09 febbraio 2017

EURIPIDE OGGI

La locandina delle rappresentazioni del 1922 al Teatro Greco di Siracusa 

“Ogni straniero è un dio” 

Paolo Lago 

Uno straniero proveniente da un lontano paese, accompagnato da un gruppo di donne, anch’esse straniere, come lui vestite in modo sgargiante, arriva in una città; qui i detentori dell’ordine, terrorizzati di fronte a ciò che appare loro come ‘diverso’ e sconosciuto, decidono di incarcerarlo e allontanarlo con l’accusa di creare sovvertimento e disordini. Sembrerebbe una vicenda di questi giorni ma qui non si tratta di immigrati o profughi, bensì del dio Dioniso che si presenta a Tebe accompagnato da una schiera di strane seguaci, al cospetto del re Penteo. Ci troviamo all’inizio delle Baccanti di Euripide: il dio, in realtà originario di Tebe, si traveste da viaggiatore proveniente dalla Lidia (straniero in senso forte, un barbaros per i Greci) per ristabilire il suo culto nella propria città. Il vecchio e saggio Cadmo e l’indovino Tiresia sono pronti ad accoglierlo e a seguirlo nei culti bacchici, ma il giovane re Penteo si oppone e lo fa incarcerare. La madre di Penteo, Agave, trascinata dal furor bacchico, si reca assieme alle altre donne sul Citerone per celebrarne il culto. La vendetta del dio verso Penteo sarà terribile: quest'ultimo, infatti, gradualmente ‘affascinato' da Dioniso, si traveste da donna e si reca sul monte per spiare le baccanti dalle quali verrà successivamente sbranato e fatto a pezzi. In un colloquio con Cadmo, alla fine, Agave riacquisterà gradualmente la ragione e si renderà conto, in preda al dolore, che la testa che reca in mano è quella del proprio figlio. Le Baccanti, perciò, è una tragedia che, fra i suoi nuclei portanti, presenta quello della polarità fra nativo e straniero: un tema molto attuale. Niente di meglio, quindi, che poterla rileggere in una nuova versione con testo greco a fronte, a cura di Roberta Sevieri (La Vita Felice, 2014).
Questa edizione si distingue per l’ampio commento, caratterizzato da notazioni di natura filologica e antropologica, nonché per la bella e lineare traduzione, molto fedele. Sarebbe stato auspicabile però almeno un accenno alla fortuna delle Baccanti e di Dioniso, quella che Davide Susanetti nella sua edizione ha chiamato, con un termine felice, «rifrazione». Nel Novecento, ad esempio - come ha mostrato Massimo Fusillo in un importante saggio dedicato a questo tema -, la tragedia di Euripide è stata oggetto di numerose riprese sulla scena e sullo schermo; Dioniso è un «dio ibrido», un «dio della polarità e dell’alterità» che ha saputo generare sempre nuove «rifrazioni» nella cultura e nella società contemporanea: a fianco della polarità nativo/straniero, risultano infatti fondamentali quelle io/altro, maschile/femminile, umano/animale, corpo/mente. Dal canto suo Eric R. Dodds, nel fondamentale studio I Greci e l’irrazionale, affermò che resistere a Dioniso significa reprimere gli elementi primigeni della propria natura, andare contro se stessi.
In una società come quella attuale, fra i cui elementi costitutivi troviamo il cosmopolitismo e la migrazione dei popoli, chiudersi a tali fenomeni sarebbe quindi rovinoso, significherebbe andare verso l'autodistruzione: l'ibrido Dioniso ci ricorda ancora una volta che in ogni straniero è un «dio».

Alias domenica – il manifesto, 27 gennaio 2015

Nessun commento:

Posta un commento