Il nostro tempo in un certo senso è un periodo in cui le scienze umane hanno assunto un’importanza, in teoria e in pratica, che non hanno mai conosciuto in precedenza. Ma queste scienze non sono mai riuscite a dire che cosa sia in fondo l’uomo in quanto tale.
Nello stesso XIX secolo, si sperava, si sognava questo grande mito escatologico: fare in modo che questa conoscenza dell’uomo fosse tale che l’uomo potesse per il suo tramite liberarsi dalle proprie alienazioni, liberarsi da tutte le determinazioni delle quali non era padrone, che potesse, grazie a questa conoscenza che aveva di se stesso, ridiventare o diventare per la prima volta padrone e possessore di sé. Detto altrimenti, si faceva dell’uomo un oggetto di conoscenza affinché l’uomo potesse diventare soggetto della propria libertà e della propria esistenza.
[Ma] quando si analizza il linguaggio dell’uomo non si scopre la natura, l’essenza o la libertà dell’uomo. Al loro posto si scoprono strutture inconsce che governano, senza che noi lo notiamo o lo vogliamo, senza che sia mai questione della nostra libertà o della nostra coscienza; strutture che decidono il disegno all’interno del quale noi parliamo. Quando uno psicoanalista analizza il comportamento o la coscienza in un individuo egli non trova l’uomo ma qualche cosa come una pulsione, un istinto, un impulso. Sono il meccanismo, la semantica o la sintassi di questi impulsi a essere svelati.
L’uomo si volatilizza man mano che lo si bracca nelle sue profondità.
Quello che ho voluto fare è mostrare che nella storia stessa del sapere umano si poteva ritrovare lo stesso fenomeno: la storia del sapere umano non è rimasta nelle mani dell’uomo. Non è l’uomo ad avere coscientemente creato la storia del suo sapere, ma la storia del sapere e della scienza umana obbedisce anch’essa a condizioni determinanti che ci sfuggono. E, in questo senso, l’uomo non detiene più niente, né il suo linguaggio, né la sua coscienza e nemmeno il suo sapere.
Questa scomparsa dell’uomo nello stesso momento in cui lo si cercava alla sua radice non vuol dire che le scienze umane scompariranno, ma che adesso le scienze umane si amplieranno in un orizzonte che non è più chiuso o definito da questo umanesimo. L’uomo scompare in filosofia non come oggetto del sapere ma come soggetto di libertà e di esistenza.
Michel Foucault
Foucault risponde a Sartre - Foucault répond à Sartre, in “La Quinzaine littéraire”, n. 46, 1-15 marzo 1968
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