01 gennaio 2018

L' EMPIRISMO ERETICO DI DANILO DOLCI








                   





              Vent'anni fa a Partinico ha chiuso per sempre i suoi bellissimi occhi Danilo Dolci (1924-1997). Dopo aver fatto parlare di sè il mondo intero,  un velo di silenzio e di solitudine ha accompagnato gli ultimi anni della sua vita. Solo di recente si è tornato a parlare e a scrivere sulla sua opera. Lo ha fatto persino l’Università di Palermo che, a parte qualche isolata eccezione, lo ha sempre ignorato e snobbato.



             Ho avuto l’opportunità di collaborare con Danilo Dolci, al Centro di Formazione di Trappeto, per due anni dal 1975 al 1977.

            Non c è spazio, in un breve saggio, per raccontare questa indimenticabile esperienza di vita e di lavoro; né di tratteggiare, in modo compiuto, la complessa opera dell’anomalo sociologo triestino.

            Vorrei soltanto provare a riflettere, in modo problematico, su alcuni dei punti nodali di essa, soffermandomi particolarmente sugli anni 1952-1972, convinto come sono che è stato questo il periodo più creativo della sua presenza in Sicilia..



           Il titolo pasoliniano dato a questo lavoro prende spunto da una  polemica affermazione del nostro stesso Autore: “Molti dicevano di noi…che studiavamo analizzando dalla base, con disprezzo:  Sono degli empirici!”. ( 1 )



           Ma con esso  voglio sopratutto indicare due dei tratti distintivi  di Danilo Dolci:



- la  sua costante attenzione ai dati empirici, ai fatti concreti come la fame, l’acqua, il lavoro.

- la sua profonda vocazione eretica, il suo essere stato sempre fuori da tutte le chiese e da tutte le scuole di pensiero dogmatico, consapevole del fatto che in ogni ricerca-azione nessuno può presumere di avere certezze assolute.  

CONTINUA                                       Francesco Virga

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