Assumere la sofferenza dei poveri
L’informazione mondiale non registra rilevanti sviluppi sulla situazione in Niger dopo la rimozione di fine luglio dell’ex presidente Bazoum da parte della nuova giunta militare. C’è stato, per la verità, nei giorni scorsi, lo spostamento di uomini (oltre mille) e mezzi armati statunitensi da Niamey ad Agadez, una “misura precauzionale” secondo le fonti ufficiali, che ribadiscono la motivazione della presenza Usa: il sostegno al contrasto del terrore jihadista. Resta invece tesissimo il rapporto della giunta nigerina – così come lo è quello di quelle dei vicini Mali e del Burkina Faso – con la Francia. L’interesse e l’influenza russi nel Sahel sono evidenti ma Mosca ha certo altro a cui pensare e pubblicamente mantiene un profilo basso. All’informazione mondiale, invece, interessanno assai poco le sofferenze della gente comune, e in particolare dei poveri, del Niger. Sofferenze cresciute non poco a causa delle sanzioni economiche seguite al rovesciamento di un governo “democratico” eletto tanto caro all’Europa per la sua… garanzia di stabilità e il consenso alla guerra contro i migranti e contro l’estremismo islamico armato. Mauro Armanino scrive, stupito e ammirato, della quotidiana resistenza dei “piccoli”, dell’arte sottile della sopravvivenza nella quale dal niente si tira fuori tutto quanto basta per arrivare al giorno mentre si soffre in silenzio. E il silenzio, ça va sans dire, non fa notizia
L’apparenza inganna, lo sappiamo. La vita sembra scorrere come sempre e, almeno in città, c’è l’abitudine di vivere grazie ad un antico mestiere imparato fin da bambini. Si tratta dell’arte sottile della quotidiana sopravvivenza nella quale dal niente si tira fuori tutto quanto basta per arrivare al giorno dopo. Dal 26 luglio fino ad oggi, la prima decade di settembre, è in vigore una non annunciata e ben definita transizione di regime. Le sanzioni economiche e sociali approvate e applicate in fretta da un parte dei Paesi confinanti con il Niger, specie quelli che hanno lo sbocco sul mare, aggiungono sofferenze al già temibile quotidiano della povera gente. ‘Siamo nella sofferenza’, diceva un artigiano il cui lavoro si è di colpo interrotto da un mese a causa della situazione creatasi a seguito del golpe militare citato. ‘Mancano i soldi per i condimenti’, aggiunge e allora si sparisce fino a sera per non vedere i figli e i nipoti soffrire la fame.
‘Fino a quando?’, chiede lo stesso artigiano che, prima di congedarsi, chiede che anche nelle chiese si preghi perché le cose ‘si rimettano a posto ’ quanto prima. C’è infatti qualcosa di straordinario che sta accadendo nel Paese e che, a guardarlo da vicino, desta ammirazione e stupore. Si tratta della quotidiana resistenza dei ‘piccoli’ che, soprattutto in silenzio, realizzano un’autentica rivoluzione sociale. Stanno pagando un prezzo molto alto al cambiamento impresso alla storia del Niger tramite il golpe, in parte inatteso, di fine luglio. Soffrire in silenzio in genere non fa notizia eppure è questo uno dei pilastri su cui si regge l’attuale transizione politica. Un silenzio che dovrebbe interpellare chi ha deciso, per scelta o per necessità, di instaurare un regime di eccezione nel Paese e attorno ad esso. Non è accettabile che, senza alcuna remora, si penalizzi un popolo, anzi ‘il popolo’ e cioè i piccoli e fragili di sempre, i poveri e i giovani in particolare.
Nessuno dovrebbe osare confiscare il loro futuro perché, intessuto com’è di sogni, speranze e ideali è qualcosa di sacro. Non rubare e il verbo vivere coniugato al futuro con dignità è ciò che dovrebbe costituire la ragione d’essere di ogni autentica politica. Da questo frutto si riconosce l’albero che ha scelto di piantare la transizione nel Paese. Non accada mai più che la sofferenza dei poveri sia resa vana e le nascoste utopie germogliate in questi anni assenti siano svendute al miglior truffatore di sogni. Ecco perché il silenzio nascosto si trasforma in un grido rivolto a chi ha il coraggio e l’incoscienza di accoglierlo. Nella complicità di coloro che non hanno voce si tratta di dare una risposta accorata alla sofferenza, a livello locale e internazionale. Sarà questo il nome da dare alla transizione che dovrà sfociare nella Conferenza Nazionale aperta a tutti per dare un volto nuovo alla politica. Assumere la sofferenza dei poveri perché trasformi il linguaggio politico del Paese sarà la base della nuova Costituzione della Repubblica, fondata sul silenzio.
Niamey, settembre 2023
Pezzo ripreso da https://comune-info.net/assumere-la-sofferenza-dei-poveri/
Nessun commento:
Posta un commento