01 dicembre 2013

E' RINATA LA DC?

Da        http://cedocsv.blogspot.it/2013/12/il-partito-democratico-come-la.html              ci piace riprendere oggi questo articolo che analizza criticamente quello che sta avvenendo all'interno del partito democratico:



Franco Astengo - Il Partito Democratico come la Democrazia Cristiana? Un abbozzo di analisi sul sistema politico italiano

La frantumazione del centrodestra, ormai in atto da tempo, si è completata nei giorni scorsi con la formazione del nuovo soggetto politico composto dagli esponenti “ministeriali” dell’ex- PDL che, per diversi motivi, hanno rifiutato di confluire nella rigenerata Forza Italia.

Un atto politico di grande importanza per l’intero sistema, scarsamente valutato finora dagli analisti più importanti: per certi versi provvede oggi, partendo però da un altro cono di visuale, Ernesto Galli della Loggia dalle colonne del “Corriere della Sera”.

Galli della Loggia, infatti, fa partire il suo ragionamento dal PD e dall’assunzione da parte di questo partito, all’interno di una dinamica di riallineamento del sistema che nel suo articolo definisce di “frammentazione parlamentarista”, di un ruolo “cardine” simile a quello assunto per lungo tempo dalla DC (non a caso il titolo del fondo recita” nell’occhiello: la metamorfosi e i rischi del PD; e il titolo vero e proprio “Democristiani loro malgrado”).

Il punto effettivo di saldatura tra l’analisi portata avanti da Galli della Loggia e la realtà della riarticolazione avvenuta sul fronte del centrodestra risiede nell’ormai accertato superamento dello schema bipolare, sul quale era stata impostata, almeno per un ventennio, la vita politica italiana: schema bipolare che aveva anche raggiunto, in alcune occasioni, una sua legittimità e una sua reale rispondenza con le effettive correnti di raccolta di consenso nel Paese (pensiamo all’esito delle elezioni del 2001 e a quello delle elezioni del 2008).

Il tutto, in ogni caso, si verificava “in discesa”: in un quadro, cioè, di perdita progressiva di rapporto tra la società e la politica, esplicitatasi nel progressivo calo di partecipazione sia elettorale sia alle iniziative in genere, nello svuotamento della realtà dei partiti incapaci di rapportarsi davvero alla società e rimasti in vita soltanto attraverso il mantenimento di un fortissimo potere di nomina (reso incondizionato dalla legge elettorale del 2005) e di spesa (alimentato dalla crescita esponenziale delle cifre del finanziamento pubblico).

Partiti trasformatisi, via, via, in partiti “elettorali – personali” sul modello originario della prima Forza Italia: unico a sfuggire a questa logica, appunto il Partito Democratico, frutto dell’assemblaggio di Margherita e DS, composto di gruppi di potere in perenne lotta tra di loro.

 Partito Democratico che ha cercato di realizzare un minimo di punto di assestamento interno attraverso le cosiddette “primarie”, utilizzate dapprima per suffragare una leadership già strutturata a tavolino, e adesso – in varie forme e diversi livelli – buone per canalizzare, in una qualche misura, quell’individualismo competitivo che rappresenta il modello di azione politica ormai comune a tutte le anime del partito.

Nel frattempo l’accentuarsi dell’isolamento nella roccaforte di una mal intesa “autonomia del politico” e l’evidente inestirpabilità della “questione morale” collegata ad un trasversale “via libera” all’esercizio indiscriminato della ferocia capitalistica nella gestione della crisi che ha avuto come logica conseguenza, un peggioramento complessivo nelle condizioni di vita per la maggioranza dei cittadini, rappresentavano i fenomeni sulla base dei quali si è aperta  la strada a espressioni di forma organizzata di quella che è stata definita “antipolitica”.

“Antipolitica” espressasi subito attraverso le pulsioni razziste interpretate dalla Lega Nord, e successivamente da quell’ibrido di non facile esame rappresentato dal Movimento 5 Stelle.

La sinistra appare ormai del tutto scomparsa, se non in quella forma subalterna oggi rappresentata da SEL (soggetto peraltro in grave crisi d’identità per l’impossibilità evidente di proseguire in un processo d’identificazione del soggetto politico in un leader).



Una scomparsa di cui porta grande responsabilità il vero e proprio pasticcio compiuto da Rifondazione Comunista nel tentare di mettere assieme personalizzazione, movimentismo, governabilità, sottogoverno locale.

Il quadro politico italiano appare così in via di sistemazione, traguardando – forse – la possibilità di mettere un punto fermo alla lunghissima fase di transizione seguita, fin dagli anni’90 del XX secolo, a tre avvenimenti rivelatisi del tutto decisivi al fine della trasformazione del sistema: trattato di Maastricht (e l’influsso dell’Europa dei banchieri è fin troppo evidente al riguardo del nostro sistema politico e dell’omologazione culturale che lo percorre in forma trasversale), caduta del muro di Berlino, “Tangentopoli”.

Il tema della legge elettorale appare posto ormai in forma del tutto conseguente al tipo di assestamento fuori dal bipolarismo che fin qui si è cercato di descrivere: è possibile, infatti, che la Corte Costituzionale alla fine dichiari illegittima soltanto la parte della legge riguardante il premio di maggioranza.

In questo caso la soluzione potrebbe essere quella di un aggiustamento della legge vigente ponendo, a questo proposito, una soglia da raggiungere per ottenere il premio di maggioranza molto alta, tipo il 40%, impossibile da ottenere anche  da coalizioni particolarmente estese.

L’effetto proporzionalistico di questo tipo di soluzione risulterebbe così immediato, così come altrettanto immediata risulterebbe la necessità di disporre di un partito – cardine, come fu, a suo tempo, la DC: un partito la cui principale attività (come scrive della Loggia) dovrebbe essere quella, al centro come in periferia, la spartizione dei posti e delle risorse.




Questo partito non potrà essere altri che il PD posto al centro di un sistema che vedrebbe ai lati (come nel ’48) una “piccola destra” (il Nuovo Centro Destra) una “piccola sinistra” (SEL) e ciò che rimane del centro in posizione defilata. Uno schema molto simile a quello dell’antico “centrismo”.

All’opposizione resterebbero così Forza Italia, il cui ceto politico potrebbe però essere sempre più attratto da quel meccanismo di spartizione dei posti e delle risorse cui si è fatto cenno, e l’indecifrabile – per ora – Movimento 5 Stelle, oscillante nei contenuti e nei comportamenti.

E’ evidente, fin tropo evidente a prescindere dal meccanismo elettorale e della necessità di una presenza istituzionale, l’esistenza di un vero e proprio vuoto a sinistra.

Un vuoto che riguarda la necessità di un soggetto che risulti essere, prima di tutto, rappresentativo delle grandi contraddizioni sociali emerse con forza dalla crisi, ma egualmente rappresentativo di una concezione della politica ben diversa da quella dominante d’impostazione presidenzialista e di esaltazione della governabilità in luogo del ruolo centrale del Parlamento e capace di muoversi all’interno di un quadro generale di trasformazione radicale del sistema, di “rottura” con l’esistente.
Dopo le sconfitte subite nel corso di questi anni appare difficile, quasi impossibile, avanzare a sinistra, nel variegato, frantumato, quasi dissolto, mondo della sinistra d’opposizione e di alternativa lanciare una proposta adeguata alle esigenze della fase e indicata dalla prospettiva: eppure è necessario farlo, con coraggio, usando (scusando la banalità della citazione) davvero l’ottimismo della volontà e il pessimismo dell’intelligenza.

Franco Astengo







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