Ezra Pound e
Pier Paolo Pasolini: partiti da presupposti e punti di vista diametralmente
opposti, giunti alla medesima conclusione, ovverosia quella di un'opposizione
ferma e su tutti i fronti ad una società con radici non più piantate nel sacro bensì
nell'effimero, dove a contare è l'avere a discapito dell'essere!
Morti (anche
in questo frangente in maniera diversissima l'uno dall'altro) a tre anni e un
giorno di differenza, Pound - anziano e sul proprio letto - il 1° novembre
1972, PPP - poco più che cinquantenne e nella maniera tragica che ben sappiamo
- il 2 novembre 1975, nell'autunno del 1967 l'avvenimento epocale del loro
incontro, presso la dimora veneziana del primo, in Dorsoduro.
In
quell'occasione - di una intervista che Pasolini doveva tenere per la Rai Radio Televisione Italiana - il poeta
bolognese-friulano dedicò all'amico/nemico americano gli stessi versi che
quest'ultimo, in gioventù, aveva dedicato all'amato/odiato Walt Whitman,
modificati chiaramente nell'onomastica:
"Stringo
un patto con te, Ezra Pound.
Ti ho
detestato ormai per troppo tempo.
Vengo a te
come un figlio cresciuto
che ha avuto
un padre dalla testa dura.
Ora sono
abbastanza grande per fare amicizia.
Fosti tu ad
abbattere il nuovo legno,
ora è tempo
d’intagliarlo.
Abbiamo un
solo fusto e una sola radice:
che i rapporti
siano ristabiliti tra noi".
Emblematica, asciutta, senza fronzoli - come i suoi "Cantos" - la risposta del vegliardo: «Amici, allora. Pax tibi, pax mundi!».
Un patto
stretto nel nome della poesia, stridente allora, figuriamoci oggi, nel mondo d’
oggi che aborrisce ciò che non è maneggiabile, conteggiabile.
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