Il 20 novembre del 1901, nasce a Salonicco, Nazim Hikmet
Godi
di tutti i beni terrestri, del sole, della pioggia e della neve,
dell'inverno e dell'estate, del buio e della luce, ma prima di tutto
godi dell'uomo.
Nacque a Salonicco
(città parte dell'Impero Ottomano fino al 1912, attualmente in Grecia)
da una famiglia aristocratica. La sua nascita fu registrata all'anagrafe
come nato nel 1902, un anno dopo.
Il padre, Hikmet Bey,
era un diplomatico figlio di Mehmed Nazım Pasha, un console turco di
origini adighè che fu anche autore di poesie e brevi racconti, e di
Celile Hanım, nobildonna turca di origini tedesche. La madre Aisha era
una pittrice turca appassionata di poesia francese, specialmente di
Lamartine e Baudelaire, nipote di Mustafa Celaleddin Pasha, un politico
polacco naturalizzato turco che nacque con il nome di Konstantin
Polkozic-Borzecki ma che lo cambiò in seguito alla sua conversione alla
religione islamica.
Scrisse i suoi primi
testi all'età di quattordici anni. La prima pubblicazione di Hikmet
avvenne a diciassette anni su una rivista. Il suo punto di riferimento
letterario era il suo insegnante di letteratura e poesia, Yahya Kemal, e
altri poeti turchi come Tevfik Fikret e Mehmed Emin. (Wikipedia)
Detesto
non solo le celle della prigione, ma anche quelle dell'arte, dove si
sta in pochi o da soli, sono per la chiarezza senza ombre del sole allo
zenit, che non nasconde nulla del bene e del male. Se la poesia regge a
questa gran luce, allora è vera poesia.
Il padre Nazim Hikmet
Bey è un funzionario di Stato, la madre, Aisha Dshalia, una pittrice.
Studia prima francese ad Istanbul, in Turchia, poi si iscrive
all'Accademia della Marina militare, ma è costretto ad abbandonarla per
problemi di salute.
Come lui stesso confessa
nella poesia "Autobiografia" (1962) comincia a fare il poeta a soli
quattordici anni, introducendo per la prima volta il verso libero nella
lingua poetica turca. La passione per la poesia gli viene trasmessa dal
nonno paterno, che, oltre che pascià e governatore di varie province, è
anche scrittore e poeta in lingua ottomana.
Durante la guerra di
indipendenza in Anatolia si schiera con Kemal Ataturk, ma rimane molto
deluso dagli ideali nazionalisti. Si iscrive così al partito comunista e
inizia la carriera di insegnante nella Turchia orientale. Nel 1922
purtroppo viene condannato per marxismo e sceglie l'esilio volontario in
Russia. Gli è infatti impossibile rimanere in patria, dove è oggetto di
una forte ostilità a causa della sua pubblica denuncia dei massacri
avvenuti in Armenia nel periodo 1915-1922. In Russia la sua vita cambia
radicalmente: si iscrive all'Università dei lavoratori d'Oriente e
studia alla facoltà di sociologia.
Grazie agli studi
universitari, viene in contatto con i grandi poeti e scrittori russi e
riesce persino a conoscere uno dei suoi maestri: il poeta Majakowsky.
Durante la permanenza in Russia si sposa, ma il matrimonio dura poco e
viene annullato a seguito del suo ritorno in Turchia nel 1928. Riesce a
tornare in patria, infatti, grazie all'amnistia generale. Il clima
persecutorio però che lo circonda si fa sempre più pesante e, siccome il
partito comunista è stato dichiarato illegale, lo stato turco non perde
l'occasione di arrestarlo usando a pretesto dei futilissimi motivi,
come l'affissione di manifesti illegali.
Nel periodo 1928-1936
Nazim Hikmet trascorre circa cinque anni in carcere, durante i quali
scrive ben cinque raccolte di versi e quattro poemi lunghi. Durante
questo periodo i suoi interessi letterari si diversificano ed, oltre
alle poesie, lavora alla stesura di romanzi e testi teatrali,
collaborando anche con alcuni giornali in qualità di giornalista e
correttore di bozze. Comie qualsiasi lavoro, anche il rilegatore, pur di
mantenere sua madre (rimasta vedova), la sua seconda moglie e i figli
di lei.
Nel 1938 Hikmet viene
arrestato con l'accusa di aver incitato la marina turca alla rivolta con
le sue poesie. Sembra, infatti, che i marinai amino leggere il suo
poema "L'epopea di Sherok Bedrettini" che racconta della rivolta dei
contadini contro l'impero ottomano nel 1500. La condanna è durissima:
ben ventotto anni di carcere. Rimane in prigione per quattordici lunghi
anni, durante i quali scrive le sue poesie più significative. I libri di
Nazim Hikmet vengono tradotti in tutto il mondo e la sua fama di poeta
cresce ovunque tranne che in patria, dove, come dovrà ammettere lui
stesso con rammarico, le sue poesie non vedranno mai la luce nella loro
lingua originale.
Ne chiede la
scarcerazione una commissione internazionale tra i cui membri ci sono
anche Jean Paul Sartre e Pablo Picasso. Il poeta continua la sua dura
battaglia contro il governo turco e dà vita a ad uno sciopero della fame
della durata di 18 giorni, a seguito dei quali è vittima di un attacco
cardiaco. Durante il periodo di prigionia, divorzia dalla seconda moglie
per sposare una traduttrice dalla quale avrà un figlio. Grazie
all'intercessione della commissione internazionale, viene scarcerato nel
1949, ma è vittima di ben due tentativi di assassinio che lo
costringono a fuggire nuovamente a Mosca. Tutto questo accanimento
contro Hikmet, che lo stato tenta addirittura di mandare al fronte
nonostante la salute sia malconcia dopo l'attacco cardiaco, contrasta
con i riconoscimenti internazionali che gli vengono tributati, tra i
quali il Nobel per la pace nel 1950.
L'ultima fuga di Hikmet
all'estero è quasi un romanzo d'avventura: parte con una barchetta da
Istanbul, ma mentre tenta di attraversare il Bosforo viene colto da una
tormenta. Il caso vuole che riesca ad attirare l'attenzione di una nave
bulgara, urlando il suo nome. Ma per quanto la nave segnali di averlo
visto, non effettua nessun tentativo di salvataggio. Nazim quasi dispera
di potersi salvare, quando la nave si avvicina e gli consente di salire
a bordo. Nella cabina del capitano si ritrova di fronte ad un
manifestino con la sua foto e la scritta "Salvate Nazim Hikmet". Il
capitano aveva quindi impiegato un po' di tempo a salvarlo solo per
ricevere indicazioni sul da farsi dal governo di Bucarest.
Si trasferisce così
nuovamente a Mosca. La Turchia intanto lo priva della cittadinanza. E'
la Polonia a conferirgli una nuova cittadinanza, grazie all'esistenza di
un vecchio progenitore da cui, secondo Nazim, derivano i suoi capelli
rossi. Di nuovo a Mosca nel 1960, divorzia dalla terza moglie per
sposare la giovanissima Vera Tuljakova.
Nazim Hikmet muore a
causa di una crisi cardiaca il 3 giugno del 1963. Nel 2002, nel
centenario della sua nascita, il governo turco, grazie ad una petizione
firmata da oltre mezzo milione di cittadini, gli ha finalmente
restituito la cittadinanza toltagli nel 1951. (Fonte)
La
vita non è uno scherzo. / Prendila sul serio, / come fa lo scoiattolo,
ad esempio, / senza aspettarti nulla / dal di fuori o nell'al di là. /
Non avrai altro da fare che vivere. (Alla vita)
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