Errico Malatesta fu di
certo un utopista, ma anche militante concreto e di grande buon
senso. Riprendiamo un suo breve scritto del 1924 garbatamente in
polemica con quella parte del mondo libertario che pensava che essere
anarchici significasse essere contro tutto, compresa la medicina
“ufficiale”. Chissà cosa il vecchio combattente anarchico
avrebbe pensato dei No Vax e di chi ancora oggi pensa che essere
alternativi al sistema voglia dire “famolo strano” a partire dalla
vaccinazione dei
bambini?
Errico Malatesta
Medicina e…
anarchismo
Sotto questo titolo nella
posta redazionale del nostro n. 5 pubblicammo una nota con la quale
rifiutavamo l’invito di alcuni compagni a far propaganda a favore
di certi sistemi curativi contrastanti con la scienza e con la
pratica medica generalmente accettata. Questo è dispiaciuto al
compagno N. Cuneo di Nuova York, il quale pur riconoscendo che
«Pensiero e Volontà» non è luogo adatto per discussioni mediche
(ed infatti egli non è tra coloro che ci avevano sollecitati a
quella propaganda) sorge, in «Libero Accordo» del 15 aprile, a
difesa della «cura naturale», cioè senza droghe, che pare faccia
grandi progressi e sia stata già riconosciuta e legalizzata in molti
Stati dell’Unione americana.
Si vede che non riuscimmo
a farci comprendere. Noi non intendevamo «mettere all’indice»
metodo alcuno; ma volevamo solamente dichiarare la nostra
incompetenza, la nostra ignoranza... ed anche un po’ richiamare
certi compagni alla coscienza dell’ignoranza loro. Vi è tra noi la
tendenza a trovare vero, bello e buono tutto ciò che si presenta
sotto il simpatico manto della rivolta contro «le verità» ammesse,
specie se è sostenuto da chi è, o si dice, anarchico. Il che
dimostra una deficienza di quello spirito di esame e di critica che
dovrebbe essere sviluppatissimo negli anarchici.
Sta bene il non
considerare come definitiva nessuna delle conquiste dell’intelligenza
umana ed aspirare sempre a nuove scoperte, a nuovi progressi, ma
bisogna badare che non sempre il nuovo è migliore del vecchio, e che
la qualità di anarchico non porta con sé il dono della scienza
infusa. La medicina è scienza eminentemente sperimentale, ed è
scienza giovane che, si può dire, sta ancora ai suoi inizi.
Quindi è bene che si
guardi con simpatia ogni tentativo, onesto ed illuminante di aprirle
vie novelle. Ma non ci pare troppo il pretendere che chi vuole
criticare e combattere i metodi vecchi sappia quali essi sono e quali
sono i fatti accertati in favore o contro di essi. In altri termini,
noi domandiamo semplicemente che chi vuole parlare di una cosa si
prenda prima la briga di studiarla.
Se vi sono dunque dei
compagni che si sentono la competenza di discutere di materie
sanitarie lo facciano pure, ma non domandino a noi di parlare di
quello che noi non sappiamo. Del resto, noi conosciamo dei valenti
medici che professano le idee anarchiche; ma essi non parlano di
anarchia quando fanno della scienza, o ne parlano solo quando la
questione scientifica diventa questione sociale, cioè quando
constatano che l’attuale organizzazione sociale inceppa i progressi
della medicina ed impedisce che essi siano applicati a beneficio di
tutta l’umanità.
(«Pensiero e Volontà»,
1° maggio 1924, posta redazionale)
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