Anna Fano: una donna “emancipata” nella Trieste del primo Novecento
di Marina Torossi Tevini
Anna Curiel Fano è una delle figure più
interessanti della Trieste ebraica di inizio Novecento, lo stesso milieu
sociale e culturale a cui appartennero Saba, Voghera e Giotti. Ne fece
parte sia in modo diretto, attraverso quello che scrisse, sia in modo
indiretto, attraverso le molteplici relazioni di amicizia e di parentela
con i componenti di quel gruppo. Attraverso le vicende della sua vita
possiamo cogliere molti aspetti interessanti del primo Novecento
triestino e anche, e soprattutto aspetti della sua personalità forte e
indipendente. Sorprendentemente moderna per i tempi.
Nata il 20 aprile 1901 da Aronne di
Samuele e dalla sua seconda moglie Maria Morpurgo, frequentò il Liceo
Femminile e fin da giovane dimostrò doti di anticonformismo e di
profonda intelligenza. Amava l’indipendenza ed era sensibile, tenace,
conscia di sé, capace di autoanalisi approfondite anche se, come ci
testimonia Saba, un po’ superba e testarda. Visse a Milano e a Roma e
nel 1931 sposò il filosofo triestino Giorgio Fano, docente
all’Università di Roma e studioso della filosofia di Croce, del pensiero
indiano e dell’origine e della natura del linguaggio, di cui fu per
molti anni fedele e intelligente collaboratrice.
Dopo la morte del marito nel 1963, si
trasferì a Bologna dal 1965 al 1990. Scrisse numerosi racconti, alcuni
dei quali pubblicati su giornali e riviste, e un migliaio di pagine di
carattere autobiografico rimaste inedite sinché il figlio Guido non
pubblicò nel 2005 il bel volume Giorgio e io. Una storia d’amore nella Trieste del primo Novecento (Marsilio editore) che le dà finalmente la giusta collocazione e il giusto riconoscimento nel panorama culturale del tempo.
Leggendo Anna Fano in questo libro che
ripercorre i ricordi di una vita, ci troviamo davanti una donna che
precorre i tempi, perché “Annetta” non si rifugiava in ruoli subalterni,
non rinunciava alla propria personalità, era una donna che non temeva
di rompere schemi di comportamento consolidati da generazioni e aveva
avuto il coraggio in tempi non facili, di dialogare con fermezza
all’interno della sua famiglia per seguire il suo ideale di donna
“emancipata”. In bilico tra l’essere donna o persona aveva sempre optato
per la seconda opzione.
Ma questo non lese la sua femminilità né
la sua capacità di essere compagna e fedele sostenitrice di un uomo come
Giorgio Fano, dotato di grande fantasia, creatività, rara profondità di
pensiero, e anche di uno straordinario entusiasmo giovanile che gli
permetteva di scherzare con i bambini e di prendere la vita alla
leggera. La vita di Anna accanto a lui fu drammatica e sofferta; ma
anche largamente gratificante e tale da poter insegnare molto anche a
coloro che la leggono oggi. Pubblicò il racconto lungo Noi ebrei
che narra la storia di un gruppo di famiglie ebraiche che si erano
rifugiate in Abruzzo della seconda guerra mondiale. Anna con il marito e
il figlio Guido si era stabilita in diverse località abruzzesi durante
la guerra fino al giugno del 1944, quando Roma fu liberata dagli
anglo-americani. Il racconto è la cronaca di quel soggiorno: un
resoconto sereno, privo di pur giustificabili rancori, ricco di
personaggi e punteggiato di numerosi piccoli episodi, da cui emergono le
preoccupazioni, le ansie e le paure dell’epoca. La narrazione abbonda
di notazioni umanamente affettuose e dolorose, di nitide variazioni
paesaggistiche, di riflessioni storiche; né mancano, talora, le tonalità
ironiche e scherzose che sono caratteristiche della sua scrittura e si
trovano copiose anche nel libro di memorie che il figlio ha dato alle
stampe. È autrice anche di una commedia inedita Vittoria.
Giorgio e io si inserisce nel
genere diaristico-memorialistico in cui le donne triestine hanno dato il
meglio di sé. Si pensi a “Lettere a Scipio” di Elody Oblath, che
percorre strade per qualche aspetto analoghe ad Anna, ponendosi come
interlocutrice di pari livello rispetto a un uomo dalle capacità
eccezionali come Scipio Slataper. In Elody vanno di pari passo amore
romantico e confidenza, amicizia e stima, componenti che si riscontrano
anche nella relazione tra Anna e Giorgio. Entrambi, Elody e Anna furono
donne intraprendenti, volitive, sportive che credevano nell’amorosa
amicizia e rifuggivano dalla passività tradizionalmente imposta alle
donne.
L’avere un ruolo comprimario, poter
prendere decisioni sulla propria vita venne indubbiamente facilitato
dal’ambiente in cui vissero e sarebbe stato impensabile all’epoca al di
fuori dell’ambiente triestino ed ebraico.
La Trieste mercantile del primo Novecento
lasciava alla donna molti margini di libertà che altrove le erano
negati, anche se le chiedeva di assumersi delle responsabilità e dei
pesi.
In entrambe, in Elody e in Anna, l’amore,
che ha parte grande, viene visto come una “forma privilegiata di
conoscenza del mondo” e attraverso i sentimenti propri e degli altri si
cerca di sondare fino alle radici più nascoste l’animo proprio e altrui
con grande chiarezza e fine autocoscienza, senza coprirsi gli occhi e
sviare la verità.
Lo spirito di indipendenza, un rapporto
agonico e confidenziale tra i partner, la passione per ogni forma di
conoscenza sono comuni a entrambe, anche se le esperienze umane furono
molto diverse. Nel caso di Anna fu l’amore per Giorgio Fano, amore
iniziato quando la ragazzina aveva appena dodici anni e durato tutta la
vita, che determinò la sua esistenza e le sue scelte. Giorgio Fano era
di sedici anni più grande di lei e ovviamente percorse una via che lo
portò in molti momenti lontano da Anna, si fidanzò, si sposò, ebbe due
figli. Le loro strade si incrociarono e si allontanarono più volte, ma
iniziarono a intersecarsi a partire dai diciotto anni della Curiel. A
quel tempo Anna era già in grado di fare le sue scelte, di prendere o
lasciare un lavoro, di decidere la propria vita – e l’ambiente familiare
ebraico in questo senso era molto rispettoso della sua capacità di
giudizio e della sua maturità, anche se ovviamente tutti le
sconsigliavano di impelagarsi in una storia difficile e senza grandi
prospettive.
L’ambiente ebraico influì sulla sua
tendenza a un’autoanalisi esasperata, sul gusto a un’analisi psicologica
molto spregiudicata che sarebbe stata impensabile in un’autrice di
altra estrazione culturale, almeno in Italia.
L’ambiente culturale ebraico a Trieste
agli inizi del Novecento era numericamente abbastanza esiguo, ma non per
questo poco significativo. Pensiamo che da quel milieu
uscirono personaggi del calibro di Svevo o di Saba. Certo, Svevo si
battezzò e Saba era figlio di un non ebreo. Ma entrambi, pur lontani
dalla cultura ebraica in senso stretto, conservarono una certa
psicologia ebraica, trasmessa attraverso la tradizione e le abitudini
familiari. È presente in Svevo uno psicologismo molto fine, molto
dettagliato e in Saba un tipo di sensibilità e delle peculiarità che si
possono difficilmente comprendere se non si tiene conto del sangue
parzialmente ebraico del poeta. Anche Anna Curiel Fano dimostra capacità
raffinate di autoanalisi e di psicologismo.
Il libro Giorgio ed io dà un
importante contributo anche alla maggior conoscenza di personaggi famosi
come Giorgio Voghera, Saba, Giotti, tutti legati da vincoli di amicizia
e di parentela alle famiglie Curiel e Fano. Giorgio Voghera era figlio
di Guido Voghera e imparentato con Anna. Lei, di alcuni anni maggiore,
giocava spesso con il bambino, che definisce un “genietto” visto che a
sei anni sapeva già citare a memoria brani della Divina Commedia, anche
se era inadatto a qualsiasi attività sportiva. La giovane Anna invece
era una ragazzina scatenata, si arrampicava sugli alberi, faceva lunghe
nuotate, una vera amazzone triestina. Con la famiglia di Virgilio Giotti
era invece imparentato Giorgio Fano, che sposò Maria, sorella di
Virgilio.
Spesso nelle pagine di Anna si parla
dell’amicizia tra Guido Voghera e Giorgio Fano, assai attivi a Trieste
come conferenzieri e conosciuti per le loro idee filosofiche
spregiudicate e per i loro molteplici interessi intellettuali e di Saba
e Giotti che discutevano alla vigilia dello scoppio della prima guerra
mondiale di italianità (tutto il gruppo ebraico triestino era fortemente
filoitaliano e irredentista).
Una figura quella di Anna Fano per certi
aspetti di complemento nel variegato panorama della Trieste del primo
Novecento, ma non per questo meno affascinate e ricca di spunti di
inquietante modernità.
di Marina Torossi Tevini
Testo tratto da https://viadellebelledonne.wordpress.com/
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