Il filosofo Rocco Ronchi ha dedicato di
recente uno studio a B. Brecht intitolato:
Brecht. Introduzione alla filosofia, edizioni et al. Milano, 2013.
Riprendo di seguito un brano dell’intervista che il filosofo ha
rilasciato a Massimo Marino che mette ben in evidenza l’originalità del metodo
di lavoro brechtiano:
Il metodo
brechtiano e il metodo della filosofia sono sostanzialmente identici. La caratteristica
rilevante del rapporto di Brecht con la filosofia non è dovuta semplicemente al
fatto che Brecht introduca la filosofia o il marxismo come temi del suo teatro.
Brecht introduce piuttosto la filosofia come metodo. Il suo teatro è filosofico
dal punto di vista formale: in quanto tale esso è teatro “epico” . È un teatro
filosofico perché parte dall'idea che l'operazione teatrale debba in qualche
modo risolversi in una problematizzazione sistematica dell'ovvio. Il metodo
brechtiano è questo dopo tutto: problematizzare l'ovvio. È molto simile a
quello che Husserl chiama "riduzione fenomenologica", ed è per questo
che il Brecht messo in scena da Strehler a Milano sollevò gli entusiasmi della
scuola fenomenologica milanese, in primis Enzo Paci. Per riduzione
fenomenologica Husserl intendeva la sospensione dell’“atteggiamento naturale”,
vale a dire la sospensione della nostra ingenua fiducia nell'esserci delle cose
e nell'esserci di una realtà già costituita secondo orientamenti prestabiliti.
Brecht in L'eccezione e la regola scrive: “Vogliamo riferirvi la
storia di un viaggio compiuto da uno sfruttatore e da due sfruttati.
Osservatene bene il contegno. Trovatelo strano, anche se consueto[…]E - vi
preghiamo – quello che succede ogni giorno non trovatelo naturale. Di nulla sia
detto è naturale…”
Che
cos'è poi dopotutto il Verfremdungseffekt se non questa tecnica dello
straniamento che sappiamo Brecht ricava dai formalisti russi durante il suo
soggiorno in Russia? Ma la tecnica dello straniamento non è una tecnica
drammaturgica; la tecnica dello straniamento è la riproposizione a livello
drammaturgico di quella che da sempre è stata la postura del filosofo nei
confronti dell'esperienza. Se uno ritorna all'incipit della filosofia
occidentale trova la figura di Socrate. Ebbene che cosa fa di Socrate il
filosofo prototipico? Il fatto che non si accontenta di quelle che sono le
risposte tradizionali alle grandi questioni dell'uomo. Socrate problematizza
sistematicamente queste risposte, cioè le mette costantemente in una situazione
di epoché, cioè le sospende. Socrate non era forse paragonato a una
torpedine? Questo viene detto nel Simposio, il famoso dialogo in
cui Aristofane parla di Socrate. In esso si dice che Socrate nella città si
presenta come qualcuno che intorpidisce l'interlocutore. Perché lo
intorpidisce? Perché lo paralizza. Lo paralizza perché lo confuta, anzi perché
lo mette nella situazione di doversi confutare da solo. Non è questa forse
anche la posizione brechtiana? Non è forse questo il metodo drammaturgico
brechtiano?
Il testo integrale dell’intervista, illustrato da bellissime
foto che riprendono alcune famose messe in scena del teatro brechtiano a cura
del Piccolo Teatro di Milano, lo potete leggere in http://www.doppiozero.com/materiali/brecht-un-discorso-sul-metodo
Nessun commento:
Posta un commento