20 febbraio 2017

LEOPARDI PIU' FILOSOFO CHE POETA


Più leggo e rileggo il diario di Giacomo Leopardi, denominato con un'antico termine Zibaldone, più mi convinco che ci troviamo di fronte ad un filosofo, forse, ancor più grande del poeta dei celebri Canti. Leopardi ha capito più cose della vita e della storia umana, di tanti altri. Eppure sapeva che non esiste maggior segno "d'essere poco savi e poco filosofi" che "volere savia e filosofica tutta la vita"!
Oggi vi propongo la lettura di tre pensieri tratti dal suo Diario. fv




«La scrittura dev'essere scrittura e non algebra […] Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io? Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica, e i sentimenti e le idee non si vogliono più scrivere ma rappresentare, e non sapendo significare le cose colle parole le vorremo dipingere e significare con segni, come fanno i cinesi […] Che altro è questo se non ritornare l'arte dello scrivere all'infanzia?».

G. Leopardi, Zibaldone, 22 aprile 1821


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 Il tempo non è una cosa. Esso è uno accidente delle cose, e indipendentemente dalla esistenza delle cose è nulla; è uno accidente di questa esistenza; ο piuttosto è una nostra idea, una parola. La durazione delle cose che sono è il tempo. [...] Medesimamente dello spazio. [...] La conclusione si è che tempo e spazio non sono in sostanza altro che idee, anzi nomi.

Zibaldone, 4233.

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 noi non possiamo giudicare dei fini, né aver dati sufficienti per conoscere se le cose dell'universo sien veramente buone o cattive, se quel che ci par bene sia bene, se quel che male sia male; perché vorremo noi dire che l'universo sia buono, in grazia di quello che ci par buono; e non piuttosto, che sia malo, in vista di quanto ci par malo, ch'è almeno altrettanto? Astenghiamoci dunque dal giudicare, e diciamo che questo è uno universo, che questo è un ordine: ma se buono o cattivo, non lo diciamo. Certo è che per noi, e relativamente a noi, nella più parte è cattivo; e ciascuno di noi per questo conto l'avria saputo far meglio, avendo la materia, l'onnipotenza in mano. Cattivo è ancora per tutte le altre creature, e generi e specie di creature, che noi conosciamo: perché tutte si distruggono scambievolmente, tutte periscono; e, quel ch'è peggio, tutte deperiscono, tutte patiscono a lor modo. Se di questi mali particolari di tutti, nasca un bene universale, non si sa di chi [...]; se vi sia qualche creatura, o ente, o specie di enti, a cui quest'ordine sia perfettamente buono; se esso sia buono assolutamente e per se; e che cosa sia, e si trovi, bontà assoluta e per se; queste sono cose che noi non sappiamo, non possiamo sapere; che niuna di quelle che noi sappiamo, ci rende né pur verisimili, non che ci autorizzi a crederle. Ammiriamo dunque quest'ordine, questo universo: io lo ammiro più degli altri: lo ammiro per la sua pravità e deformità, che a me paiono estreme. Ma per lodarlo, aspettiamo di sapere almeno, con certezza, che egli non sia il pessimo dei possibili.

(21 Marzo 1827) 


Giacomo Leopardi dal suo Zibaldone 

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