09 gennaio 2017

LEONARDO SCIASCIA, Campane e buttane 1 e 2




Il http://ilguglielmo.blogspot.it/  ieri ha provato a manipolare (“sollecitare” avrebbe detto uno dei miei autori preferiti) il brano di un antico articolo di Leonardo Sciascia, riprodotto in questo blog , nel tentativo maldestro di far dire all'autore del testo e allo scrivente che lo citava cose che non stanno nè in cielo nè in terra. Avverto, per l'ultima volta, il responsabile del suddetto blog che il reato di diffamazione, a seguito della sentenza n.8328 del 1 marzo 2016 della Cassazione, oggi può essere commesso anche tramite internet e che in tal caso il reato perseguibile è aggravato ai sensi dell’art. 595, comma terzo, del nuovo Codice Penale. 

9 gennaio 2017                      francesco virga


Riporto di seguito il brano dell'articolo di Leonardo Sciascia sia nella forma in cui è stato pubblicato in questo blog, che nella forma integrale in cui è reperibile nell'archivio de L'ORA:

A sera alta per Barcellona. Campane e prostitute 

Leonardo Sciascia

Non so se il proverbio ( Dove che xe campane xe anca putane ) che lega l’esistenza della prostituzione a quella delle campane sia da intendere nel senso che dove c’è un campanile, e dunque un paese, il fenomeno si verifica; o non piuttosto nel senso che il fenomeno si appartiene ai paesi cattolici. Ma qualche che sia il senso del proverbio, certo è che la prostituzione è particolarmente rigogliosa nei paesi cattolici, e quasi inavvertibile nei paesi protestanti. Non si può non tener conto, naturalmente, delle condizioni economiche; ma dove la temporalità cattolica ha avuto ed ha stabile dominio, coesistono le condizioni dell’arretratezza economica e del rilasso morale. Certi paesi, in Sicilia, erano indicati – campanilisticamente, dagli abitanti di altri paesi – come di larghe vedute in fatto di morale sessuale: ed erano quelli dove il clero secolare e comunità monastiche più si addensavano. E non occorre ricordare la morale vigente nel quartiere di San Nicola a Catania, quando l’omonimo convento vi fioriva: De Roberto ne ha dato rappresentazione viva e precisa. E queste considerazioni, questi ricordi, mi vengono camminando a sera alta per Barcellona: tra la calle de Fernando e la Puerta de la Paz. Ma bisogna aggiungere che c’è in giro una quantità di marinai americani snelli, lindi, rosei che sembrano usciti dai films dei tempi di Fred Astaire, e che qui si accompagnano alle prostitute più lerce.

Leonardo Sciascia, “L’Ora”, 20 agosto 1966



In Spagna c’è un boom…all’italiana


In quanto a dittature di classe quella franchista è di una coerenza perfetta. Il fascismo di casa nostra aveva dei cedimenti demagogici: faceva qualche scuola, migliorava le condizioni degli insegnanti, tentava qualche riforma, formulava propositi contro il latifondo. In Spagna niente di tutto questo. Le ultime scuole, a Madrid, le ha fatte costruire la Repubblica; quelle venute su in questi anni sono scuole confessionali, cattoliche, che non tutti possono pagarsi e che non basterebbero in ogni caso a contenere tutta la popolazione scolastica che resta fuori dalle scuole statali. Lo stipendio di un maestro delle elementari è di circa tremila pesetas, vale a dire trentamila lire: e non è poi vero che la vita in Spagna sia meno cara che in Italia. In pieno boom ci sono paesi con due cinematografi e nessuna scuola: chi può, va a imparare a leggere, scrivere e far di conto da uno che appena conosce le cose che insegna, e pagando un “duro”,cioè cinquanta lire, ogni sera. Esattamente come cent’anni fa al mio paese: sorgeva uno splendido teatro comunale, ma i ragazzi andavano a scuola serale da un prete.
Perché in Spagna c’è il boom, un boom all’italiana: un qualcosa di simile a quello edilizio di Agrigento, che si sa come è andato a finire. E vien fatto di pensare che in fondo una dittatura di tipo fascista è qualcosa di molto simile a una cattiva democrazia, e che non abbiano poi fatto una gran strada. Un fascismo scaltro può avere il suo miracolo economico né più né meno che una democrazia di un certo tipo. E i miracolati sono in ogni caso di uguale estrazione: padri, figli, nipoti e mezzani del regime.


Non so se il proverbio che lega l’esistenza della prostituzione a quella delle campane sia da intendere nel senso che dove c’è un campanile, e dunque un paese, il fenomeno si verifica; o non piuttosto nel senso che il fenomeno si appartiene ai paesi cattolici. Ma qualche che sia il senso del proverbio, certo è che la prostituzione è particolarmente rigogliosa nei paesi cattolici, e quasi inavvertibile nei paesi protestanti. Non si può non tener conto, naturalmente, delle condizioni economiche; ma dove la temporalità cattolica ha avuto ed ha stabile dominio, coesistono le condizioni dell’arretratezza economica e del rilasso morale. Certi paesi, in Sicilia, erano indicati – campanilisticamente, dagli abitanti di altri paesi – come di larghe vedute in fatto di morale sessuale: ed erano quelli dove il clero secolare e comunità monastiche più si addensavano. E non occorre ricordare la morale vigente nel quartiere di San Nicola a Catania, quando l’omonimo convento vi fioriva: De Roberto ne ha dato rappresentazione viva e precisa. E queste considerazioni, questi ricordi, mi vengono camminando a sera alta per Barcellona: tra la calle de Fernando e la Puerta de la Paz. Ma bisogna aggiungere che c’è in giro una quantità di marinai americani snelli, lindi, rosei che sembrano usciti dai films dei tempi di Fred Astaire, e che qui si accompagnano alle prostitute più lerce.

Leonardo Sciascia, “L’Ora”, 20 agosto 1966


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