Ci mancheranno i suoi
articoli che riprendevamo spesso, l'ultimo ancora il 30 dicembre.
Aveva una capacità rara di collegare arte e vita, cultura e società.
Piera Matteucci
Addio a Lea
Mattarella, una vita per l'arte e per le donne
Sapeva di essere malata
da tempo, ma questo non le ha impedito di occuparsi, fino alla fine,
della sua grandissima passione: l’arte. Lea Mattarella, critica e
collaboratrice storica di la Repubblica, e prima ancora
della Stampa, si è spenta oggi all’età di 54 anni.
Lunghissima la sua carriera come docente dell’Accademia delle Belle Arti, che l’ha portata in tutte le principali città italiane. Dopo Napoli, Macerata, L’Aquila, finalmente Roma.
Ma l’impegno di insegnante era solamente uno dei tanti che Lea onorava con dedizione e passione. Sulle pagine del nostro quotidiano sono tantissimi gli articoli con la sua firma. L’ultimo è comparso appena domenica scorsa suRobinson su una mostra allestita a Palazzo Braschi, a Roma, su costumi, disegni e bozzetti realizzati da grandi artisti per il teatro dell’Opera.
Il suo sguardo a tutto tondo sull’arte, però, si soffermava con particolare attenzione sull’universo femminile. Era stata curatrice, in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unita' d'Italia, dell’esposizione ‘Le donne che hanno fatto l’Italia’ al Vittoriano, nella quale avevano trovato spazio i premi Nobel Grazia Deledda e Rita Levi Montalcini, ma anche Luisa Spagnoli che inventò il bacio Perugina, Ernestina Paper, prima laureata in medicina dell'Italia unita, e Alfonsina Strada, che nel 1926 corse con gli uomini il Giro d'Italia.
A chi le chiedeva quale fosse l’insegnamento tratto dal mondo del giornalismo e quali fossero i legami con l’attività di critico d’arte, rispondeva che tra i due ‘mestieri’ non ci sono poi differenze così profonde, ma insisteva nel dire che chi scrive dovrebbe essere in grado di fare entrambe. “Io devo molto ai giornali. Mi hanno insegnato la chiarezza, perché se devi ‘tradurre’ una cosa per un lettore che non ha la tua formazione, questa deve essere chiarissima innanzitutto a te. Poi la stessa chiarezza io mi sforzo di portarla nei testi critici, perché io voglio essere capita. Quando uno non è chiaro è perché non ha chiaro che cosa vuole dire”, aveva detto in un’intervista rilasciata alcuni anni fa al sito ‘Giornale dell’arte’.
E le parole nei suoi articoli, come nei suoi testi, prendevano la forma di immagini, talmente chiare da apparire davanti agli occhi di chi quelle parole le leggeva.
Lea aveva ancora tanti progetti, che la consapevolezza del male non aveva fermato: libri, mostre e recensioni che non voleva lasciare chiusi in un cassetto.
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