SULL’ ECONOMIA DI TANTE SCIAGURE
Amadeo Bordiga
In Italia
abbiamo una vecchia esperienza delle «catastrofi che si abbattono sul paese» ed
abbiamo una certa specializzazione nel «montarle». Terremoti, frane, eruzioni
vulcaniche, inondazioni, nubifragi, epidemie...
Indiscutibilmente
gli effetti sono sensibili soprattutto sui popoli ad alta densità e più poveri,
e se cataclismi spesso più terrificanti assai dei nostri si abbattono su tutti
gli angoli della terra, non sempre tali sfavorevoli condizioni sociali
coincidono con quelle geografiche e geologiche. Ma ogni popolo ed ogni paese ha
le sue delizie: tifoni, siccità, maremoti, carestie, onde di caldo e di gelo
ignote a noi del « giardino d'Europa »; e aprendo il giornale se ne trova
immancabilmente più di una notizia, dalle Filippine alle Ande, dalla calotta
glaciale ai deserti africani.
Il nostro
capitalismo, come cento volte detto, poco importante quantitativamente, ma
all'avanguardia non da oggi, in senso «qualitativo», della borghese civiltà, di
cui offrì i più grandi precursori tra lo splendere del Rinascimento, ha
sviluppato in modo maestro l'economia della sciagura.
Noi non ci
sogniamo di spremere una lagrimuccia se i monsoni spiantano intere città sulle
coste dell'Oceano Indiano, e se le sommerge nel raz de marée, il mare
scatenato, da terremoti subacquei, ma per il Polesine abbiamo saputo fare
arrivare elemosine da tutto il mondo.
La nostra
monarchia era gloriosa per sapere accorrere non dove si danzava (Pordenone) ma
dove si moriva di colera (Napoli), o sulle rovine di Reggio e Messina rase al
suolo dalle scosse sismiche del1908. Oggi
il nostro pezzettino di Presidente lo hanno portato in Sardegna e, se gli
stalinisti non han detto balle, gli hanno fatte vedere squadre in azione di «
lavoratori di Potemkin » che poi correvano all'altra bocca di scenario, come
fanno i guerrieri dell'Aida. Dalle acque del Po esondato non si faceva a tempo
a trarre i profughi, ma ben vi si ponevano a mollo stival-gommati deputati
deputatesse e ministri, dopo aver predisposto macchine da presa e microfoni per
la pitoccata mondiale in grande stile.
Qui abbiamo
la formula geniale: interviene lo Stato! E la stiamo applicando da buoni
novant'anni. Il sinistrato italico di professione al posto della grazia di Dio
e della mano della Provvidenza ha posto il contributo statale, ed è convinto
che il bilancio nazionale ha limiti più vasti della misericordia del Signore.
Un buon italiano spende con gioia diecimila lire spremute dalle sue tasche per
arrivare dopo mesi e mesi a «mangiarsi mille lire del governo». E non appena in
una di queste contingenze periodiche, che oggi si chiamano con termine di moda
emergenze, ma che affiorano ad ogni novella stagione, si innestano le
immancabili misure e provvidenze del potere centrale, una banda di non meno
specializzati «sinistristi», rimboccatesi le maniche, si tuffa nella
ruffianeria delle pratiche e nell'orgia degli appalti.
Con
autorità, il ministro delle Finanze di turno, oggi Vanoni, sospende ogni altra
funzione dello Stato e dichiara che non darà un soldo di finanza per tutte le
altre « leggi speciali », perché tutti i mezzi vanno convogliati nei
provvedimenti per la sciagura di attualità. Miglior prova non si potrebbe avere
che lo Stato non serve a nulla e che se la mano di Dio ci fosse, farebbe un
vero regalo ai sinistrati di tutti i tipi terremotando o bancarottando questo
Stato ciarlatano e dilettante.
Ma se la
scempiaggine del piccolo e medio borghese rifulge al massimo quando cerca
rimedio al terrore che lo gela nella tepida speranza del sussidio e dell'indennizzo
largitogli dal governo, non meno insensata appare la reazione dei capoccia
delle masse lavoratrici che nel disastro, essi gridano, hanno tutto perduto, e
purtroppo non le loro catene.
Questi capi
che si pretendono «marxisti» hanno, in queste congiunture supreme, che spezzano
nel proletariato il benessere derivante dal normale sfruttamento capitalistico,
una formula economica più scema ancora di quella dell'intervento di Stato. La
formula è ben nota: paghino i ricchi! Vanoni viene allora vituperato perché non
ha saputo scoprire e tassare gli alti redditi. Ma un briciolo solo di marxismo
basta a stabilire come gli alti redditi allignano dove avvengono le alte
distruzioni, e su esse si innestano i grandi affari. La borghesia si paghi la
guerra! dissero nel 1919 quei falsi pastori anziché invitare il proletariato ad
abbatterla. La italica borghesia è sempre lì, e con entusiasmo investe i suoi
redditi nel pagarsi guerre ed altri flagelli, che glieli riportano
quadruplicati.
Da Omicidio
dei morti in « Battaglia comunista », 19-31 dicembre 1951, n. 24.
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