Massimo De Giuseppe
Agli inizi del 1914,
al culmine della lotta tra i diversi fronti rivoluzionari
messicani e le truppe del generale Victoriano Huerta, salito al
potere dopo il golpe costato la vita al presidente Francisco
Madero, lo stato maggiore di Pancho Villa firmò un primo
contratto con la Mutual, una compagnia cinematografica
statunitense che era intenzionata a ricostruire la vita del
general revolucionario. Villa era al culmine del suo potere: alla
testa di un’organizzatissima macchina da guerra, la División
del Norte, era in grado di controllare un’ampia fascia di
frontiera, con dogane ed empori, poteva sfruttare imponenti
allevamenti di bestiame del Chihuahua e la produzione cotoniera
della zona Lagunera.
Egli sembrava il più
affidabile interlocutore degli Stati Uniti ed era già inseguito
dal reporter John Reed. Pur senza aver perseguito una coerente
politica di riforme agrarie (come Zapata nel Morelos o l’ala
riformista dei costituzionalisti), grazie anche a collaboratori
quali il giornalista Silvestre Terrazas e il generale Felipe
Ángeles, Villa tendeva allora ad accreditarsi non solo come il
Centauro del Norte, ma come il caudillo popolare, il
rappresentante dei ceti disagiati.
Eppure il mito del
bandito antisociale che Villa portava sulle sue spalle non si era
dissolto e una serie di azioni (dall’uccisione del cittadino
britannico William Benton alle violenze commesse a Città del
Messico nei giorni del famoso incontro con Zapata nel Palacio
Nacional) continuavano ad alimentarlo. La storia di Villa è
segnata in profondità da questa dicotomia, che ha affascinato
storici esperti (da Guzmán a Katz) e letterati navigati (da
Muñoz a Taibo II). Essa pervade le vicende di un uomo che si
mosse tra un orizzonte locale ed uno (incompiuto) nazionale, tra
il fascino per i proclami di riforma e un machismo politico
esibito, con un amore spassionato per gli Usa poi ribaltatosi in
odio viscerale, tra la capacità di guidare 400 guerriglieri
nascosti nella Sierra Madre o un esercito di 50 mila soldati in
battaglia. Villa restò sospeso tutta la sua vita tra l’alleanza
con l’esercito contadino di Zapata e il rapporto con bandoleros
come Tomás Urbina o il killer professionista Rodolfo Fierro.
Soprattutto, però,
su di lui avrebbe pesato un dato politico, alimentato dalla
distanza con il primer jefe costituzionalista Venustiano
Carranza, che, dopo un periodo di latenza, aprì la strada a una
stagione di guerra civile, che avrebbe devastato il Messico
centrale tra il 1915 e il 1916. Una distanza che avrebbe a lungo
escluso Villa dalla gran familia revolucionaria, celebrata nella
muralistica di Rivera, Orozco e Siqueiros. Qui risiede la
contraddizione profonda di José Doroteo Arango Arámbula, nato
nel 1878 presso il rancho La Coyotada, a San Juan del Río,
Durango, e poi divenuto Pancho Villa, icona internazionale (più
che nazionale) del Messico rivoluzionario, passata attraverso una
vita rocambolesca intessuta di assalti, tradimenti, massacri,
saccheggi e distribuzioni di cibo ai poveri, scoppi d’ira e di
pianto, una fucilazione mancata, una fuga dal carcere nella notte
di Natale, l’inseguimento da parte dei marines della colonna
Pershing, vittorie eclatanti e sconfitte disastrose.
Villa è una figura
tutt’altro che semplice da inquadrare (tra l’altro era
astemio e non fumava), ma rappresentò un elemento importante di
una rivoluzione che unì l’antico al moderno e fu la prima
grande guerra civile del Novecento. Egli riuscì a trasformare
uno strano conglomerato di piccoli gruppi armati (rancheros,
allevatori, minatori colpiti dalla crisi, contadini, maestri,
veri e propri banditi), mossi soprattutto da rivendicazioni
localistiche, in un esercito moderno e ben disciplinato.
Quando venne ucciso,
il 20 luglio del 1923, si stava però già costruendo un’altra
storia e il nuovo presidente Obregón incarnava in fondo ciò che
era mancato a Villa: una visione del Paese profondamente
nazionale, per tenere insieme la composita dimensione regionale,
etnica, perfino di genere, emersa nel processo rivoluzionario.
http://lettura.corriere.it/banditi-briganti-ribelli-e-guerriglieri/
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