Iulca, Delio e Giuliano
Nel giugno 1932 Antonio Gramsci ha
già scontato quasi sei anni di carcere e confino. Era stato arrestato
l’8 novembre 1926, nonostante l’immunità parlamentare (era deputato
comunista), per antifascismo. Mi sembra importante ricordare la vicenda
di Gramsci (insieme a quella dei fratelli Rosselli, di Piero Gobetti e
di tanti altri intellettuali ridotti in vari modi al silenzio dai fascisti, ben prima
del 1938), in un momento in cui ritorna a risuonare il ritornello di un
fascismo che tutto sommato non sarebbe stato poi così criminale, leggi
razziali a parte. Nel giugno 1932 Gramsci sta già male: ha avuto uno
sbocco di sangue, ha perso tutti i denti, soffre di un’insonnia tenace
che lo sta lentamente sfibrando. Nonostante tutto, trova la forza per
scrivere alla moglie (che è in Russia, sofferente di una malattia
nervosa) una lettera come questa. La posto a ricordo della dignità,
dell’intelligenza e del rigore d’animo di un uomo e di un intellettuale
straordinario che da quel fascismo fu letteralmente annientato.
27 giugno 1932
Carissima Iulca,
ho ricevuto i tuoi foglietti, datati da
mesi e giorni diversi. Le tue lettere mi hanno fatto ricordare una
novellina di uno scrittore francese poco noto, Lucien Jean [...]. La
novella si intitolava Un uomo in un fosso. Cerco di
ricordarmela. – Un uomo aveva fortemente vissuto, una sera: forse aveva
bevuto troppo, forse la vista continua di belle donne lo aveva un po’
allucinato. Uscito dal ritrovo, dopo aver camminato un po’ a zig-zag per
la strada, cadde in un fosso. Era molto buio, il corpo gli si incastrò
tra rupi e cespugli; era un po’ spaventato e non si mosse, per timore di
precipitare ancora più in fondo. I cespugli si ricomposero su di lui, i
lumaconi gli strisciarono addosso inargentandolo (forse un rospo gli si
posò sul cuore, per sentirne il palpito, e in realtà perché lo
considerava ancora vivo). Passarono le ore; si avvicinò il mattino e i
primi bagliori dell’alba, incominciò a passar gente. L’uomo si mise a
gridare aiuto. Si avvicinò un signore occhialuto; era uno scienziato che
ritornava a casa, dopo aver lavorato nel suo gabinetto sperimentale.
Che c’è? domandò – Vorrei uscire dal fosso, rispose l’uomo. – Ah, ah!
vorresti uscire dal fosso! E che ne sai tu della volontà, del libero
arbitrio, del servo arbitrio! Vorresti, vorresti! Sempre così
l’ignoranza. Tu sai una cosa sola: che stavi in piedi per le leggi della
statica, e sei caduto per leggi della cinematica. Che ignoranza, che
ignoranza! – E si allontanò scrollando la testa tutto sdegnato. – Si
sentì altri passi. Nuove invocazioni dell’uomo. Si avvicina un
contadino, che portava al guinzaglio un maiale da vendere, e fumava la
pipa: Ah! ah! sei caduto nel fosso, eh! Ti sei ubbriacato, ti sei
divertito e sei caduto nel fosso. E perché non sei andato a dormire,
come ho fatto io? – E si allontanò, col passo ritmato dal grugnito del
maiale. – E poi passò un artista, che gemette perché l’uomo voleva
uscire dal fosso: era così bello, tutto argentato dai lumaconi, con un
nimbo di erbe e fiori selvatici sotto il capo, era così patetico! – E
passò un ministro di dio, che si mise a imprecare contro la depravazione
della città che si divertiva o dormiva mentre un fratello era caduto
nel fosso, si esaltò e corse via per fare una terribile predica alla
prossima messa. – Così l’uomo rimaneva nel fosso, finché non si guardò
intorno, vide con esattezza dove era caduto, si divincolò, si inarcò,
fece leva con le braccia e le gambe, si rizzò in piedi, e uscì dal fosso
con le sole sue forze. – Non so se ti ho dato il gusto della novella, e
se essa sia molto appropriata. Ma almeno in parte credo di sì: tu
stessa mi scrivi che non dai ragione a nessuno dei due medici che hai
consultato recentemente, e che se finora lasciavi decidere agli altri
ora vuoi essere più forte. Non credo che ci sia neanche un po’ di
disperazione in questi sentimenti: credo che siano molto assennati.
Occorre bruciare tutto il passato, e ricostruire tutta una vita nuova:
non bisogna lasciarci schiacciare dalla vita vissuta finora, o almeno
bisogna conservarne solo ciò che fu costruttivo e anche bello. Bisogna
uscire dal fosso e buttar via il rospo dal cuore. Cara Iulca, ti
abbraccio teneramente.
Antonio
Grazie Francesco: il <>Gramsci, combattivo e irriducibile, come scrisse Sciascia l'uomo più libero d'Italia, nell'italietta fascista, cattiva e ignorante, sapeva come saltare dal fosso. A dispetto di coloro che lo volevano gettare nella fossa. Un apologo da leggere sull'intelligenza e la forza d'animo contro tutte le avversità della vita.
RispondiEliminaBernardo Puleio
Ti ringrazio per aver pubblicato questa lettera e avermi così ricordato l'apologo.
RispondiEliminaLucia Comparato