22 settembre 2017

MARCO NINCI CI AIUTA A DECIFRARE UN LIEDER DI F. SCHUBERT




Mi fa piacere proporre oggi uno dei Lieder più belli e drammatici di Franz Schubert, "Auf Der Bruck", "Sulla Bruck" (la Bruck è una collina boscosa vicino a Gottinga), pubblicato nel 1828, l'anno di morte del musicista sommo. Il testo poetico appartiene a Ernst Conrad Friedrich Schulze, poeta e filologo nato a Celle, in Sassonia, nel 1789 e morto nella stessa città nel 1817. Una vita brevissima, dunque; forse proprio per questa ragione il compositore, agitato da continui presagi di morte, ebbe carissimo il giovane poeta, il cui destino sentiva così affine al suo. Ecco il testo, di cui do una traduzione mia:

Frisch trabe sonder Ruh und Rast,
Mein gutes Roß, durch Nacht und Regen!
Was scheust du dich vor Busch und Ast
Und strauchelst auf den wilden Wegen?
Dehnt auch der Wald sich tief und dicht,
Doch muß er endlich sich erschliessen;
Und freundlich wird ein fernes Licht
Uns aus dem dunkeln Tale grüßen.

Wohl könnt ich über Berg und Feld
Auf deinem schlanken Rücken fliegen
Und mich am bunten Spiel der Welt,
An holden Bildern mich vergnügen;
Manch Auge lacht mir traulich zu
Und beut mit Frieden, Lieb und Freude,
Und dennoch eil ich ohne Ruh,
Zurück zu meinem Leide.

Denn schon drei Tage war ich fern
Von ihr, die ewig mich gebunden;
Drei Tage waren Sonn und Stern
Und Erd und Himmel mir verschwunden.
Von Lust und Leiden, die mein Herz
Bei ihr bald heilten, bald zerrissen
Fühlt ich drei Tage nur den Schmerz,
Und ach! die Freude mußt ich missen!

Weit sehn wir über Land und See
Zur wärmer Flur den Vogel fliegen;
Wie sollte denn die Liebe je
In ihrem Pfade sich betrügen?
Drum trabe mutig durch die Nacht!
Und schwinden auch die dunkeln Bahnen,
Der Sehnsucht helles Auge wacht,
Und sicher führt mich süßes Ahnen.

Corri spedito senza quiete e riposo,
Mio buon cavallo, attraverso la notte e la pioggia!
Perché indietreggi davanti ai cespugli e ai rami
e incespichi sui sentieri selvaggi?
Per quanto il bosco si estenda, fitto e profondo,
Alla fine dovrà pur aprirsi;
E amichevolmente una luce lontana
Ci saluterà dalla valle oscura.

Certo potrei volare per monti e campi
Sulla tua groppa slanciata
E dilettarmi del variopinto gioco del mondo
E di dolci immagini;
Un occhio mi sorride fidente
E mi offre pace, amore e gioia;
E tuttavia me ne torno di nuovo
Senza quiete al mio dolore.

Perché già da tre giorni sono stato lontano
Da lei, che mi ha avvinto per sempre;
Ma per tre giorni sono scomparsi per me
Il sole e le stelle e la terra e il cielo.
Della gioia e del dolore che presso di lei
Ora guarivano ora straziavano il mio cuore,
Per tre giorni ho sentito solo il dolore
E, ahimè, alla gioia ho dovuto rinunciare.

Vediamo che gli uccelli volano lontano
Oltre la terra e il mare verso paesi più caldi;
E allora come potrebbe l'amore
Ingannarsi nel suo cammino?
Corri dunque coraggioso attraverso la notte!
E anche se svanissero le oscure strade,
Tuttavia il chiaro occhio della nostalgia veglia
e sicuro mi guida un dolce presagio.

La poesia è stupenda. Certamente rispecchia l'amore tormentato del poeta per la bellissima Caecilie Tychsen, morta giovanissima di tubercolosi nel 1812. Un amore finito nella lontananza della morte, quasi trasfigurato in essa. Il giovane cavaliere della poesia potrebbe godere degli splendori del mondo, dilettarsi di una gioia senza ombre. Ma quella gioia delude; il tormento del cuore, ora gioioso ora doloroso, lo risospinge dalla sua amata, perché l'amore sa bene qual è il suo percorso obbligato, fatto di dolci presagi e dolori strazianti. Queste parole indimenticabili Schubert le ha rivestite di una musica cupa, ossessiva, che sembra non volersi arrestare mai nel riprodurre quella corsa folle attraverso la foresta. Il tema principale è stupefacente: è sempre lo stesso attraverso le quattro strofe eppure dimostra una sensibilità infinita nel riprodurre, attraverso impercettibili sfumature, l'alternanza di delusione e speranza che attraversa l'anima del poeta. L'interpretazione che ho scelto è a mio parare sublime. Nel 1978 Dietrich Fischer-Dieskau e Svjatoslav Richter interpretarono in un concerto in Germania una serie di opere schubertiane, fra cui questa. Il tempo non è affrettato, come in altre esecuzioni. E tuttavia è implacabile; le variazioni dinamiche non lo alterano minimamente , per cui si ha una regolarità impressionante al cui interno si aprono infinite inflessioni, sempre diverse, nelle quali la voce e il pianoforte si accordano con perfezione assoluta. Un miracolo.

Marco Ninci

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