Nella bella raccolta di canti
popolari milanesi e lombardi che Nanni Svampa curò sul finire degli anni
Settanta del secolo scorso, La mia morosa cara (Di Carlo,1977), nella
sezione dedicata ai mestieri scomparsi o in via di estinzione, al primo posto è
collocata una canzone dedicata allo stagnino ambulante (el magnan),
nella versione pubblicata da Frescura e Re negli anni Trenta (Canti popolari
milanesi, Ceschina, 1939) e che lo stesso Svampa aveva cantato e inciso
nella grande raccolta Milanese, i dodici LP curati da Michele Straniero.
Eccone il testo.
DONNE
DONNE GH’E CHÌ EL MAGNAN
Donne donne gh’è chi ’l magnano
che 'l gh’ha voeuja de lavora
e se gh’avi quajcoss de fà giustà
tosann gh’è chi el magnan
che 'l gh’ha voeuja de lavora.
Salta foeura ona sposotta
cont in man 'na pignatta rotta:
E se me la giustii propi de
galantòmm
mi si ve la darla de nascosi del mè
omm.
El marito apos a l’uscio
el gh’aveva sentito tutto
el salta foeura cont on tarèll in
man
e pim e pum e pam su la crapa del
magnan.
El magnano el dis nagotta
e ’l va via con la crapa rotta
senza ciamà dottór nè avocati
el s’è stagnàa la crapa al post di
sò pignatt
senza ciamà dottór nè avocatt
el s’è stagnàa la crapa al post di
sò pignatt.
Svampa fa seguire al testo un
commento puntuale ed esaustivo:
E questa una delle più vecchie canzoni che hanno per
protagonista un artigiano ambulante. Il “magnano”, cioè lo stagnino, infatti
girava per le strade delle città e dei paesi con le sue pentole a tracolla e
lanciava il grido alle donne di casa perché gli portassero le "pignatte”
rotte da aggiustare. A Milano in particolare si ricorda che spesso lo stagnino
gridava: “Magnanoo!... Magna-nò!!!” per sottolineare la povertà del suo
mestiere e muovere a compassione le donne. Questa, come altre canzoni
autenticamente popolari ispirate ai mestieri, non parla solo del lavoro, ma,
come dice Michele L. Straniero (v.) “poiché in certe situazioni si cerca
quantomeno di stare allegri, ecco i temi spostarsi e allargarsi, la canzonetta
farsi amorosa e frizzante”.
Pur senza aver fatto studi in
proposito ho conoscenza di un canto popolare siciliano sullo stesso tema, che
ha con l'omologo milanese più di un punto di contatto: l'attacco, in primo
luogo, il grido di richiamo di “lu stagnataru”, e l'arietta frizzante di cui
parla Straniero. L'ho sentito interpretare da un gruppo folclorico
cefaludese alla “Città del Mare” di Terrasini, ove ero in vacanza con Leila e
Carmela nell'estate del 1975. Mi piacque e chiesi notizie agli esecutori: mi
dissero di una sua diffusione sulla costa nord della Sicilia, da Cefalù al
messinese, con una proiezione verso l'interno, le Madonie e i Nebrodi.
Colpevolmente non ho mai verificato la fondatezza di queste notizie né cercato
in raccolte di canti popolari siciliani il testo, che peraltro – a quanto ne so
– non è entrato nel repertorio degli interpreti più celebri e rinomati di essi
canti.
In compenso l'ho mandato a mente e
cantato in tante occasioni conviviali, da solo o insieme a mia sorella Piera,
la quale oltre ad accompagnare il canto con la chitarra, ha inventato una
particolare modalità esecutiva, una progressiva accelerazione del ritmo nelle
ripetizioni del ritornello, con esiti di divertimento notevoli. Piera, autrice
di nuove canzoni siciliane, spesso in collaborazione con eccellenti poeti,
esegue spesso nei suoi concerti - in omaggio a Rosa Balistreri
- alcuni “pezzi” tradizionali. Questo dello “stagnataru” lo fa di rado, e
solo come “fuori programma”, ma quando lo interpreta oltre a riempirlo
dell'energia vocale e dell'intensità drammatica che caratterizzano la sua arte,
lo profuma con un pizzico di malizia.
Ecco comunque il testo, nel mio
dialetto campobellese.
AFFACCIATIVI
FIMMINI BEDDHI CA C'È LU STAGNATARU
Affacciaticivi, fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!
S'affacciaiu na signorina
vosi stagnata la so padiddhina.
S'affacciaiu na signorina
vosi stagnata la so padiddhina.
Ci la stagnavu d'intra e di fora
la padiddhina ci vinni chiù nova.
Affacciaticivi, fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!
S'affacciaiu na “sposa bella”
vosi stagnata la so padeddha.
S'affacciaiu na “sposa bella”
vosi stagnata la so padeddha.
Ci la stagnavu d'intra e di fora
la padeddha ci vinni chiù nova.
Affacciaticivi, fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!
S'affacciaiu na cammarera
vosi stagnata la ciuculatera.
S'affacciaiu na cammarera
vosi stagnata la ciuculatera.
Ci la stagnavu d'intra e di fora
la ciuculatera ci vinni chiù nova.
Affacciaticivi, fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!
S'affacciaiu na vicchiazza
vosi stagnata la so padiddhazza.
S'affacciaiu na vicchiazza
vosi stagnata la so padiddhazza.
Ci la stagnavu d'intra e di fora
la padiddhazza non vinni chiù nova.
Cu li vecchi 'un c'è guadagnu,
ci appizzi sempri lu ramu e lu
stagnu.
Cu li vecchi 'un c'è guadagnu,
ci appizzi sempri lu ramu e lu
stagnu.
Qui, a differenza che nel canto
lombardo, l'elemento erotico non è esplicitato, ma si distende in una serie di
doppi sensi e non c'è invece l'elemento moralistico, la punizione a suon di
botte in testa dell'insidioso ambulante. L'unica pena che gli tocca consiste
nell'obbligo di intervenire senza discriminazioni su tutte le padelle
femminili, incluse quelle un po' consumate delle vecchie con le quali si
rischia di sprecare il rame e lo stagno.
Salvatore Lo Leggio
Il testo di quest'articolo l'ho ripreso dal bel blog dell'autore: http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2017/08/magnani-e-stagnatari-nanni-svampa-io-e.html
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