Una mostra a Roma
celebra i cento anni dalla permanenza in città di Pablo Picasso.
Convinto di doversi confrontare con la classicità, il pittore aprì
uno studio in via Margutta. Un'esperienza importante che segnò non
poco la svolta cubista.
Edoardo Sassi
Pablo & Olga un
secolo dopo Vacanze romane, anzi amore
Pablo, Olga e quel loro amore nato a Roma nel 1917, esattamente cento anni fa. Lui, il genio spagnolo che a 36 anni pareva aver già inventato tutto: prima bambino prodigio in grado di disegnare come un maestro del Rinascimento, poi inventore dei suoi periodi — il Rosa, il Blu — e infine autore della grande rivoluzione cubista. Lei, una giovane e bellissima danzatrice entrata ragazzina nella compagnia-mito del Novecento, quella dei Ballets Russes di Sergej Djagilev, e di lì a poco destinata a diventare la prima madame Picasso.
C’è dunque (anche) una motivazione sentimentale nella mostra che sta per aprire i battenti alle Scuderie del Quirinale. Un’antologica che da giovedì 21 settembre (inaugurazione con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella) celebra il primo e il più importante dei due viaggi in Italia (l’altro, toccata e fuga, fu nel 1949) del pittore andaluso. A Roma in particolare, dove Picasso alloggiò all’Hotel de Russie con l’amico Jean Cocteau, dove affittò uno studio in via Margutta e dove, soprattutto, conobbe lei: Olga Khokhlova (1891-1955), prima compagna e poi moglie (si sposeranno l’anno successivo a Parigi e il matrimonio durerà fino al 1935) ma soprattutto musa prediletta dell’artista per più di tre lustri. Di certo la figura femminile da lui più rappresentata tra fine anni Dieci e inizi anni Venti.
Portrait d'Olga
Ed è proprio uno di questi quadri — il celebre e straordinario Portrait d’Olga dans un fauteuil del 1918 — una delle opere clou dell’imminente esposizione romana dal titolo Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925 , curata da Olivier Berggruen e Anunciata von Liechtenstein e con circa cento opere in arrivo da importanti musei. Prestiti concessi, tra gli altri, da Moma, Metropolitan e Guggenheim di New York, dalla Tate di Londra, dal Centre Pompidou e dal Musée Picasso di Parigi, dove s’è appena conclusa un’altra mostra — originale, bellissima — tutta incentrata proprio sul legame tra Pablo e la danzatrice figlia di un colonnello dell’Armata imperiale. Legame da cui nascerà, il 4 febbraio 1921, Paul.
Ed è proprio Paul en Arlequin (1924) un’altra delle opere iconiche dell’esposizione romana, uno dei tanti quadri che Picasso dedicò in questi anni al suo primogenito e che stilisticamente testimoniano, ancora a distanza di tempo, l’amore dell’artista per la commedia dell’arte e più in generale la sua riscoperta del classicismo e del Rinascimento, avvenute in gran parte in Italia nel 1917.
Paul en Arlequin
«Non c’è mai stata un’epoca neoclassica in Picasso — si è spinto a scrivere Joachim Pissarro, uno dei curatori della conclusa rassegna parigina — ma solo un’epoca Olga». Tant’è: a 136 anni dalla nascita di Picasso, a più di 80 dalla fine di quell’amore e dopo che per decenni si è un po’ liquidato questo periodo come semplice Ritorno all’ordine , Picasso — il Picasso che rilegge Ingres, il Picasso pittore dell’atemporalità sospesa, del realismo monumentale ( La flûte de Pan , La course , Femme assise en chemise , tutte opere tra 1922 e 1923), l’artista dell’intimità familiare nell’appartamento borghese di rue La Boétie — ritorna protagonista; anche nel taglio di questa selezione romana dove si possono vedere o rivedere, fra gli altri, l’ Arlequin del Museu Picasso di Barcellona (1917, a volte accreditato come ritratto di Léonide Massine) o quello allo specchio del Thyssen-Bornemisza (1923).
Sipario
Ed è un’opera arlecchinesca anche il gigantesco sipario (17 metri per 11) del balletto Parade . L’opera, utilizzata per la prima volta come sipario al Teatro Châtelet di Parigi (Marcel Proust tra gli spettatori), fu in realtà progettata a Roma, nello studio di via Margutta, e realizzata con molti aiuti tra cui quello del pittore italiano Carlo Socrate. Tutto permeato d’esprit mediterraneo-italico, anche l’immenso telone, già esposto a Napoli, sarà a Roma. Non alle Scuderie del Quirinale (dove non sarebbe entrato) bensì nel seicentesco Salone di Palazzo Barberini affrescato da Pietro da Cortona. Un ritorno in Italia per quest’opera che oggi appartiene al Centre Pompidou di Parigi, ma che in passato fu di proprietà del mercante italiano Carlo Cardazzo, il quale nel 1954 provò a venderla per pochi soldi allo Stato italiano, alla Galleria nazionale d’arte moderna, ottenendo però in cambio un clamoroso rifiuto.
La mostra è prodotta da MondoMostre Skira e Ales, e conclude, dopo le tappe a Napoli, le celebrazioni per il centenario del viaggio di Picasso in Italia.
Il Corriere della sera/La
Lettura – 17 settembre 2017
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