Giulio Sapelli è un docente di economia dell'Università Statale di Milano, autore di numerosi studi specialistici e di uno dei migliori saggi che siano mai stati scritti su Pier Paolo Pasolini ("Modernizzazione senza sviluppo. Il capitalismo secondo Pasolini", Mondadori 2005). Ma oggi ci piace riprendere il suo giudizio controcorrente sull'esito delle ultime elezioni politiche. (fv)
UN VOTO DI SPERANZA E DI
TRASFORMAZIONE
Giulio Sapelli
Il popolo degli abissi si è messo in
marcia, ha reagito ad anni e anni di gioco di specchi e di disincanti. Niente è
andato come previsto: come nel libro di Jack London, il popolo degli abissi si
è levato, ha preso l'arma del voto come una bandiera e con calma risoluta ha
detto basta a quattro mali che hanno disintegrato l'Europa e l'Italia.
Il primo è l'ordoliberismus,
ossia l'austerity fondata su bassi salari e distruzione del welfare.
Il secondo è la cosiddetta
liberalizzazione del mercato del lavoro, con il neoschiavismo dei contratti a
termine e del precariato. E' stata la sinistra blairiana a inventare questo
infernale marchingegno con schiere di devoti giuslavoristi in conflitto
d'interessi. Pochi giorni fa El Pais pubblicava l'articolo del
presidente di Ciudadanos che illustrava la legge di iniziativa parlamentare in
cui si abolisce il precariato con una tranquilla enfasi sulla difesa degli
interessi della nazione e del tessuto industriale e dei servizi del Paese.
Il terzo male è l'inerzia delle
parti sociali, che vedono spogliare questa nazione delle sue risorse e nulla
fanno come le borghesie commerciali sudamericane e i sindacati che, pur essendo
l'ultima istituzione che tiene, rinunciano alle battaglie sui punti
fondamentali. Naturalmente questo implica correre il pericolo del nazionalismo
della povera gente e della classe media in discesa con i fantasmi fascisti che
ritornano.
Il quarto male è l'immigrazione
incontrollata e non gestita con l'intelligenza della sicurezza e del rispetto
della persona, non solo dei migranti, ma anche dei poveri e degli anziani che
si trascinano una vita di stenti e non ne possono più di forti giovanotti con
cellulare e venti euro in saccoccia: gli esempi australiani e tedeschi di
accoglienza sono lì, ma noi nulla facciamo.
Si è disgregato lo Stato ed è
inevitabile che forze come i 5 Stelle e la Lega di Salvini si presentino come
alternative al sistema. Del resto, sono anni che studio e parlo dell'inversione
della rappresentanza partitica: i ricchi votano la loro sinistra, ossia Pd,
Pisapia, Bonino eccetera, mentre i poveri votano a destra, come sta accadendo
in tutto il vecchio mondo neo-industriale.
Non c'è bisogno di scomodare Trump,
basta guardare alla Germania e alla Francia. Lì non votano e Macron viene
eletto dal 23% degli aventi diritto. In Italia la partecipazione elettorale è
alta, ma tutto travolge dei vecchi schemi destra/sinistra. Beninteso, sinistra,
destra e centro sono ben presenti nel sociale e nell'universo simbolico del
popolo degli abissi, ma quel popolo ha già compreso che le vecchie casacche
vestono i morti: "le mort saisit le vif" diceva il filosofo di
Treviri.
Bisogna non perdere la speranza che
i nuovi universi simbolici siano educati dalle istituzioni e da una rinascita
del ruolo degli intellettuali, che ora pasolinianamente al popolo si avvicinino
senza più tradirlo. E' un voto di speranza e di trasformazione: non bisogna
avere paura, come diceva il formidabile Santo del Novecento.
Nessun commento:
Posta un commento