si finisce con
Bruegel il Vecchio.
Arianna
Di Genova
Un
quotidiano spinto all'eccesso
In una grande casa di
piacere, formicolante di persone, i piani
dell’azione si susseguono incalzanti: c’è chi
beve, chi si ingozza, chi suona, chi si prende per i capelli
e chi allegramente fa l’amore, dando sfogo
a qualsiasi fantasia erotica. In
lontananza, seduto su una soffice nuvola, c’è Dio,
che non può fare a meno di voltare le spalle a tutta
quella depravazione umana. Siamo nel 1540 e un
misterioso incisore ci catapulta al centro di un
bordello di Anversa, mentre poco oltre, in una sorta di
teatro caleidoscopico della quotidianità,
vanno in scena scomposte danze contadine,
abbuffate di paese, ruberie e anche assassinii.
In un altro angolo della sala, gli invitati ad una festa di nozze ballano dimentichi delle preoccupazioni: una sola persona resta seduta, immobile. È la sposa stessa e un’iscrizione ci dice che è un po’ appesantita nei suoi movimenti, dato che con molte probabilità è già incinta. Non è una supposizione scandalosa: tra i lavoratori della terra e le famiglie rurali mettere in dubbio la verginità della novella moglie del vicino di campo era un divertimento assicurato e gli sketch comici passavano di farsa in farsa, di piazza in piazza.
Bosch, trittico del carro da fieno. particolare
Fra terra e cielo
La grande mostra appena inauguratasi al museo Boijmans van Beuningen di Rotterdam Uncovering Everyday Life. From Bosch to Bruegel (visitabile fino al 17 gennaio, a cura di Friso Lammartse e Peter van der Coelen), attraverso quaranta dipinti — con alcuni prestiti eccezionali, come il Trittico del Carro di fienodi Bosch, mai uscito prima dal Prado di Madrid — e altrettante stampe, racconta una storia che corre parallela a quella che attraversava l’Europa del tempo. Lascia in pace i santi, scende dalle pale d’altare, esce dalle cappelle delle chiese, abbandona le corti e inventa una via Crucis tutta secolare, abitata da personaggi — oggi outsider un tempo comunissimi — come i pellegrini, venditori ambulanti, ciarlatani, puttanieri, ubriaconi, lebbrosi, ladruncoli, donne lascive, servette, giocatori d’azzardo, mettendo in mezzo anche esattori delle tasse e avvocati arraffa-soldi.
È una specie
di controcanto alle gesta gloriose delle guerre di
conquista che re e principi andavano
combattendo e che i manuali di storia ancora
narrano. A essere pedinata da pittori e incisori
è l’assoluta insensatezza del vivere, trascinando
il proprio corpo verso i piaceri forti e l’eccesso,
con emozioni bestiali, incuranti del futuro e del
«decoro».
Lo sguardo è fisso
sulla terra, la tentazione celeste sembra ormai
evaporata, rotolata via ad una distanza siderale.
Se c’è, è un monito terribile, lascia immaginare
supplizi terrificanti per questa continua
disobbedienza all’anima e alle sue esigenze
spirituali. La rassegna olandese sceglie
di indagare gli inizi, i primi passi della nascita di un
genere che sgusciò via dalla morsa della religione
e costruì i suoi stereotipi per confermare
il presente, la situazione economica e sociale
del XVI secolo nelle Fiandre.
Secondo i curatori
della mostra, quell’everyday continuamente
ribadito nei vari personaggi disegnati ad uso
e consumo del loro pubblico somiglia a un
Grande Fratello «dalle cattive maniere, politicamente
scorretto». Ci si prende gioco della caricatura di sé
e si mettono alla berlina i propri e altrui
vizi. La quotidianità debordante è lo
specchio deformato di una comunità che non può che
compiacersi di aver guadagnato un posto di primo
piano in quel volgere dal Medioevo alla nuova era,
incamminandosi verso le Riforme che scossero alle
radici, meglio sottoposero a un terremoto
(soprattutto etico) il rapporto fra uomo e Dio.
Se l’apice di questo «modello artistico», con la perfetta messa a punto di un nuovo codice visivo, venne raggiunto da Bruegel il Vecchio, il viaggio nelle viscere dei Paesi Bassi dovrà partire da quel monumentale Trittico di Hieronymus Bosch dove un carro che trasporta fieno fa da spartiacque fra due «momenti esistenziali», scivolando verso l’apocalisse. Intorno, sotto, davanti e dietro, pullula la vita ordinaria (e allucinata) del popolo.
Il Trittico, una
grande allegoria morale e satirica che le più
recenti datazioni collocano nell’ultimo anno di vita
del pittore (morto nel 1516), venne comprato da Filippo II,
ma ebbe una esistenza dissestata: venne smembrato,
più volte copiato e infine ricomposto nei suoi
pannelli al Prado, nel 1914.
Quel pellegrino-vagabondo
malconcio, vestito di stracci, pensieroso
e spaventato che appare sulle «ante» esterne chiuse,
rappresenta il cammino incerto lungo le strade del
mondo. Anche il ponticello davanti a lui non sembra
granché solido; alle sue spalle, si consuma una rapina,
forse ci sarà una impiccagione, mentre l’odore del
peccato si espande nell’aria. Sarà lo stesso peccato —
con più malizia e minor senso di colpa — che vedremo
prendere possesso della realtà nelle tante
raffigurazioni dei bordelli che
circolavano all’epoca, divertendo con la loro
licenziosità trasversalmente la nuova
borghesia, i bottegai e i «rurali».
Bosch, trittico del carro da fieno. particolare
I nuovi interpreti
Per cercare di comprendere l’ossessiva e stralunata imaginerie di Bosch si è detto di tutto, anche che l’artista non disdegnasse la compagnia dei membri delle sette sataniche. In realtà, con la sua linea incisiva e moderna, i suoi colori ariosi, non ha fatto altro che dare vita, trasformandolo in visione, a ciò che accadeva nei Paesi Bassi , quando si veniva perseguitati sulle pubbliche piazze con esorcismi violenti o si assisteva a brutali saccheggi delle città e paesi. Bosch non era un precursore del Surrealismo ma un contemporaneo pervaso da una fervente fede alla fiamminga. La stella che splenderà nel firmamento concettuale della sua maturità sarà quella castigatrice Nave dei folli di Sebastian Brant, illustrata magistralmente da Dürer e poi riprodotta da lui stesso.
I nuovi attori della
scena sociale sono ormai mercanti nelle taverne, avvocati
rapaci, monaci fissati col sesso, contadini ingenui
che ogni volta che vanno in visita in città vengono derubati
(è una delle tipizzazioni più in voga, proposta
da numerosi quadri e stampe). L’esposizione al
Boijmans ha uno dei suoi punti di forza in una serie di
incisioni poco viste prima d’ora e nella sezione
dedicata a Lucas van Leyden, presente con una
ventina di stampe.
Adolescente
prodigio, nato a Leida nel 1494 (morì poi nel 1533),
ebbe un rapporto intenso di allievo e maestro (anche
interscambiabile) con Dürer. Il suo interesse,
nelle opere proposte a Rotterdam, è tutto
focalizzato sulle partite di carte che non hanno nulla
dell’innocente passatempo, ma sono metafore del
desiderio erotico. Dietro gli sguardi di
fanciulle e giovani al tavolo, si covano amori
clandestini e corteggiamenti proibiti:
triangoli passionali e mariti cornuti vanno
di pari passo con la vincita o la perdita alle carte.
Il manifesto – 14
ottobre 2015
Nessun commento:
Posta un commento