'GNAZIU CUNTASTORIE A MARINEO
"Datimi na vuci putenti
ca pueta mi sentu"
"Datimi na vuci putenti
ca pueta mi sentu"
Studi
recenti hanno evidenziato il carattere fortemente selettivo della memoria
umana. Oggi si sa molto più di ieri sul suo
funzionamento. Si è compresa,
soprattutto,
la ragione per cui non si può ricordare tutto nella vita, rilevando
anche
l’utilità della dimenticanza e la sua necessità biologica.
Ma ci
sono cose e persone che non si possono dimenticare. Tra queste,
per
me, occupa un posto centrale Ignazio Buttitta (1899-1997).
Devo,
infatti, in gran parte a lui la mia prima iniziazione politica. Più
precisamente ad un suo testo – il famoso Lamentu
pi la morti di Turiddu Carnivali – scritto dal poeta nel 19561, che ho
sentito cantare, per la prima volta nei primi anni sessanta,
dall’indimenticabile Cicciu Busacca. La voce tagliente di questo grande
cantastorie è penetrata nel profondo del mio cuore quando avevo meno di
quindici anni e da allora la sento ancora risuonare dentro di me insieme agli
splendidi versi del poeta:
Ancilu
era e nun avia l’ali
nun
era santu e miraculi facia
ncelu
acchianava senza cordi e scali
e
senza appidamenti nni scinnia
era
l’amuri lu so capitali
e
sta ricchizza a tuttila spartìa
Turiddu
Carnivali nnuminatu
e
comu Cristu murìu ammazzatu
Vincenzo
Consolo mi sembra quello che meglio di tutti ha spiegato le ragioni della forza
di questo testo:
Mai forse
come in quel momento la poesia era stata così dentro la verità (…). Mai forse
così dentro la verità, la poesia, per i gesti e la voce del poeta, per il
linguaggio e il sentimento, così dialettali e diretti, così corrispondenti al
linguaggio e al sentimento di quelli che lo ascoltavano.2
Mauro
Geraci in un suo bel saggio3 ha
documentato i rapporti stretti che hanno legato in vita Ignazio Buttitta e
Cicciu Busacca e nel Convegno che abbiamo organizzato credo che fornirà
ulteriori elementi che aiutino a capire le ragioni della feconda collaborazione
che c’è stata tra i due. Erano entrambi dei grandi cuntastorie: Cicciu e‘Gnaziu
hanno formato una coppia davvero straordinaria. Insieme, oltre a girovagare con
i poveri mezzi del tempo per i paesi della Sicilia contadina, hanno girato il
mondo - da Roma a Parigi, da Milano a Mosca – ottenendo consensi dappertutto.
Secondo
alcuni studiosi Ignazio Buttitta ha avuto poco a che fare con la poesia colta,
e nulla a che fare con “quella pletorica (…) arcadietta di nostalgici di colore
locale che scrivono in dialetto le loro malinconie”4; più
articolato e problematico è stato il giudizio di P.P.Pasolini5 sul poeta
siciliano. Ma non c’è lo spazio quì per approfondire la questione.
Con
Marineo il poeta ha avuto un rapporto speciale. Infatti, oltre a dedicare
alcune sue composizioni al paese, ha dato il suo generoso contributo alle feste
della sezione del PCI locale e contribuito in maniera decisiva al successo del
Premio Internazionale di Poesia “Citta
di Marineo”.
Marineo
lì 5 settembre 2010 Franco Virga
1 Il testo ha avuto una prima
edizione nel 1956 ed una seconda, riveduta e corretta, incisa nel disco intitolato
“Lu trenu di lu suli”, nel 1963.
2 V. Consolo, Un poeta popolare, Il
Mattino, 30.10.1993
3 M. Geraci, Le ragioni dei
cantastorie. Poesia e realtà nella cultura popolare del Sud, Roma 1996.
4 Giorgio Caproni, cit. da Gian Luigi
Beccaria, Diualetto, letteratura e Buttitta, in Atti del Convegno organizzato
dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Universita di Palermo nel dicembre
2000, pag.43.
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