30 novembre 2013

RILEGGERE POUND





Andrea Consonni

 Come e perché il pensiero di Pound salverà il mondo


“Usura soffoca il figlio nel ventre arresta il giovane amante cede il letto a vecchi decrepiti, si frappone fra giovani sposi. Contro natura, A Eleusi han portato puttane carogne crapulano ospiti d’usura”. Premessa: questa non è una recensione ma uno sfogo di sentimenti. Adriano Scianca, responsabile nazionale per la cultura di Casa Pound, nonché giornalista presso Libero, Il Secolo d’Italia, FareFuturo, ha scritto un saggio, “Ezra fa surf – Come e perché il pensiero di Pound salverà il mondo” (zero91), potente, cattivo, affascinante, contraddittorio, politicamente schierato, furbo, scorretto, poetico, accattivante, noioso, retorico, commovente, mai addomesticato. “Ezra fa surf” sull'onda scatenata da questo saggio che pretende lettori girovaghi fra le rovine di questo mondo, vogliosi di rompere le catene che impediscono loro di respirare, di camminare, di gioire dell'esistenza. In queste settimane mi sono spiaggiato fra recensioni, interviste, scritti insapori, l’ho sottoposto a conoscenti e mi hanno fatto storcere il naso le loro parole di risposta, le loro reazioni: un misto di orrore e di accuse a priori, di rifiuti saccenti e il timore di aprire gli occhi, di ricredersi e di percorrere nuove strade, nuovamente contraddittorie, splendenti, solitarie. Dalle loro bocche usciva fiato a costruire domane del tipo: “Ma come fai a leggere qualcosa del genere?” oppure: “Ma sei sicuro di star bene? O “Tu che leggi un saggio scritto da un fascista su un altro fascista?”. Fiato mefitico sopra fiato mefitico che costruisce steccati, differenze, ferite, internamenti. E intanto leggevo e rileggevo, ignorando le stringenti categorie di giusto e sbagliato, di Bene e Male, di corretto e scorretto, di opportuno e inopportuno.

Sorridendo di fronte al quesito: “Cosa vuoi che ci sia di interessante in uno scritto economico di Ezra Pound? Era solo un poeta” che vorrebbe contenere chissà quale verità, quando sin dalla nascita siamo stati allevati a convalidare programmi elettorali farsa, annichilenti di qualsiasi futuro, a digerire sogni costruiti in Borsa e nei loculi di qualche piramide finanziaria o ad ascoltare uomini come Jobs, Bezos, Soros, Draghi manco fossero dei nuovi profeti o a inginocchiarci di fronte a palchi di programmi televisivi eretti in onore della democrazia della Rete o di altre amenità varie. Ecco, un essere umano che ha prestato attenzione a questo genere di scemenze è difficile che possa rapportarsi a un uomo come Ezra Pound senza provare irritazione, ribrezzo, senza esprimere giudizi da pena capitale. La concretezza carnale, la follia creatrice, la fantasia delle parole che oltrepassano le epoche latitano in questa generazione di mele digitali e opportunismi venduti come venti di rivoluzione. Ma in fin dei conti cos'è questo strano oggetto librario che si fa carne, sangue e spirito e che parla di uno dei più grandi poeti della storia? Lancinante, distruttiva, offensiva nei miei riguardi, salvifica, è in primis la prefazione di Pietrangelo Buttafuoco che parte in questo modo: “Non sono le catene che offendono i poeti, che anzi nella storia le hanno portate spesso e volentieri, talora sublimandole in gioielli , come faceva il Brasillach rinchiuso nello stesso periodo in altri carceri democratici. Il più grosso oltraggio che la democrazia ha commesso nei confronti di Ezra Pound non è di averlo rinchiuso nella “gabbia di gorilla”. Né, di per sé, il fatto di averlo cacciato per tredici anni nel “buco d’inferno” del St. Elizabeth's. La vergogna vera e sanguinante del caso Pound non è dunque la violenza del potere nemico del bello e del buono ma la morale. Il peccato originale dell'Occidente non è la forza, ma l’incapacità di darle il sigillo del sacro, dovendo così ripiegare sulla più modesta giustificazione morale. Ecco, ciò che deve essere stato davvero insopportabile per Pound non è tanto il rumore del chiavistello che risuona sordo alle spalle ma il sibilo fastidioso dell'ultimo uomo che tutto giudica e tutto misura sulla propria piccolezza. Potevano rinchiuderlo solamente, Pound. E invece l’hanno anche giudicato. Errore fatale.” (pag 9). E si chiude in quest'altro: “Non rinnegare: il primo comandamento di un’etica del pensiero forte. Ed è un piacere leggere nelle pagine che seguono di un Pound schierato a difesa degli amici che hanno combinato guai in una serata di bagordi etilici o anche seguirlo mentre litiga con i funzionari dell'ambasciata che pretendevano, orrore, di fargli fare la spia a danno dei suoi amici fascisti. Non rinnegare, appunto. Le idee come gli amici. E neanche i discepoli con il gusto della provocazione.” (pag. 13).

II saggio, dopo una densissima introduzione, è diviso in tre sezioni distinte: 1) “With Usura…” L'abc della crisi; 2) Il poeta libertario e 3) Essere Mediterraneo Scianca si fa prendere per mano da Pound e ne utilizza le opere, ne analizza i pensieri, la vita, i legami col fascismo, con la religione, con gli economisti per descrivere la società di oggi e di ieri e per sparare addosso al lettore spunti di riflessione critica. L’autore delinea un quadro, ampiamente risaputo, della situazione socio-economica attuale: crisi economico/finanziaria, strapotere delle banche, spread, governanti incapaci e colpevoli che rischia di far scivolare il saggio nella pedanteria e che si risolleva invece, facendosi interessante e provocatorio, quando Scianca sembra disfarsi delle briglie lasciando che a parlare e mescolarsi liberamente alle parole di Pound siano la sua/nostra mente, il cuore, le viscere, la bocca, le lacrime, il sesso, la rabbia. Riflessioni che portano a un obiettivo dichiarato da contrastare: l’ Usura, in tutte le sue sfumare. Ed è sufficiente entrare in una banca, in un’assicurazione, in una posta, in una scuola, in un ospedale, in un asilo, nelle nostre case, nel nostro letto, con gli occhi, mentre dormiamo, mangiamo, camminiamo per comprendere quanto siamo vittime dell'Usura legalizzata fattasi Sistema. “Con Usura nessuno ha una solida casa Di pietra squadrata e liscia (…) Non si dipinge per tenersi arte In casa, ma per vendere e vendere Preso con profitto”. Usura che connota ogni aspetto dell'esistenza, che trasforma la moneta in una nuova divinità. Senza soldi non sei nulla. Lavori per il denaro. Sei truffato dal denaro. Ti uccidi per il denaro. Pur se Pound non disprezzerà mai il denaro in sé (così come la banca) ma giudicandolo in base all'utilizzo che se ne fa e se è portatori di sfruttamento o sovranità, di lavoro o alienazione. Scrive l’autore: “I soldi che mancano agli Stati, ai popoli, ai lavoratori e alle famiglie escono invece fuori dal cilindro per salvare le banche. Stregoneria? No, alta finanza. Ma in questo modo la promessa del credito è tradita per sempre e la fede acquisisce i caratteri del monoteismo esistenzialista stile Scuola di Francoforte: l’attesa di un dio di cui si sa già che non verrà mai. Sul quale, tuttavia, non cessiamo di interrogarci. Ed è proprio la necessità pressante di questa domanda che ci riporta dritti dritti in direzione del poeta di Hailey. La centralità, la pervasività della fede nel denaro, infatti, non fanno che ribadire l’attualità del pensiero poundiano. Se ormai da diversi secoli “l’economia è il nostro destino”, è per merito del poeta statunitense e di pochissimi altri che l’analisi relativa a tale destino si è concentrata sullo strumento economico per eccellenza – il denaro – e non piuttosto sui suoi effetti. Quella che molti critici definiranno come una ossessione, una mania per la moneta – per la moneta, si badi, non genericamente “per l’economia” – costituisce quindi il principale punto di forza dell'analisi poundiana, il vero elemento di originalità e di chiaroveggenza del suo pensiero. Pound non ha certo inventato gli studi economici, che ha anzi approcciato egli stesso con discontinuità e dilettantismo, né è stato il primo artista a inserire preoccupazione di carattere economico nei suoi testi. Non sta certo qui la sua grandezza. Il punto, come ha ricordato in vari libri, articoli e conferenze Giano Accame, è che almeno dalla metà dell'Ottocento fino agli ultimi scampoli del secolo successivo, l’analisi economica è stata centrata su tutt'altra direttrice. Il demone che ha segnato tutta un’epoca è stato quella della lotta di classe.” (pp. 87-88).

Pound sembra parlare anche a questa generazione precaria (“precario” è un termine semplificatorio, vuoto che detesto e non perché secondo le statistiche io sarei un “precario” in tutti i sensi), a questo 40% di giovani senza lavoro o troppo sfiduciati anche solo di cercarlo, perché secondo Scianca: “Pound compie un’operazione ben più sottile e, con il senno di poi, più profetica: egli introduce per la prima volta la categoria dell’ansia in un contesto politico economico. L’ansia di cercare lavoro, di perderlo, di vedersi rinnovato il contratto a termine, di arrivare, di riuscire a conservare un tetto sulla testa, di riuscire a sposarsi e mettere su famiglia. “Senza lavoro, sperare è follia”, leggiamo nel c. 53. E ancora, con parole a dir poco profetiche rispetto a tempi come i nostri in cui i contratti a termine la fanno da padrone: “La libertà dalla preoccupazione, inerente alla ragionevole certezza di conservare il proprio lavoro, deve valere almeno il 25 per cento di OGNI reddito.” (pp. 97-98) E così via. Come se in maniera profetica Pound avesse toccato con le sue qualsiasi tema, seppur è bene ricordare, e lo stesso autore lo fa, che Pound, pur essendosi documentato in maniera puntigliosa, rimase sempre un dilettante economico. I suoi erano più illuminazioni, squarci nell'oscurità. Sintetizzando si potrebbero riportare i tre elementi cardine del pensiero poundiano, visione che deriva dalle tesi di Clifford Hugh Douglas. Ecco i tre elementi: “1) il denaro non è una merce, ma una convenzione sociale; 2) neanche il lavoro è una merce, ma è piuttosto il fondamento della ricchezza; 3) lo Stato dispone del credito, non è quindi necessario che si indebiti con banche private.” (pag. 117) Tesi di buon senso che qualcuno giudicherà fin troppo banali ma a furia di continuare a definire banale il buon senso siamo arrivati a parlare di spread, di borse, di titoli, di investimenti off-shore, a non capire più nulla di quello che mangiamo, di cosa succede ai nostri soldi, alle nostre pensioni, al nostro futuro. Banale per banale, preferisco il banale di Pound. E scrivendo di tutto ciò ho parlato solo di un terzo del libro, il resto è da colpo alle reni anche solo per titoli come “Pound l'anti-Fallaci” (leggetelo e scommetto che se vi irritava la Fallaci vi irriterà anche questo capitolo), “Le onde, la pietra, la luce: geofilosofia poundiana”, “Un poeta pacifista (ma non troppo)”.

Questo libro mi è arrivato in un file adobe da Adriano Angelini, l’ho stampato in copia solo fronte e ne è uscita un mattone di 320 pagine. A furia di leggerlo, rileggerlo, sottolinearlo, di cerchiare numeri di pagina, a scrivere a penna sui bordi “che stupidaggine”, “da cercare”, il bianco è diventato opaco, quasi ocra, in alcuni punti si è annerito completamente e mi ricorda una copia di un libro proibito custodito in nella biblioteca di un’abbazia nascosta fra le montagne. È uno dei più bei libri che io abbia letto ultimamente. Imperfetto, sicuramente schierato (l’ultima parte evidenzia chiaramente le differenze fra il sottoscritto e l’autore. E l’ho ripreso fra le mani in questi giorni in attesa che mia sorella riparta per l’Egitto e pensando a lei che conosce a menadito il greco, il latino, l’italiano, l’arabo e che ogni volta che torna a casa mi parla della bellezza del Mediterraneo, di questo mare dove sono seppelliti migliaia di uomini e donne e bambini in cerca di fortuna e che è stata la culla delle civiltà da cui in parte arriviamo noi stessi. Questo saggio si chiude proprio con una dedica al Mediterraneo: “Il Mediterraneo come luogo dell'anti-crisi. Della libertà, della sovranità, del lavoro. Asse che non vacilla dei destini del mondo. Acqua nutrice da cui innalzarsi per tornare a vendemmiare gli astri.” Vendemmiare gli astri. Per il sottoscritto Ezra Pound ha la voce e il volto delle due professoresse che me lo fecero conoscere e che m’insegnarono tutto in collegio. Mi indicarono la strada. Mi diedero conforto. Corressero molti miei errori. Mi costrinsero al silenzio. Seppero ascoltare e confortare. Non so se il pensiero di Pound salverà il mondo, di certo ti aiuta a guardare al futuro.

Edizione esaminata e brevi note:

Adriano Scianca è nato a Orvieto (Tr) nel 1980. Laureato in Filosofia alla Sapienza di Roma, giornalista professionista, collabora o ha collaborato con vari giornali, riviste e siti web fra cui Libero, Il Secolo d’Italia, FareFuturo, Charta Minuta. Ha curato il libro Dove va la biopolitica? (Settimo Sigillo) e ha scrittoRiprendersi tutto (Barbarossa), quest’ultimo tradotto anche in francese per le Editions du Rubicon. È responsabile nazionale per la cultura di CasaPound Italia fin dalla nascita del movimento (2008).
Adriano Scianca, “Ezra fa surf. Come e perché il pensiero di Pound salverà il mondo”, Milano, zero91, 2013.

Andrea Consonni, novembre 2013

Nessun commento:

Posta un commento