Andrea Consonni
Come e perché il pensiero di Pound salverà il mondo
“Usura soffoca il figlio nel ventre
arresta il giovane amante cede il letto a vecchi decrepiti, si frappone
fra giovani sposi. Contro natura, A Eleusi han portato puttane carogne
crapulano ospiti d’usura”. Premessa: questa non è una recensione ma uno
sfogo di sentimenti. Adriano Scianca, responsabile nazionale per la
cultura di Casa Pound, nonché giornalista presso Libero, Il Secolo
d’Italia, FareFuturo, ha scritto un saggio, “Ezra fa surf – Come e
perché il pensiero di Pound salverà il mondo” (zero91), potente,
cattivo, affascinante, contraddittorio, politicamente schierato, furbo,
scorretto, poetico, accattivante, noioso, retorico, commovente, mai
addomesticato. “Ezra fa surf” sull'onda scatenata da questo saggio che
pretende lettori girovaghi fra le rovine di questo mondo, vogliosi di
rompere le catene che impediscono loro di respirare, di camminare, di
gioire dell'esistenza. In queste settimane mi sono spiaggiato fra
recensioni, interviste, scritti insapori, l’ho sottoposto a conoscenti e
mi hanno fatto storcere il naso le loro parole di risposta, le loro
reazioni: un misto di orrore e di accuse a priori, di rifiuti saccenti e
il timore di aprire gli occhi, di ricredersi e di percorrere nuove
strade, nuovamente contraddittorie, splendenti, solitarie. Dalle loro
bocche usciva fiato a costruire domane del tipo: “Ma come fai a leggere
qualcosa del genere?” oppure: “Ma sei sicuro di star bene? O “Tu che
leggi un saggio scritto da un fascista su un altro fascista?”. Fiato
mefitico sopra fiato mefitico che costruisce steccati, differenze,
ferite, internamenti. E intanto leggevo e rileggevo, ignorando le
stringenti categorie di giusto e sbagliato, di Bene e Male, di corretto e
scorretto, di opportuno e inopportuno.
Sorridendo di fronte al quesito: “Cosa
vuoi che ci sia di interessante in uno scritto economico di Ezra Pound?
Era solo un poeta” che vorrebbe contenere chissà quale verità, quando
sin dalla nascita siamo stati allevati a convalidare programmi
elettorali farsa, annichilenti di qualsiasi futuro, a digerire sogni
costruiti in Borsa e nei loculi di qualche piramide finanziaria o ad
ascoltare uomini come Jobs, Bezos, Soros, Draghi manco fossero dei nuovi
profeti o a inginocchiarci di fronte a palchi di programmi televisivi
eretti in onore della democrazia della Rete o di altre amenità varie.
Ecco, un essere umano che ha prestato attenzione a questo genere di
scemenze è difficile che possa rapportarsi a un uomo come Ezra Pound
senza provare irritazione, ribrezzo, senza esprimere giudizi da pena
capitale. La concretezza carnale, la follia creatrice, la fantasia delle
parole che oltrepassano le epoche latitano in questa generazione di
mele digitali e opportunismi venduti come venti di rivoluzione. Ma in
fin dei conti cos'è questo strano oggetto librario che si fa carne,
sangue e spirito e che parla di uno dei più grandi poeti della storia?
Lancinante, distruttiva, offensiva nei miei riguardi, salvifica, è in
primis la prefazione di Pietrangelo Buttafuoco che parte in questo modo:
“Non sono le catene che offendono i poeti, che anzi nella storia le
hanno portate spesso e volentieri, talora sublimandole in gioielli ,
come faceva il Brasillach rinchiuso nello stesso periodo in altri
carceri democratici. Il più grosso oltraggio che la democrazia ha
commesso nei confronti di Ezra Pound non è di averlo rinchiuso nella
“gabbia di gorilla”. Né, di per sé, il fatto di averlo cacciato per
tredici anni nel “buco d’inferno” del St. Elizabeth's. La vergogna vera e
sanguinante del caso Pound non è dunque la violenza del potere nemico
del bello e del buono ma la morale. Il peccato originale dell'Occidente
non è la forza, ma l’incapacità di darle il sigillo del sacro, dovendo
così ripiegare sulla più modesta giustificazione morale. Ecco, ciò che
deve essere stato davvero insopportabile per Pound non è tanto il rumore
del chiavistello che risuona sordo alle spalle ma il sibilo fastidioso
dell'ultimo uomo che tutto giudica e tutto misura sulla propria
piccolezza. Potevano rinchiuderlo solamente, Pound. E invece l’hanno
anche giudicato. Errore fatale.” (pag 9). E si chiude in quest'altro:
“Non rinnegare: il primo comandamento di un’etica del pensiero forte. Ed
è un piacere leggere nelle pagine che seguono di un Pound schierato a
difesa degli amici che hanno combinato guai in una serata di bagordi
etilici o anche seguirlo mentre litiga con i funzionari dell'ambasciata
che pretendevano, orrore, di fargli fare la spia a danno dei suoi amici
fascisti. Non rinnegare, appunto. Le idee come gli amici. E neanche i
discepoli con il gusto della provocazione.” (pag. 13).
II saggio, dopo una densissima
introduzione, è diviso in tre sezioni distinte: 1) “With Usura…” L'abc
della crisi; 2) Il poeta libertario e 3) Essere Mediterraneo Scianca si
fa prendere per mano da Pound e ne utilizza le opere, ne analizza i
pensieri, la vita, i legami col fascismo, con la religione, con gli
economisti per descrivere la società di oggi e di ieri e per sparare
addosso al lettore spunti di riflessione critica. L’autore delinea un
quadro, ampiamente risaputo, della situazione socio-economica attuale:
crisi economico/finanziaria, strapotere delle banche, spread, governanti
incapaci e colpevoli che rischia di far scivolare il saggio nella
pedanteria e che si risolleva invece, facendosi interessante e
provocatorio, quando Scianca sembra disfarsi delle briglie lasciando che
a parlare e mescolarsi liberamente alle parole di Pound siano la
sua/nostra mente, il cuore, le viscere, la bocca, le lacrime, il sesso,
la rabbia. Riflessioni che portano a un obiettivo dichiarato da
contrastare: l’ Usura, in tutte le sue sfumare. Ed è sufficiente entrare
in una banca, in un’assicurazione, in una posta, in una scuola, in un
ospedale, in un asilo, nelle nostre case, nel nostro letto, con gli
occhi, mentre dormiamo, mangiamo, camminiamo per comprendere quanto
siamo vittime dell'Usura legalizzata fattasi Sistema. “Con Usura
nessuno ha una solida casa Di pietra squadrata e liscia (…) Non si
dipinge per tenersi arte In casa, ma per vendere e vendere Preso con
profitto”. Usura che connota ogni aspetto dell'esistenza, che trasforma
la moneta in una nuova divinità. Senza soldi non sei nulla. Lavori per
il denaro. Sei truffato dal denaro. Ti uccidi per il denaro. Pur se
Pound non disprezzerà mai il denaro in sé (così come la banca) ma
giudicandolo in base all'utilizzo che se ne fa e se è portatori di
sfruttamento o sovranità, di lavoro o alienazione. Scrive l’autore: “I
soldi che mancano agli Stati, ai popoli, ai lavoratori e alle famiglie
escono invece fuori dal cilindro per salvare le banche. Stregoneria? No,
alta finanza. Ma in questo modo la promessa del credito è tradita per
sempre e la fede acquisisce i caratteri del monoteismo esistenzialista
stile Scuola di Francoforte: l’attesa di un dio di cui si sa già che non
verrà mai. Sul quale, tuttavia, non cessiamo di interrogarci. Ed è
proprio la necessità pressante di questa domanda che ci riporta dritti
dritti in direzione del poeta di Hailey. La centralità, la pervasività
della fede nel denaro, infatti, non fanno che ribadire l’attualità del
pensiero poundiano. Se ormai da diversi secoli “l’economia è il nostro
destino”, è per merito del poeta statunitense e di pochissimi altri che
l’analisi relativa a tale destino si è concentrata sullo strumento
economico per eccellenza – il denaro – e non piuttosto sui suoi effetti.
Quella che molti critici definiranno come una ossessione, una mania per
la moneta – per la moneta, si badi, non genericamente “per l’economia” –
costituisce quindi il principale punto di forza dell'analisi poundiana,
il vero elemento di originalità e di chiaroveggenza del suo pensiero.
Pound non ha certo inventato gli studi economici, che ha anzi
approcciato egli stesso con discontinuità e dilettantismo, né è stato il
primo artista a inserire preoccupazione di carattere economico nei suoi
testi. Non sta certo qui la sua grandezza. Il punto, come ha ricordato
in vari libri, articoli e conferenze Giano Accame, è che almeno dalla
metà dell'Ottocento fino agli ultimi scampoli del secolo successivo,
l’analisi economica è stata centrata su tutt'altra direttrice. Il demone
che ha segnato tutta un’epoca è stato quella della lotta di classe.”
(pp. 87-88).
Pound sembra parlare anche a questa
generazione precaria (“precario” è un termine semplificatorio, vuoto che
detesto e non perché secondo le statistiche io sarei un “precario” in
tutti i sensi), a questo 40% di giovani senza lavoro o troppo sfiduciati
anche solo di cercarlo, perché secondo Scianca: “Pound compie
un’operazione ben più sottile e, con il senno di poi, più profetica:
egli introduce per la prima volta la categoria dell’ansia in un contesto
politico economico. L’ansia di cercare lavoro, di perderlo, di vedersi
rinnovato il contratto a termine, di arrivare, di riuscire a conservare
un tetto sulla testa, di riuscire a sposarsi e mettere su famiglia.
“Senza lavoro, sperare è follia”, leggiamo nel c. 53. E ancora, con
parole a dir poco profetiche rispetto a tempi come i nostri in cui i
contratti a termine la fanno da padrone: “La libertà dalla
preoccupazione, inerente alla ragionevole certezza di conservare il
proprio lavoro, deve valere almeno il 25 per cento di OGNI reddito.”
(pp. 97-98) E così via. Come se in maniera profetica Pound avesse
toccato con le sue qualsiasi tema, seppur è bene ricordare, e lo stesso
autore lo fa, che Pound, pur essendosi documentato in maniera
puntigliosa, rimase sempre un dilettante economico. I suoi erano più
illuminazioni, squarci nell'oscurità. Sintetizzando si potrebbero
riportare i tre elementi cardine del pensiero poundiano, visione che
deriva dalle tesi di Clifford Hugh Douglas. Ecco i tre elementi: “1) il
denaro non è una merce, ma una convenzione sociale; 2) neanche il lavoro
è una merce, ma è piuttosto il fondamento della ricchezza; 3) lo Stato
dispone del credito, non è quindi necessario che si indebiti con banche
private.” (pag. 117) Tesi di buon senso che qualcuno giudicherà fin
troppo banali ma a furia di continuare a definire banale il buon senso
siamo arrivati a parlare di spread, di borse, di titoli, di investimenti
off-shore, a non capire più nulla di quello che mangiamo, di cosa
succede ai nostri soldi, alle nostre pensioni, al nostro futuro. Banale
per banale, preferisco il banale di Pound. E scrivendo di tutto ciò ho
parlato solo di un terzo del libro, il resto è da colpo alle reni anche
solo per titoli come “Pound l'anti-Fallaci” (leggetelo e scommetto che
se vi irritava la Fallaci vi irriterà anche questo capitolo), “Le onde,
la pietra, la luce: geofilosofia poundiana”, “Un poeta pacifista (ma non
troppo)”.
Questo libro mi è arrivato in un file
adobe da Adriano Angelini, l’ho stampato in copia solo fronte e ne è
uscita un mattone di 320 pagine. A furia di leggerlo, rileggerlo,
sottolinearlo, di cerchiare numeri di pagina, a scrivere a penna sui
bordi “che stupidaggine”, “da cercare”, il bianco è diventato opaco,
quasi ocra, in alcuni punti si è annerito completamente e mi ricorda una
copia di un libro proibito custodito in nella biblioteca di un’abbazia
nascosta fra le montagne. È uno dei più bei libri che io abbia letto
ultimamente. Imperfetto, sicuramente schierato (l’ultima parte evidenzia
chiaramente le differenze fra il sottoscritto e l’autore. E l’ho
ripreso fra le mani in questi giorni in attesa che mia sorella riparta
per l’Egitto e pensando a lei che conosce a menadito il greco, il
latino, l’italiano, l’arabo e che ogni volta che torna a casa mi parla
della bellezza del Mediterraneo, di questo mare dove sono seppelliti
migliaia di uomini e donne e bambini in cerca di fortuna e che è stata
la culla delle civiltà da cui in parte arriviamo noi stessi. Questo
saggio si chiude proprio con una dedica al Mediterraneo: “Il
Mediterraneo come luogo dell'anti-crisi. Della libertà, della sovranità,
del lavoro. Asse che non vacilla dei destini del mondo. Acqua nutrice
da cui innalzarsi per tornare a vendemmiare gli astri.” Vendemmiare gli
astri. Per il sottoscritto Ezra Pound ha la voce e il volto delle due
professoresse che me lo fecero conoscere e che m’insegnarono tutto in
collegio. Mi indicarono la strada. Mi diedero conforto. Corressero molti
miei errori. Mi costrinsero al silenzio. Seppero ascoltare e
confortare. Non so se il pensiero di Pound salverà il mondo, di certo ti
aiuta a guardare al futuro.
Edizione esaminata e brevi note:
Adriano Scianca è nato a
Orvieto (Tr) nel 1980. Laureato in Filosofia alla Sapienza di Roma,
giornalista professionista, collabora o ha collaborato con vari
giornali, riviste e siti web fra cui Libero, Il Secolo d’Italia,
FareFuturo, Charta Minuta. Ha curato il libro Dove va la biopolitica?
(Settimo Sigillo) e ha scrittoRiprendersi tutto (Barbarossa),
quest’ultimo tradotto anche in francese per le Editions du Rubicon. È
responsabile nazionale per la cultura di CasaPound Italia fin dalla
nascita del movimento (2008).
Adriano Scianca, “Ezra fa surf. Come e perché il pensiero di Pound salverà il mondo”, Milano, zero91, 2013.
Andrea Consonni, novembre 2013
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