I simboli cambiano con
i tempi e raccontano spesso storie molto materiali. Così il drago,
per secoli simbolo delle potenze del male, diventa nel XVI secolo
emblema del potere della Chiesa.
Moreno Montanari
Draghi e colombe gli
animali che fecero grande il potere papale
Può sembrare curioso il
punto di vista dal quale Agostino Paravicini Bagliani sceglie di
introdurci ai simboli del potere papale ( Il bestiario del papa,
Einaudi). Tuttavia, da una prospettiva junghiana, esso coglie
doppiamente nel segno perché gli animali, come la religione,
rimandano alla dimensione extraumana e sovrapersonale ma sono al
contempo, come simbolo di impulsi istintuali e dunque "bassi",
tutto ciò che la chiesa vuole domare, per porlo al servizio di una
più "alta" espressione dello spirito.
In questo senso l'animale
è metafora stessa dell'inconscio, sia come Ombra della ragione, sia
come medium, figura psicopompa, tra il mondo umano e quello dello
spirito. Questo è popolato di immagini archetipiche, in questo caso
animali, che permettono all'individuo di trascendere la coscienza e
di spingere la psiche nelle più segrete profondità delle sue
radici: l'inconscio collettivo e le sue fantasie ancestrali.
Come nota l'autore,
«all'interno della cultura occidentale, gli animali sono il medium
condiviso » del quale il papato si è servito per puntellare e
significare la propria sovranità; ma il valore simbolico di certi
animali, dalla colomba al serpente, dal cavallo al mulo, dall'aquila
al leone, dalla fenice al drago, muta con il mutare dei tempi, della
concezione che la chiesa ha di se stessa e del modo in cui viene
progressivamente intesa dall'immaginario collettivo. Così, a fronte
di un'apparente inerzia simbolica, il libro ci guida all'interno di
una vera e propria genealogia dei simboli del potere che è al
contempo un'introduzione al potere dei simboli e alla storia della
loro trasformazione.
L'essenza del simbolo è
infatti quella di non ammettere alcuna schematizzazione, pena il
declassamento a stereotipo o mero simulacro. Dal punto di vista
junghiano un simbolo è tale solo finché resta "vivo",
ossia riesce a veicolare, meglio di qualsiasi altra espressione, un
significato mai del tutto codificabile, perché in massima parte
inconscio, e ad ogni modo irriducibile ad un'unica interpretazione.
Il simbolo, infatti, non
riveste la funzione analogica di nominare ciò che è conosciuto ma
quella di produrre le stesse condizioni di conoscibilità di ciò che
è nominato, in una formula, rende possibile l'accesso al reale. Non
appartiene alla semiotica, non rimanda cioè ad una realtà
significata, ma è esso stesso una realtà operante capace di
chiamare in causa l'intero psichismo dell'uomo e di combinare in
un'impressione unitaria e totalizzante elementi tra loro disparati e
persino contrari (simbolo, deriva dal greco synballein, "mettere
assieme parti separate").
Stemma di Paolo V
Così se nel IV secolo il
Drago, che Silvestro I sarebbe riuscito a rendere innocuo in nome di
Gesù Cristo, simboleggia l'anticristo e la paganità che il papa
sconfigge, dimostrando la propria superiorità su di essi, nel XVI
secolo, con Gregorio XIII, diviene simbolo del papa che si pone a
guardia della Porta Santa – i draghi stanno a protezione dei più
preziosi tesori – e della vittoria "sui serpenti nel deserto"
– gli eretici della riforma protestante creando i presupposti
perché, nel secolo seguente, Papa Paolo V Borghese possa scegliere
come proprio simbolo un drago in piedi con le ali spiegate, per
significare il suo potere salvatore e di mediatore tra cielo e terra.
Così l'eroe è al contempo colui che sfida e vince il drago e il
drago che protegge e vince sul male.
Il significato di un
simbolo è sempre dinamico: cambia dal contesto e dalla risonanza
nella coscienza di chi lo sperimenta, si pone come un'esuberante
sorgente di idee e come uno straordinario stimolatore dell'attività
creatrice della fantasia, ma secondo la personalità e lo sguardo di
chi lo vive e i canoni, rivisitati, dello spirito del tempo. Ne
costituisce un'ultima testimonianza il taglio di fratellanza
ecologica con il quale papa Francesco concepisce la relazione con il
creato che, se da una parte è affidato all'enciclica Laudato sì,
dall'altro è simboleggiato dalla proiezione degli animali dell'Arca
di Noè sulla facciata di San Pietro in occasione dell'inizio del
Giubileo della misericordia. Il potere universale della chiesa, che
vuole governare su tutta la natura e su tutta la storia, non è più
presentato in veste di dominio ma di presa in carico e custodia.
Allora, ciò di cui davvero si occupa questo bestiario del papa è
l'uomo come animale simbolico.
La Repubblica - 31 dicembre 2016
Agostino Paravicini
Bagliani
Il bestiario del papa
Einaudi
euro 32
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