Mentre il Corsera oggi si domanda come mai l'opera del famigerato Marchese non sia stata messa all' Indice dalla Chiesa Cattolica, sulle pagine culturali dei giornali italiani non si fa altro che parlare di Sade. Noi oggi riproponiamo quanto pubblicato dal SOLE 24 Ore la settimana scorsa:
Giuseppe Scaraffia
Il personaggio.
Indomito e nobile
Era stato un bambino biondo, altero e insufflato che il mondo doveva soddisfare i suoi capricci. Quando un augusto compagno di giochi, forte del suo rango, gli aveva fatto una prepotenza, Donatien Alphonse François non aveva esitato a tempestarlo di pugni. "La crudeltà, ben lontana dall'essere un vizio, è il primo sentimento impresso in noi dalla natura."
Allontanato dei genitori, Sade venne mandato dalla nonna che lo viziò teneramente, accentuando i suoi difetti. Poi fu affidato a uno zio abate, uomo colto, raffinato e libertino. Madame de Sade veniva da una ricca famiglia di recente nobiltà, lieta d'unirsi ai discendenti dalla Laura di Petrarca. Il marchese era innamorato della giovane sposa e desiderava molto dei figli. Lei lo ricambiava con foga. Nelle lettere lui lodava il «bellissimo» deretano e l'anima di Pélagie.
La sua prima detenzione, nel 1763, per "eccessi di dissolutezza" non incrinò la solidarietà di Pélagie. Nel 1772 la suocera era diventata la sua maggiore persecutrice. Al genero non erano bastate le attrici scandalosamente esibite nel castello, nè le prostitute seviziate. Poco dopo la nascita del terzo figlio, era fuggito in Italia con la giovane, innocente cognata.
Malgrado tutte le colpe del marito, la docile e sgraziata moglie non lo abbandonava, sempre pronta a tacitare col denaro le vittime dell'aggressivo erotismo del consorte. «Avete immaginato di far miracoli riducendomi a un'atroce astinenza, l'accusava Sade, ...è stato uno sbaglio: mi avete infiammato la mente, inducendomi a creare dei fantasmi che dovrò realizzare». Però restava sempre un padre. Al teorico dell'incesto la figlia pareva goffa e banale, "una buona, grossa massaia".
La storia fece irruzione nella cella della Bastiglia nel 1789, proprio quando Sade era riuscito a ottenere, sublime paradosso, una serratura interna. Nel saccheggio degli insorti andò (momentaneamente) smarrito anche lo sterminato serpente di carta delle 120 giornate di Sodoma.
Giunto al manicomio di Charenton con un ordine di carcerazione di "durata illimitata", per i reati di sodomia, avvelenamento e libertinaggio, Sade vi sarebbe rimasto fino all'anno seguente, quando la rivoluzione lo liberò. Abbandonate le ultime esitazioni, l'ex-marchese era entrato nella sezione delle Picche di Place Vendome. Pur adorando il re, detestava gli abusi della monarchia. «Cosa sono? Un aristocratico o un repubblicano? Ditemelo voi, per favore, perchè, per quel che mi riguarda, non ne capisco niente».
Il terribile inverno del '95 lo sorprese sprovvisto di tutto. L'inchiostro si gelava nel calamaio e Sade era costretto a tenerlo a bagnomaria. Nel '97 furono pubblicate la Nuova Justine e Juliette, in cui risuona l'eco della ferocia politica di quei giorni.
Nel 1801 il marchese fu arrestato e imprigionato, probabilmente su delazione del suo editore, benchè negasse la paternità di Juliette . L'obesità dei carcerati aveva cancellato quasi completamente la sua svelta figura. Soltanto gli occhi conservavano una strana luminosità, "come una brace morente tra i carboni spenti". Due anni dopo, su richiesta della famiglia, ansiosa di privarlo delle ultime proprietà Sade venne trasferito al manicomio di Charenton.
Nel testamento del 1806 chiese di essere seppellito in un bosco. Sopra le sue spoglie avrebbero dovuto seminare delle ghiande, in modo che, appena si fosse riformata la vegetazione, «le tracce della mia tomba scompaiano dalla faccia della terra...». Quando morì, il 2 dicembre 1814, lasciò il ricordo di un vecchio signore dai modi squisiti, che pronunciava le peggiori sconcezze con una voce dolcissima, mentre disegnava sulla sabbia del cortile delle figure oscene.
Il Sole 24 ore – 23
novembre 2014
Nessun commento:
Posta un commento