22 marzo 2018

L. SCIASCIA giallista visto da NINO CANGEMI



IL METODO MAIGRET
di Antonino Cangemi

Leonardo Sciascia era un divoratore di gialli. Stefano Vilardo, suo compagno di banco all’Istituto Magistrale di Caltanissetta e amico per tutta la vita, mi diceva che “Nanà”, quando viaggiava, portava sempre con sé un giallo Mondadori, che spesso. dopo averlo letto, lasciava sul treno. La passione per il giallo dello scrittore di Racalmuto trova riscontro ne “Il metodo di Maigret”, recentemente pubblicato da Adelphi, che raccoglie diversi scritti di Sciascia sul romanzo poliziesco apparsi in vari giornali e riviste in un lungo arco di tempo che va dal 1957 al 1989.
“Il metodo di Maigret” è un libro interessantissimo, sia per i cultori di Sciascia che per i lettori di gialli; e non solo per loro: anche per gli appassionati di letteratura tout court. In diverse note contenute nel libro, Sciascia prova a spiegare e a spiegarsi la sostanza della letteratura gialla. Per Sciascia, si tratterebbe di una “letteratura del sottosuolo umano” sotto il profilo della richiesta dei lettori piuttosto che dell’offerta degli autori: una letteratura, cioè, il cui interesse si ripone a livello inconscio e che perciò chiama in causa Freud. Ciò che attrae del giallo, infatti, ha natura ambivalente: da un lato, vi è la domanda di giustizia contro chi commette dei crimini e, dall’altro, un senso di ammirazione per il talento e il coraggio del delinquente. Tanto che il lettore del giallo un po’ parteggia per il poliziotto, un po’ per il delinquente. D’altra parte, ma in misura minore, il successo della letteratura gialla richiama gli scritti di Gramsci sulla letteratura popolare: le disfunzioni della giustizia, che colpiscono in primo luogo i ceti meno abbienti, fanno sì che questi trovino una loro rivalsa nella rappresentazione letteraria dell’affermazione del giusto e della sconfitta dei malfattori grazie a detective privati che suppliscono le carenze delle istituzioni giudiziarie. Per quanto tante volte si manifesti come un sottoprodotto letterario, il giallo è strettamente legato al tema della giustizia, tema che ossessionò Sciascia sino ai suoi ultimi giorni. In uno scritto del ’62, Sciascia osservava che in Italia mancava una letteratura poliziesca perché il tema della giustizia – seppure di primo piano nel nostro paese dilaniato da tantissime sue violazioni – non è percepito a livello collettivo ma individuale, nel senso che ciascun cittadino cerca rimedi “personali” ai torti che subisce. Ciò spiegherebbe come il “poliziesco” italiano trovi il suo culmine nel capolavoro di Gadda “Quel pasticciaccio brutto di via Merulana” che, come è noto, è un giallo irrisolto. Non solo: queste osservazioni costituirebbero le premesse dei singolari “gialli” che avrebbero decretato il successo di Sciascia: misteri che, man mano si sviluppano, generano altri misteri e avvolgono in una cortina di inquietante caligine la società italiana e i suoi apparati di potere.
Leggendo “Il metodo di Maigret”, si palesa l’acume critico di Sciascia. I suoi giudizi sui tanti scrittori di gialli e sui protagonisti delle loro storie brillano per acutezza e originalità. Spillane esprime l’ansia perversa di repressione del crimine tramite una violenza fascistoide: il detective privato dei suoi gialli non ha fiducia nella giustizia e odia chi delinque; Agatha Christie ha invece saldi i principi della legge e del codice morale; Sherlock Holmes di Conan Doyle è “l’esteta dell’investigazione”: tutto in lui è esercizio cerebrale, algebrico, ma la sua umanità si rivela nella cieca fede alla ragione, e il suo esasperato positivismo ha un contrappeso nell’”ottuso buon senso” del suo collaboratore Watson, al punto che la coppia Holmes –Watson riflette al contrario il lunare Don Chisciotte e il realistico Sancio Panza. Ma l’autore che Sciascia più apprezza è Simenon,  e lo apprezza sin dagli inizi degli anni ’60 quando lo scrittore belga non godeva nella critica letteraria di alcun credito; e con lui predilige la sua creatura, il commissario Maigret. Il metodo di Maigret – che non a caso è scelto come titolo del volume – è quello di un commissario dal volto umano che si basa sulle intuizioni psicologiche, sull’analisi dei vari personaggi che popolano i suoi romanzi in una Parigi e in una provincia francese ricche di umanità e di poesia.
Articolo di Antonino Cangemi ripreso da https://siciliainformazioni.com/

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