Quando la democrazia funziona in presa diretta
28 Novembre 2013
L’anticipazioni da un saggio di Nadia Urbinati
(Democrazia in diretta. Le nuove sfide alla rappresentanza ,Feltrinelli) sulla crisi della rappresentanza. La Repubblica, 28 novembre 2013
L’11 marzo 2013, il parlamento ungherese ha approvato modifiche sostanziali alla Costituzione che limitano i poteri dell’Alta corte e le libertà civili. Il procedimento di revisione è stato promosso dal Partito nazional-populista Fidesz che controlla la maggioranza dei seggi in parlamento. Tra i ventidue articoli modificati spiccano quelli che rendono lecite le limitazioni della libertà d’espressione (...). Alle preoccupazioni sollevate dai rappresentanti dell’Unione europea, Viktor Orbán, leader della maggioranza, ha risposto (...): «La gente si preoccupa delle bollette, non della Costituzione ».
Pochi mesi prima, il 20 ottobre 2012, in Islanda i cittadini approvavano con referendum la nuova Costituzione. Al testo erano giunti dopo un processo radicalmente democratico e non pilotato da una maggioranza parlamentare. Nel 2009, un anno dopo lo scoppio della crisi finanziaria che atterrò l’economia islandese, per iniziativa di alcune associazioni della società civile, un’Assemblea di millecinquecento persone (in maggioranza sorteggiate) si riunì per discutere e poi suggerire i punti della riforma della Costituzione. L’anno successivo, un Consiglio costituzionale veniva eletto a suffragio universale in base a candidature che escludevano parlamentari e membri dei partiti. I venticinque eletti, non politici di professione ma ordinari cittadini, giunsero all’approvazione della nuova carta dopo una diretta discussione con i cittadini tramite Facebook e Twitter. (...) Due storie che testimoniano la schizofrenia nella quale il sistema democratico si dibatte. Le democrazie contemporanee manifestano un sorprendente paradosso: il sistema democratico gode di un sostegno egemonico e perfino di un’attrattiva universale (...), eppure le sue esistenti forme di funzionamento sono sotto pressione a causa in primo luogo di un declino di legittimità. (...)
L’11 marzo 2013, il parlamento ungherese ha approvato modifiche sostanziali alla Costituzione che limitano i poteri dell’Alta corte e le libertà civili. Il procedimento di revisione è stato promosso dal Partito nazional-populista Fidesz che controlla la maggioranza dei seggi in parlamento. Tra i ventidue articoli modificati spiccano quelli che rendono lecite le limitazioni della libertà d’espressione (...). Alle preoccupazioni sollevate dai rappresentanti dell’Unione europea, Viktor Orbán, leader della maggioranza, ha risposto (...): «La gente si preoccupa delle bollette, non della Costituzione ».
Pochi mesi prima, il 20 ottobre 2012, in Islanda i cittadini approvavano con referendum la nuova Costituzione. Al testo erano giunti dopo un processo radicalmente democratico e non pilotato da una maggioranza parlamentare. Nel 2009, un anno dopo lo scoppio della crisi finanziaria che atterrò l’economia islandese, per iniziativa di alcune associazioni della società civile, un’Assemblea di millecinquecento persone (in maggioranza sorteggiate) si riunì per discutere e poi suggerire i punti della riforma della Costituzione. L’anno successivo, un Consiglio costituzionale veniva eletto a suffragio universale in base a candidature che escludevano parlamentari e membri dei partiti. I venticinque eletti, non politici di professione ma ordinari cittadini, giunsero all’approvazione della nuova carta dopo una diretta discussione con i cittadini tramite Facebook e Twitter. (...) Due storie che testimoniano la schizofrenia nella quale il sistema democratico si dibatte. Le democrazie contemporanee manifestano un sorprendente paradosso: il sistema democratico gode di un sostegno egemonico e perfino di un’attrattiva universale (...), eppure le sue esistenti forme di funzionamento sono sotto pressione a causa in primo luogo di un declino di legittimità. (...)
Dall’Italia viene il terzo esempio. A partire dai primi anni del
ventunesimo secolo, Beppe Grillo, già conosciuto al largo pubblico per
la sua attività di comico, negli anni novanta si è fatto promotore di un
movimento di denuncia satirica del fenomeno di corruzione politica a
cascata che Tangentopoli ha messo davanti agli occhi della pubblica
opinione. In pochi anni, da cantastorie di piazza la sua attività si è
trasformata nel 2005 in vera e propria agitazione politica, grazie alla
creazione di un blog personale (beppegrillo.it), progettato e gestito
dall’azienda di Gianroberto Casaleggio.(...)
A pochi anni dalla sua fondazione, il movimento di Grillo ha operato la
trasformazione da movimento di opinione a movimento politico, senza
perdere la sua originaria identità non partitica e poi sempre più
antipartitica. (...) Pur non avendo riscritto la Costituzione formale,
il M5S ha riscritto una parte importante della pratica politica
organizzata e gestita dai partiti, introducendo un elemento di
“direttezza” nella democrazia rappresentativa, dando vita a quel che con
un ossimoro chiamerò democrazia rappresentativa in diretta. Alcuni
studiosi propongono di includere questo tipo di movimento nel fenomeno
populista, altri invece sostengono che, benché condivida alcuni temi
propri dei populismi di destra (per esempio, l’avversione per gli
immigrati e l’antieuropeismo), si tratti tuttavia di un soggetto
politico di nuovo tipo, caratterizzato non dall’appello al popolo ma
dall’orizzontalità comunicativa tra cittadini. (...) Possiamo intanto
dire che la democrazia cambia di segno con l’avanzare della politica
web-diretta, la quale fa rinascere, trasformandolo, il mito
dell’autogoverno diretto (l’antica promessa democratica dell’autonomia),
con il rischio tuttavia di generare forme politiche identitarie,
demagogiche o populistiche, modi di fare politica che escludono e
discriminano, che gettano le basi, come in Ungheria, di una vera e
propria tirannia della maggioranza. Ma l’appello all’autogoverno diretto
non è un ritorno all’antico e nemmeno una rinascita delle forme
assembleari di democrazia proprie della contestazione studentesca e
operaia degli anni sessanta (...). È invece una nuova e aggiornata
rinascita partecipazionista che non rifiuta le forme indirette di
partecipazione, come la rappresentanza parlamentare e il suffragio
elettorale, ma le cambia, le adatta, le stravolge (...). Democrazia
rappresentativa diretta vuole essere democrazia elettorale in-diretta,
dunque, senza i partiti politici e attuata attraverso movimenti in rete
che raccordano il dentro e il fuori delle istituzioni, ma senza alcun
controllo sulle forme di questo raccordo, senza alcuna certezza
procedurale che esso sia realizzato secondo regole che danno ai
cittadini un potere censorio non aleatorio o invece secondo il ruolo
preminente degli animatori della rete o, come nel caso del M5S, dei
proprietari privati del blog.
Nadia Urbinati
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