18 novembre 2013

GRAMSCI IN GIALLO...


Invece di riprendersi in mano le opere di Antonio Gramsci - adesso, chi lo volesse, potrebbe anche  leggere la copia fotostatica dei suoi Quaderni manoscritti  pubblicati da l'Unione Sarda - si continuano a scrivere romanzi gialli su uno dei fondatori del partito comunista d'Italia.
Di seguito, a futura memoria della barbarie che regna nell'Italia odierna, si ripropone la recensione apparsa oggi sul Corsera dell' ultimo capitolo di una operazione che serve solo a fare confusione.


Dino Messina

Anche Silone tradì Gramsci


Che cosa rende unica, nella storia del comunismo, la vicenda umana, politica e intellettuale di Antonio Gramsci? L’aver costruito un sistema di pensiero considerato ancora oggi vitale per l’interpretazione della cultura e della politica italiana e occidentale. Un’impresa ancor più importante se si tiene conto che il grande pensatore la realizzò nella solitudine del carcere fascista, tra l’incomprensione e l’ostilità del mondo comunista che avrebbe dovuto essergli amico.

È questo il giudizio che si ricava dalla lettura del nuovo saggio dello storico Mauro Canali, Il tradimento. Gramsci, Togliatti e la verità negata , appena edito da Marsilio (pagine 257, e 19,50). Canali, studioso noto per la sua dimestichezza con gli archivi, di cui ha dato prova per esempio nelle opere Il delitto Matteotti e Le spie del regime (edite entrambe dal Mulino), mette tutta la sua sapienza documentaria e passione per svelare definitivamente le falsificazioni di cui è stato oggetto il pensatore sardo. Un «santino», nella mitografia costruita da Togliatti, utile per illustrare una storia lineare e senza conflitti del gruppo dirigente del comunismo italiano. Naturalmente, come si racconta da qualche anno, le cose stanno in maniera diversa, e Canali ha il merito di mettere assieme tutti i tasselli anche sulla base di nuove acquisizioni documentali.

Cella di Gramsci nel carcere di Turi

















Innanzitutto lo studioso smonta la linea di continuità fra Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, che già dall’ottobre 1926, poco prima dell’arresto del leader sardo, interpretavano due linee diverse e due modi opposti di intendere il lavoro politico. Canali cita in particolare due lettere a Togliatti in cui Gramsci prende le distanze da un modo di agire burocratico e opportunista e soprattutto esprime una concezione del «centralismo democratico» opposta a quella interpretata da Stalin e dal gruppo dirigente dell’Internazionale comunista. Gramsci è per l’inclusione delle opposizioni, a cominciare da Trockij, e per la costruzione del socialismo che non esclude un passaggio attraverso la «democrazia borghese», gli altri sono per il muro contro muro e l’eliminazione dei dissidenti. È questa l’origine di una divergenza che si acuirà con gli anni, fino a toccare il suo acme con la nota vicenda della lettera di Ruggero Grieco del 29 febbraio 1928, che fece infuriare il leader sardo, ormai prigioniero da un anno e mezzo.

Mentre era ancora aperta l’istruttoria per il processo che avrebbe portato a una condanna di oltre vent’anni ed erano in corso trattative (anche con la mediazione vaticana) per uno scambio di prigionieri tra l’Urss e l’Italia, Grieco mandava una lettera (partita da Vienna per Mosca e da qui spedita in Italia) che non poteva non mettere in allarme il sistema di sorveglianza fascista. Tanto che, nel dicembre 1932, Gramsci arrivò a confidare alla cognata Tania: «Può darsi che chi scrive fosse solo irresponsabilmente stupido e qualche altro, meno stupido, lo abbia indotto a scrivere». L’allusione, come viene confermato da documenti e testimonianze successive, è a Togliatti. È questi, secondo Gramsci, il personaggio «meno stupido» che lo aveva danneggiato. Il giudice istruttore Macis, che evidentemente aveva letto anche le lettere inviate da Grieco ad altri dirigenti del Pcd’I in carcere, aveva avvertito il capo comunista che c’era qualcuno fra i suoi amici che aveva interesse a tenerlo dentro.

Nell’intricata vicenda Gramsci, Canali analizza il ruolo avuto dalla famiglia della moglie, Giulia Schucht, ma anche quello dell’economista Piero Sraffa, di cui posticipa di circa un decennio l’adesione al comunismo attribuita dalla vulgata, e la responsabilità di Ignazio Silone nell’arresto di Gramsci. Fu Secondino Tranquilli, alias Ignazio Silone, alias «Silvestri», responsabile della propaganda del Pcd’I e informatore del funzionario di polizia Guido Bellone, a indicare a questi con precisione il ruolo di leader ricoperto da Antonio Gramsci. Il processo si basò fondamentalmente sulle accuse di Bellone.

La spia Silone
















Ma il filo conduttore del racconto rimane l’ambiguo atteggiamento tenuto verso Gramsci da Togliatti, il quale, in una breve storia dei primi anni di vita del Pcd’I scritta nel 1932 ad uso del Comintern, rievocando il periodo 1923-1926, omise il nome di Gramsci, che era invece in quel periodo il leader riconosciuto del partito.

Dopo la morte del pensatore comunista, avvenuta il 27 aprile 1937, la cognata Tatiana tornò a Mosca con l’intenzione di fare i conti con Togliatti. Il Comintern in effetti istruì un’inchiesta (condotta da Stella Blagoeva) che nel 1940 portò all’allontanamento del «compagno Ercoli» dalle cariche direttive. La sconfitta del fascismo e la necessità di ricostruire il partito in Italia furono la salvezza per Togliatti.

Nel dopoguerra cominciò la gestione dell’eredità intellettuale di Gramsci, che passò attraverso la pubblicazione, con omissioni e destrutturazioni, dell’opera, base preziosa per la teoria della via italiana al socialismo. Un corpus di saggi e testimonianze usato e manipolato anche per costruire la leggenda di «Togliatti erede di Gramsci».

(Da: Il Corriere della sera del 18 novembre 2013)
Mauro Canali
Il tradimento. Gramsci, Togliatti e la verità negata
Marsilio, 2013
19,50 euro


1 commento:

  1. Sabbie immobili.
    Poche presenze ieri nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere per accogliere le parole di A. D’orsi (professore di Storia all’Università di Torino) sul Rinascimento Gramsciano (Gramsci Renaissance), ovvero l’interesse che suscita nel mondo il pensiero del sardo, “capo della classe operaia”, secondo una definizione coniata da Togliatti e ricordata ieri.
    Mi rendo conto che in una fase critica come quella in cui siamo immersi la questione dell’attualità del pensiero gramsciano possa apparire come del tutto superflua. E questo giustificherebbe lo scarso richiamo della conferenza di ieri.
    Eppure c’è un particolare che ritengo essenziale e che anche ieri è emerso durante la conferenza.. Il fatto cioè che le analisi di Gramsci, scritte sotto il tallone di ferro del regime carcerario fascista, riguardano in buona parte la sconfitta del movimento operaio e socialista di inizio secolo e lo stabilirsi di un regime oscuro e totalitario, che pure godeva di un vasto consenso. Oltre a ciò i “Quaderni” indicano la rotta per condurre una lotta di lunga durata, una guerra di posizione, per la riconquista e l’avanzamento delle tesi del movimento comunista.
    Un argomento oltremodo attuale, un caposaldo da dove ripartire per cercare di far uscire dalle sabbie immobili, in cui è affondata, la Sinistra di alternativa in Italia.
    rosso malpelo

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