08 settembre 2023

SANTO LOMBINO e DOMENICO MICHELON, Barricate a Palermo.

 


Ecco la bellissima copertina del nuovo libro di  SANTO LOMBINO e DOMENICO MICHELON sulla rivolta palermitana del Sette e Mezzo. 

Il libro sarà disponibile in tutte le librerie alla fine di questo mese di settembre. In anteprima Santo mi ha invitato a pubblicare in questo blog la quarta di copertina. (fv) 


Approfittando della circostanza che nei mesi dell’estate 1866 la guerra tra Italia e Austria aveva sguarnito i presidi militari dell’Italia meridionale, i ceti popolari di Palermo e dei comuni limitrofi insorsero dal 15 al 22 settembre di quell’anno mettendo a ferro e fuoco le strade e le piazze, dando l’assalto agli uffici pubblici e alle prigioni, costruendo centinaia di barricate da cui si grida “Viva la repubblica, Viva santa Rosalia!” e su cui sventolano bandiere rosse. La rivolta, che per i giorni della sua durata fu chiamata “il Sette e Mezzo” nasceva dal rifiuto della “piemontesizzazione”, della politica economica e sociale dei governi della Destra storica, della gestione dell’ordine pubblico in Sicilia che faceva frequente ricorso allo stato d’assedio e ai rastrellamenti militari nelle zone “pericolose”. L’instaurazione della leva militare, la soppressione degli enti ecclesiastici e l’incameramento dei loro beni, la mancanza assoluta di lavori pubblici, l’uso dei pubblici poteri per favorire il governo nelle elezioni, avevano esacerbato il malcontento popolare. Su tale malcontento si innestava l’iniziativa della sinistra radicale che seguiva l’impostazione dei garibaldini Giovanni Corrao (ucciso nel 1863) e Giuseppe Badia (in carcere al momento della sommossa) contro la politica moderata dei seguaci di Crispi e dei governi nazionali. Con tale iniziativa si registrava la convergenza di elementi clericali e dei nostalgici filoborbonici in cerca di rivincita contro i Savoia. L’insurrezione aveva le stesse caratteristiche di quelle dei decenni precedenti e i ribelli erano spesso guidati dagli stessi capisquadra che avevano agito in quelle occasioni, ma le forze governative e la stampa nazionale, nel timore di perdere prestigio a livello internazionale, la bollarono come espressione di “barbarie e inciviltà” e frutto di manovre della nascente mafia. Il carattere “ibrido” della rivolta caratterizzata dal susseguirsi di due diversi comitati insurrezionali, e la mancata discesa in campo delle altre città siciliane la condannarono all’isolamento e alla sconfitta, determinata sul piano militare dall’arrivo di numerosi contingenti armati e dai bombardamenti attuati e minacciati dalle navi regie che approdarono a Palermo. Il governo Ricasoli nominò Commissario straordinario il generale Raffaele Cadorna che giunse in Sicilia quando il moto popolare era ormai spento. In violazione dello stato di diritto, Cadorna ordinò l’ennesimo stato d’assedio con coprifuoco, disarmo generale, arresti indiscriminati, tribunali militari di guerra. La ferita nel rapporto tra classi dirigenti e popolazione dell’Isola non si rimarginerà nei decenni successivi e rimarrà irrisolta la “quistione siciliana”.

 

Nessun commento:

Posta un commento