Franco
Fortini, «Traducendo Brecht»
Un grande
temporale
per tutto il
pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti
prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi
di cemento e di vetro
dov’erano le
grida e piaghe murate e membra
anche di me,
cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora tegoli
battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo
morire
la parola d’un
poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce.
Gli oppressi
sono oppressi
e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei
telefoni, l’odio è cortese, io stesso
credo di non
sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi
dico, odia
chi con
dolcezza guida al niente
gli uomini e
le donne che con te si accompagnano
e credono di
non sapere. Fra quelli dei nemici
scrivi anche il tuo nome.
Il temporale
è sparito con
enfasi. La natura
per imitare le
battaglie è troppo debole. La poesia
non muta
nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi.
[Franco
Fortini, «Traducendo Brecht», da «Una volta per sempre. Poesie 1938-1973», in
«Tutte le poesie», Mondadori, Milano 2021]
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