Oggi vogliamo ricordare la bracciante pugliese, stroncata da un infarto mentre lavorava in nero ad Andria, con le parole di un poeta e con un articolo dell' ANSA.
Nell'occasione ci domandiamo: quanti sono oggi le vittime del moderno caporalato? Perchè si aspetta sempre il morto prima d'intervenire?
Morte di una bracciante
Questa corsa che ti brucia i giorni, che ti spegne i sogni, che ti fa scoppiare il cuore di fatica.
Ma quanto ti costava un piatto di pasta, Paola?
Quanto ti costava respirare
Yousif Latif Jaralla
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Caporalato: bracciante morta
di fatica
6 arresti.
Frantumato muro d'omertà dopo la morte di Paola
Clemente
Sono stati i
diari delle braccianti, gli appunti annotati sui calendari delle loro case, a
svelare che il nuovo caporale che in tre mesi, tra giugno e settembre 2015, ha
sfruttato e sottopagato circa 600 lavoratrici pugliesi era un'agenzia
interinale di Noicattaro, alle porte di Bari. La stessa agenzia - la Infor
Group - che aveva reclutato la 49enne tarantina Paola Clemente, stroncata da un
infarto mentre lavorava all'acinellatura dell'uva sotto un telone nelle
campagne di Andria. Era il 13 luglio del 2015, una giornata in cui il caldo era
soffocante. Oggi in sei, tra cui l'ex datore di lavoro di Paola Clemente e il
titolare dell'azienda dei bus su cui la donna viaggiava ogni giorno, sono stati
arrestati al termine di un'indagine di Polizia e Guardia di Finanza.
L'inchiesta non riguarda la morte della donna, sulla quale è in corso una
consulenza di un docente di Medicina del lavoro che dovrà accertare se vi sia
stato nesso di causalità tra decesso e superlavoro, ma lo sfruttamento di Paola
e di oltre 600 braccianti.
IL MARITO,
NESSUNO MUOIA PU' COME PAOLA - "Tutto quello che abbiamo fatto è stato soltanto
per la memoria di Paola e perché nessuna possa più lavorare nelle sue stesse
condizioni. Siamo gente semplice, la nostra è una battaglia di dignità. Oggi è
una giornata importante". Lo dice - in un'intervista a Repubblica -
Stefano Arcuri, marito di Paola Clemente. "Devo ringraziare gli
investigatori, i magistrati, ma anche tutte le istituzioni - ha detto ancora -
per quello che hanno fatto per noi in questi mesi. Il presidente della Camera,
Laura Boldrini, il ministro Martina, la sottosegretaria Bellanova. A loro
chiedo soltanto una cosa: abbiamo sofferto troppo, per favore, non fatelo
accadere mai più. Nessuno più deve lavorare e morire come Paola".
Le vittime
dello sfruttamento - secondo l'accusa - sono donne poverissime con figli da
sfamare e mariti spesso senza lavoro, in molti casi ex lavoratori dell'Ilva di
Taranto. Quello che più colpisce delle 302 pagine del provvedimento restrittivo
è la straziante confessione di alcune braccianti, sfruttate e sottopagate
dall'agenzia interinale. Una donna racconta agli inquirenti che un giorno, sul
pullman, nel momento in cui venivano distribuite le buste paga, "alcune
donne si sono lamentate dei giorni mancanti e G. ha detto che noi lo sapevamo,
quindi, non dovevamo lamentarci. Nessuna ha più parlato, anche perché si ha paura
di perdere il lavoro, anche io adesso ho paura di perdere il lavoro e di essere
chiamata infame. Ho un mutuo da pagare, mio marito lavora da poco, mentre prima
stava in Cassa integrazione. Dovete capire che il lavoro qui non c'è e,
perderlo, è una tragedia. Quindi, se molte di noi hanno paura di parlare è
comprensibile".
Un'altra fa
mettere a verbale al pm Alessandro Pesce che "se fai la guerra perdi,
perché il giorno dopo non vai più a lavorare". E una sua collega aggiunge:
"Per noi 32 euro al giorno sono necessari per sopravvivere".
Testimonianze coraggiose che commuovono il procuratore di Trani, Francesco
Giannella: "Nell'indagine è emerso - spiega - che il caporalato moderno si
è concretizzato esclusivamente attraverso l'intermediazione di un'agenzia
interinale. E' una forma più moderna e più tecnologica rispetto a quella del
passato". Ma il motore che lo alimenta è sempre lo stesso:
"l'assoluta povertà delle braccianti che vedono nei caporali i loro
benefattori", anche se questi le sorvegliano pure quando vanno in bagno e
bacchettano se non lavorano bene. In ballo - ha quantificato la Guardia di
finanza - c'è una paga di 30 euro al giorno a fronte di 12 ore di lavoro,
compresi gli spostamenti dei braccianti in pullman per centinaia di chilometri
da Taranto e Brindisi fino alle campagne di Andria, Barletta e Canosa.
Contratto
collettivo alla mano, la Gdf ha quantificato che le lavoratrici avrebbero
dovuto percepire 86 euro al giorno, cioè quasi il triplo, e che in tre mesi
l'agenzia interinale non ha pagato 943 giornate lavorative. Di queste accuse
dovranno ora rispondere, a vario titolo, gli arrestati: il responsabile
dell'agenzia interinale per la quale lavorava Paola Clemente, Pietro Bello, i
suoi due dipendenti, Oronzo Catacchio e Gianpietro Marinaro; Ciro Grassi,
titolare dell'agenzia di trasporto, Lucia Maria Marinaro, moglie di Grassi e
lavoratrice fittizia, e Giovanna Marinaro, che reclutava le braccianti.
Immancabili le reazioni politiche, a cominciare da quella della presidente
della Camera, Laura Boldrini, che spera che la nuova legge sul caporalato, la
legge Martina, entrata in vigore dopo i fatti contestati agli indagati,
"si dimostri una risposta efficace per debellare una forma di schiavismo
intollerabile". "La tragedia di Paola Clemente - dice il ministro
dell'Agricoltura Maurizio Martina - è ancora viva in tutti noi e la nuova legge
contro il caporalato ha segnato un punto di svolta".
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