“Un vortice di un
vento. Uno tsunami. Una tromba d’aria di luce”. Così i bambini
di una scuola elementare leggono Van Gogh. Giuseppe Caliceti è un
maestro (bravissimo) che ogni settimana racconta in una rubrica sul
Manifesto (“I bambini ci parlano”) le sue avventure didattiche.
Giuseppe Caliceti
Sulla notte stellata
Abbiamo parlato e visto
il quadro intitolato Notte stellata di Van Gogh. Mi dite
cosa vi colpisce di più di questo quadro?
«Le stelle». «Le luci
delle stelle». «Anche a me. Le luci arrotolate». «Ci sono delle
luci molto gialle e molto forti nel cielo blu e nero. Allora è per
questo che si vedono molto. Perché fanno un contrasto». «Ci sono
come dei riflessi anche sulle case. Perché sotto, in basso, c’è
un…. C’è un bosco e c’è anche un paese e si vede che la luce
delle stelle e della luna va anche sui tetti delle case e li fa
illuminare, scintilla…». «A me piace perché la luna è gialla,
molto gialla. E non si capisce bene se è rotonda o a forma di luna».
«Mi è piaciuto tutto».
«Anche a me è piaciuto.
Mi piace perché sembra che si muove. Come un mare. Come le onde del
mare. Anche se lui ha disegnato un cielo. Anzi, un cielo di notte.
Però sembra che si muove come le onde del mare che si muovono sempre
e non stanno mai ferme». «Anche le luci si muovono sempre». «Sono
tutte delle scie luminose come degli aerei che passano o sono
passate. O delle stelle». «Delle stelle comete». «A me non è
piaciuto perché non è chiaro. I contorni non sono chiari». «Anche
a me. Non piace perché è troppo scuro e a me piacciono i quadri e i
disegni con i colori chiari. Più riposanti. Meno tenebrosi». «Ma
se era di notte!». «Sembra un vortice di un vento. Uno tsunami. una
tromba d’aria di luce. Anzi, più trombe d’aria». «Dei vertici.
Anzi, dei vortici».
Avete provato a colorare
anche voi la vostra notte stellata… Cosa avete cambiato? «Io ho
messo dei colori più chiari. Non mi interessa se era una notte. Se
era buio. Per me i colori più chiari sono più belli». «Io ho
fatto meno vortici. Ma un po’ ci sono». «Le case. Io le case le
ho colorate di più. Anche le finestre con le luci accese. Anche se
le case del paese sono piccolissime». «Io gli alberi li ho fatti
più verdi. Con tanti tipi di verde». «A me… A me piace come lo
ho colorato io, con colori più chiari, più luminosi… Però devo
dire che più di una notte stellata, il mio, sembra un pomeriggio…
Oppure una sera… Non sembra proprio una notte». «Disegnare bene
la notte è più difficile perché hai meno colori accesi. Forse è
per questo che lui ha fatto la scia di tante stelle». «Io nel mio
modo di colorare ho cercato di fare anche io dei riflessi. Perché
anche Van Gogh ne aveva fatti e a me piacciono».
Chi si ricorda qualcosa
di quello che abbiamo detto di Van Gogh? «Lui… Lui non aveva mai
venduto un solo quadro dei suoi quadri, quando era vivo. Lui li ha
venduti tutti dopo. Adesso valgono miliardi di euro, credo».
«Poveretto. Che sfortuna!». «Suo fratello Theo gli voleva molto
bene e gli diceva di continuare a dipingere e a fare i quadri anche
se nessuno li comprava e tutti dicevano che lui non era capace a
disegnare bene». «Invece per me era bravo!». «Anche per me era
abbastanza bravo». «Era molto giù di morale per questa cosa che a
nessuno tranne a suo fratello piacevano i suoi quadri. Però almeno a
suo fratello piacevano».
«Lui disegnava tutto il
giorno e quando faceva i suoi quadri, certe volte, si dimenticava
anche di mangiare o di andare a dormire e colorava sempre e sempre».
«Lui non ha avuto un maestro che gli ha insegnato a dipingere. Lui
ha imparato tutto da solo, quello che ha imparato. E questo che lui
fa il suo maestro si chiama autodidatta. Sì, insomma, che non è
andato a scuola, in nessuna scuola di disegno e ha imparato a
disegnare sempre da solo, con le sue mani». «Per me Van Gogh era un
genio, me lo ha detto anche mio padre. Perché lui era bravissimo».
«Io ho visto anche un
quadro di Van Gogh alla tv e anche su un libro: lui ha disegnato la
sua camera e la sedia e il tavolo della sua camera ed è un quadro
molto bello, per me». «Per me sapeva colorare molto bene. Anche le
figure le faceva bene, ma i colori mi piacciono di più». «Non
parlava tanto perché lui amava più disegnare». «Ha scritto più
di quattrocento lettere a suo fratello Theo perché gli voleva molto
bene e lui lo aiutava anche a mangiare, a vendere i suoi quadri,
anche se non riusciva… Sì, insomma, anche se non riusciva a
venderli, Theo gli dava un po’ di soldi, faceva finta che ne aveva
venduto uno a lui per tirarlo su di morale.
Il manifesto – 8 marzo
2018
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