01 settembre 2017

NANNI SVAMPA RACCONTATO DA S. LO LEGGIO





Nella bella raccolta di canti popolari milanesi e lombardi che Nanni Svampa curò sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, La mia morosa cara (Di Carlo,1977), nella sezione dedicata ai mestieri scomparsi o in via di estinzione, al primo posto è collocata una canzone dedicata allo stagnino ambulante (el magnan), nella versione pubblicata da Frescura e Re negli anni Trenta (Canti popolari milanesi, Ceschina, 1939) e che lo stesso Svampa aveva cantato e inciso nella grande raccolta Milanese, i dodici LP curati da Michele Straniero.
Eccone il testo.

DONNE DONNE GH’E CHÌ EL MAGNAN

Donne donne gh’è chi ’l magnano
che 'l gh’ha voeuja de lavora
e se gh’avi quajcoss de fà giustà
tosann gh’è chi el magnan
che 'l gh’ha voeuja de lavora.

Salta foeura ona sposotta
cont in man 'na pignatta rotta:
E se me la giustii propi de galantòmm
mi si ve la darla de nascosi del mè omm.

El marito apos a l’uscio
el gh’aveva sentito tutto
el salta foeura cont on tarèll in man
e pim e pum e pam su la crapa del magnan.

El magnano el dis nagotta
e ’l va via con la crapa rotta
senza ciamà dottór nè avocati
el s’è stagnàa la crapa al post di sò pignatt

senza ciamà dottór nè avocatt
el s’è stagnàa la crapa al post di sò pignatt.

Svampa fa seguire al testo un commento puntuale ed esaustivo:

E questa una delle più vecchie canzoni che hanno per protagonista un artigiano ambulante. Il “magnano”, cioè lo stagnino, infatti girava per le strade delle città e dei paesi con le sue pentole a tracolla e lanciava il grido alle donne di casa perché gli portassero le "pignatte” rotte da aggiustare. A Milano in particolare si ricorda che spesso lo stagnino gridava: “Magnanoo!... Magna-nò!!!” per sottolineare la povertà del suo mestiere e muovere a compassione le donne. Questa, come altre canzoni autenticamente popolari ispirate ai mestieri, non parla solo del lavoro, ma, come dice Michele L. Straniero (v.) “poiché in certe situazioni si cerca quantomeno di stare allegri, ecco i temi spostarsi e allargarsi, la canzonetta farsi amorosa e frizzante”.

Pur senza aver fatto studi in proposito ho conoscenza di un canto popolare siciliano sullo stesso tema, che ha con l'omologo milanese più di un punto di contatto: l'attacco, in primo luogo, il grido di richiamo di “lu stagnataru”, e l'arietta frizzante di cui parla Straniero. L'ho sentito interpretare da un gruppo folclorico cefaludese alla “Città del Mare” di Terrasini, ove ero in vacanza con Leila e Carmela nell'estate del 1975. Mi piacque e chiesi notizie agli esecutori: mi dissero di una sua diffusione sulla costa nord della Sicilia, da Cefalù al messinese, con una proiezione verso l'interno, le Madonie e i Nebrodi. Colpevolmente non ho mai verificato la fondatezza di queste notizie né cercato in raccolte di canti popolari siciliani il testo, che peraltro – a quanto ne so – non è entrato nel repertorio degli interpreti più celebri e rinomati di essi canti. 

 
In compenso l'ho mandato a mente e cantato in tante occasioni conviviali, da solo o insieme a mia sorella Piera, la quale oltre ad accompagnare il canto con la chitarra, ha inventato una particolare modalità esecutiva, una progressiva accelerazione del ritmo nelle ripetizioni del ritornello, con esiti di divertimento notevoli. Piera, autrice di nuove canzoni siciliane, spesso in collaborazione con eccellenti poeti, esegue spesso nei suoi concerti - in omaggio a Rosa Balistreri - alcuni “pezzi” tradizionali. Questo dello “stagnataru” lo fa di rado, e solo come “fuori programma”, ma quando lo interpreta oltre a riempirlo dell'energia vocale e dell'intensità drammatica che caratterizzano la sua arte, lo profuma con un pizzico di malizia.
Ecco comunque il testo, nel mio dialetto campobellese.

AFFACCIATIVI FIMMINI BEDDHI CA C'È LU STAGNATARU

Affacciaticivi, fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!

S'affacciaiu na signorina
vosi stagnata la so padiddhina.
S'affacciaiu na signorina
vosi stagnata la so padiddhina.
Ci la stagnavu d'intra e di fora
la padiddhina ci vinni chiù nova.

Affacciaticivi, fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!

S'affacciaiu na “sposa bella”
vosi stagnata la so padeddha.
S'affacciaiu na “sposa bella”
vosi stagnata la so padeddha.
Ci la stagnavu d'intra e di fora
la padeddha ci vinni chiù nova.

Affacciaticivi, fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!

S'affacciaiu na cammarera
vosi stagnata la ciuculatera.
S'affacciaiu na cammarera
vosi stagnata la ciuculatera.
Ci la stagnavu d'intra e di fora
la ciuculatera ci vinni chiù nova.

Affacciaticivi, fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!

S'affacciaiu na vicchiazza
vosi stagnata la so padiddhazza.
S'affacciaiu na vicchiazza
vosi stagnata la so padiddhazza.
Ci la stagnavu d'intra e di fora
la padiddhazza non vinni chiù nova.

Cu li vecchi 'un c'è guadagnu,
ci appizzi sempri lu ramu e lu stagnu.
Cu li vecchi 'un c'è guadagnu,
ci appizzi sempri lu ramu e lu stagnu.

Qui, a differenza che nel canto lombardo, l'elemento erotico non è esplicitato, ma si distende in una serie di doppi sensi e non c'è invece l'elemento moralistico, la punizione a suon di botte in testa dell'insidioso ambulante. L'unica pena che gli tocca consiste nell'obbligo di intervenire senza discriminazioni su tutte le padelle femminili, incluse quelle un po' consumate delle vecchie con le quali si rischia di sprecare il rame e lo stagno.

Salvatore Lo Leggio
Il testo di quest'articolo l'ho ripreso dal bel blog dell'autore: http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2017/08/magnani-e-stagnatari-nanni-svampa-io-e.html

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