Una
mostra a Firenze racconta il mondo di Ardengo Soffici, a torto
considerato un minore.
Rachele Ferrario
Futurista, però a
modo suo (con le visioni di El Greco)
Pennelli e penna Ardengo
Soffici nel suo atelier in uno scatto che risale agli anni Venti a un
artista di visitare una mostra con voi e commentare le opere: noterà
dettagli e trucchi dell’arte che ai noi sfuggono. Soffici in questo
era un maestro, tanto da intuire il cambiamento culturale e andare a
Parigi (nel 1906, lo stesso anno di Boccioni) dove frequenta Picasso,
Braque, vede le opere degli impressionisti, del doganiere Rousseau,
di Cézanne, l’antesignano che ha reinventato la visione della
pittura moderna.
Per questo a Firenze
Soffici diventa punto di riferimento. Se De Chirico con la Metafisica
cambia l’iconografia (sempre a Firenze nel silenzio di un
pomeriggio d’autunno a Santa Croce), Soffici è uno dei tramiti per
chi vuole rinnovarsi e aggiornarsi su quanto accade a Parigi e in
Europa. Grazie a lui arriva la prima mostra degli Impressionisti —
nel 1910 al Lyceum — insieme alle sculture di Medardo Rosso, che in
pochi allora riconoscono.
La mostra Scoperte e
massacri porta il titolo di uno dei suoi libri di critica più
importanti, una raccolta di «stroncature» a Raffaello, a
Michelangelo, a Boccioni su La Voce, la più famosa, che gli costa
una scazzottata con Boccioni e i futuristi venuti in treno da Milano
al Caffè delle Giubbe Rosse per picchiarlo. Finiscono tutti al
commissariato; ma mentre attendono d’essere interrogati Soffici
scopre d’esser un po’ futurista. Nel 1913 con Papini fonderà
Lacerba, ispirato all’astruso poema di Cecco d’Ascoli e al suo
incipit provocatorio: «Qui non se canta al modo de le rane».
Soffici è futurista a
modo suo, non ama rincorrere l’idolo moderno, il Sfumature
simboliste Ardengo Soffici, Il bagno, 1905. In questo dipinto ci sono
echi di Puvis de Chavannes e di Maurice Denis movimento ma l’idea
di una pittura che reinterpreti la realtà con gli occhi della mente,
che esprima l’essenza delle cose. Accanto alle sue opere – tra
cui il ritratto donato dagli eredi e i pannelli per la Stanza dei
manichini di Bulciano – scorre la galleria dei «complici» del
Soffici pittore e critico con le opere che hanno illustrato i suoi
saggi: Picasso con Pipa, bicchiere, bottiglia di Vieux Marc (e
Lacerba) (1914), Braque con Natura morta con chitarra, (1912) — «se
pubblichiamo quella roba lì, non ci facciamo più credere da
nessuno» - aveva strillato allarmato Prezzolini; Cézanne, rosso e
un altro pioniere del moderno, El Greco, di cui Soffici coglie la
visionarietà.
Accanto a loro L'angelo
della vita di Segantini (una rivelazione per Soffici diciassettenne
agli Uffizi alla mostra su Botticelli), Puvis de Chavanne e Maurice
Denis. È anche grazie a loro che Soffici ha svecchiato laa cultura
fiorentina del novecento e dipinto poi la Toscana come «terra di
luce e alberi fioriti», a misura d'uomo.
Il Corriere della sera/La
Lettura – 2 ottobre 2016
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