“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.” Antonio Gramsci
21 febbraio 2017
I NUOVI ASINI, UN MANIFESTO DI E PER I GIOVANI DEI NOSTRI ANNI
E’ uscito il n. 35-36 de Gli Asini, rivista di educazione e intervento sociale diretta da Luigi Monti che unisce riflessione teorica e pratica didattica. Questo è l’ultimo numero della vecchia rivista e il primo dei nuovi Asini, “un numero di passaggio“, come spiega la redazione, “che serva a chiarire chi siamo e cosa vogliamo“. In allegato a questo numero, per tutti gli abbonati, La religione dell’educazione, una breve antologia pedagogica di Aldo Capitini. Vivalascuola propone l’indice della rivista e, per gentile consessione della redazione, che ringraziamo, il manifesto programmatico della nuova serie.
Indice
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.I nuovi Asini, un manifesto di e per i giovani dei nostri anni
Indice della rivista
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I nuovi Asini, un manifesto di e per i giovani dei nostri anni
Siamo un gruppo di giovani di buona volontà che hanno avuto molti privilegi e possibilità – studiare, viaggiare, conoscere – e di cui sappiamo di dover rendere conto. Detestiamo il vittimismo, la lagna e cerchiamo di sfuggire alle trappole del narcisismo e del finto individualismo, oggi dominanti. E per nostra fortuna ci ricordiamo del “pessimismo della ragione e ottimismo della volontà” di cui ha parlato un vecchio maestro, e del “volontarismo etico” di un altro grande. Siamo in buona parte studenti raramente inseriti nel “mondo del lavoro”, ma anche educatori e operatori sociali presenti in varie città e regioni; siamo persone già attive o “in lista di attesa”; siamo attivisti e ci consideriamo, volenti o nolenti, “intellettuali” che cercano di dare a questa parola il suo giusto significato di persone che sanno servirsi del dono dell’intelletto e ai quali non basta aver letto e leggere tanti libri. Non ci chiudiamo nelle nostre città e regioni, vogliamo essere anzitutto italiani ma anche cittadini del mondo, sappiamo di appartenere a una sorta di “ceto medio e basso, universale” che sa di avere un peso e una responsabilità nelle sorti del pianeta. Quale che sia stata la nostra origine nazionale o di classe. Apparteniamo a più confessioni religiose, ma siamo anche (capitinianamente) “liberi religiosi”, laici, atei, vicini ai giovani immigrati di altre confessioni, di altre fedi. Non amiamo i “buoni”, anche se ci troviamo spesso a lavorare insieme a loro: molte lodevoli attività che ieri si sono imposte in ragione della crisi o della fine di un modello di militanza politica, si sono lasciate trascinare dalla scomparsa del welfare preoccupandosi più della propria sopravvivenza di singoli, di associazioni, di gruppi e perdendo spesso di vista le finalità e idealità che avevano motivato la loro presenza pubblica, le loro iniziative in favore degli emarginati e di tutti i bisognosi di attenzione e assistenza, dei bambini, degli adolescenti e degli immigrati, secondo il vecchio motto, che ci è molto caro, di “aiutare gli altri perché si aiutino da soli”. Molte associazioni sono probabilmente irrecuperabili, altre lavorano sul filo di rasoio del ricatto politico ed economico, altre ancora cercano faticosamente di mantener viva la loro diversità, coscienti dell’utilità e necessità del loro impegno umano e sociale, pedagogico e politico, assistenziale e propositivo.
Siamo preoccupati per le sorti del mondo e del paese, coscienti della nostra assoluta debolezza; preoccupati per il destino delle vittime delle guerre e delle dittature, per la spietatezza dei poteri economici, politici e militari in quasi tutti i paesi del pianeta, e di quelli economici e mediatici soprattutto nei nostri paesi. Poteri che distruggono la natura, mettono in forse la sopravvivenza stessa del pianeta e si accaniscono sui più poveri, i più indifesi, gli ultimi, i piccoli: intere popolazioni. In paesi come il nostro – dominati dalla finanza e dai suoi pretoriani politici – si governa grazie all’asservimento e all’avvilimento delle coscienze con una capillare opera di intima corruzione attuata dai mezzi di comunicazione, i vecchi e oggi i nuovi e nuovissimi, coi loro sistemi educativi. In questo contesto, che ci vede insieme vittime e complici, siamo preoccupati per la nostra stessa sorte, per il futuro che questi poteri ci preparano.
Siamo disgustati dall’ipocrisia dei politici, degli intellettuali, dei finti moralisti e denunciatori, dei risolutori libreschi dei massimi problemi, dei megalomani che predicano su giornali e tv, nelle università e in ogni altro ordine scolastico, politico, religioso; dai finti educatori, dai diseducatori; dall’ignavia, dalle false consolazioni, dalla smania di apparire; dalle nostre stesse complicità, dirette e indirette, con un sistema di potere fintamente democratico (la democrazia dei manipolati, dei frastornati, degli egoisti, degli stupidi), che ci manipola, guida e opprime, e con una sinistra che ha totalmente abdicato alla sua diversità; dai funzionari del potere e dai funzionari della cultura (professori, giornalisti).
Cosa vogliamo? Crediamo sia nostro dovere: resistere con legami forti tra di noi ma evitando ogni logica di gruppo chiuso, setta o partito. Aperti soprattutto a coloro che vengono dopo di noi (ai fratelli minori, ai nuovi cittadini) affinché trovino chi sappia ascoltarli, dando quell’esempio di coerenza tra il dire e il fare, fra mezzi e fini, di cui difettano politici, educatori, genitori. Crediamo sia nostro dovere reinventare modi belli, esigenti, efficaci di stare insieme maschi e femmine, fratelli maggiori e fratelli minori, dedicandoci a imprese comuni, elaborate e attuate in gruppo, nel rifiuto del divismo e del leaderismo, dell’esibizionismo dei singoli; studiare per capire dove ci stanno spingendo e come ci stanno ingannando, capire cosa sarebbe giusto fare, come reagire; far sapere agli altri chi siamo usando gli strumenti a nostra disposizione (rivista, casa editrice, convegni, manifesti, manifestazioni, proteste); portare un’attenzione particolare alle arti e alle forme della comunicazione, nella convinzione che i nuovi e i nostri linguaggi devono distinguersi non solo per le persone e le cose di cui si occupano, ma perché il come è altrettanto importante del cosa; re-imparare dai maestri di ieri, più chiari sul rapporto tra il fare e il dire (dei nomi? scrittori e pensatori – e citiamo solo gli italiani ma potremmo fare cento altri nomi ugualmente significativi – come Sciascia, Calvino, Pasolini, i due Levi, Silone, Morante, Ortese, Chiaromonte, Zanzotto, Bobbio, Fortini, e educatori come Capitini, don Milani, Vinay, Dolci, Zucconi, Zoebeli, Mazzolari, e qualche, più raro, politico), e dalle associazioni e dalle iniziative che li hanno avuti promotori o protagonisti, anche se in tempi molto diversi dal nostro, più chiari del nostro; rivendicare un ruolo di minoranza etica attiva che intende reagire ai mali del mondo nei limiti delle sue poche possibilità, non solo con l’analisi e con la denuncia, ma elaborando adeguate forme di intervento e di lotta, legandosi alle pratiche buone degli altri, cercando quando possibile il rapporto diretto con i lettori della rivista attraverso una pluralità di iniziative sul territorio nazionale, tutte da inventare; insistere sul metodo non perché ce l’abbiamo già, ma perché sappiamo che, in quest’epoca di mutazioni così gravi e forse definitive, non serve rifarsi al vecchio, nonostante quanto di buono c’è da impararne, bensì inventare un modo nuovo in grado di reagire al nuovo che ci opprime. Tra una cultura che addormenta e una cultura che sveglia, scegliamo decisamente la seconda. La rivista “Gli asini” spera di poter contribuire alla formazione di movimenti, associazioni, gruppi attivi in Italia e in collegamento con quanto accade altrove, a rendere più limpidi i nostri e i loro progetti, a far sì che l’intervento sociale, pedagogico, politico, e la produzione culturale e artistica, si pongano all’altezza dei bisogni fondamentali espressi dall’epoca tormentati in cui viviamo, dove la distanza tra chi ha e chi non ha e tra chi conta e chi non conta si è fatta abissale. La nuova “Gli asini” non sarà una rivista “normale”, ma uno strumento di conoscenza, di riflessione, di assunzione di responsabilità, di invito all’azione, di crescita e consolidamento di un’area di pensiero e di intervento attiva e propositiva. [torna su]
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Indice della rivista
Casa nostra
Noi asini
I giovani contro Renzi di Gli asini
Dopo il referendum. Un vocabolario minimo per cercare di capire di Mauro Boarelli
Terremoti di Piergiorgio Giacchè
Legalizzare la cannabis di Antonella Soldo
Venosa, Basilicata di Savino Reggente
Pianeta
Kurdistan, con la sabbia negli occhi di Stefano Nanni
I miraggi insondabili dei giovani africani di Alessandro Jedlowski
Disobbedienti in Francia di Gabriele Vitello
Ai nostri amici di Comitato invisibile
In Ucraina: l’Europa e i suoi confini di Andrea Gava
Trump, o l’incubo americano di Maria Nadotti
Italo-maghrebini ad Amburgo di Fiorenza Picozza
Educazione e intervento sociale
Le nostre contraddizioni di Marco Triches
Giovani immigrati sull’Appennino di Elena Canestrari e Carolina Purificati
La telecamera a scuola di Alessandro Penta
La ricerca come altra pedagogia di Debora Marongiu
Un’antologia per le superiori di Nicola De Cilia
Poco di buono
L’epoca dei cretini intelligenti di Goffredo Fofi
Burattini di Piergiorgio Giacchè
Le statue viventi di Patrizio Dall’Argine
Corpi neri, potere bianco di Bruno Montesano
Cinema e seconda generazione di Suranga Katugampala incontro con Gabriele Vitello
Annie Ernaux e la nostra storia di Federica Lucchesini
L’Europa inabitabile di Sara Honegger
Tre Omini dalle parti di Pistoia di Rodolfo Sacchettini
Tragedie dell’infanzia. Un film e un fumetto di Goffredo Fofi
I doveri dell’ospitalità
Una minoranza virtuosa, i Valdesi di Paolo Ricca incontro con Goffredo Fofi e Nicola Villa
Due storie vere di Taddeo Mecozzi
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Le illustrazioni di questo numero sono di Claude Barras e di Matthias Lehmann [torna su]
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Riprendo dal mio diario fb alcuni commenti:
RispondiEliminaFragale Anna: Aldo Capitini ha coniato il termine "nonviolenza" dentro cui un pensiero profondo che fa riferimento a Gandhi ma anche a Freire
Francesco Virga: Cara Anna, conosco bene Capitini grazie sia a Danilo Dolci che al prof. Cacioppo che seguì la mia tesi di laurea. Si tratta di un autore che andrebbe ripreso in questi tempi di assurda violenza
Fragale Anna: Conosci Freire e la sua "pedagogia degli oppressi"? Anche lui ha tanto da insegnarci... credo che papa Francesco si rifaccia al suo modo di vedere il...mondo
Francesco Virga: Penso che hai proprio ragione! Ho letto la sua famosa "Pedagogia..." e ho avuto anche il piacere di incontrarlo e parlare a quattr'occhi con lui, nel febbraio del 1976, mentre partecipava al Seminario " Per un nuovo educare" organizzato da D. Dolci nel suo Centro Studi di Trappeto.