26 dicembre 2016

F. SHEDIR DI PAOLA, Ognuno di noi non è che parola esiliata



Ora che fiumane d’ occhi giungono
e attraversano mondi senza speranze
che chiamiamo Occidente.

-Non meno profughi di noi, nelle nostre arenose certezze-

Negli occhi un futuro tenace gli appartiene.

A nulla varrà l’ostinazione di chi erge muri,
di chi sbarra paesi e sigilla confini.

Nessuno sa quanta forza abbia
quella disperazione, quanto coraggio, quale attesa.
Forza che non teme, ché scelta non ha,
se non fragile porta schiusa.

L’io civilizzato si trincera dietro la lingua.
Ma nessuna lingua può dire della speranza
mille volte più forte della semplice speranza,
o della forza mille volte più disperata.

-Ognuno non è che parola esiliata
nel suo bozzolo di pietra

molecole d’acqua, eritrociti in gabbia
in un infinito senza barriera e senza porta-

Si deve essere completezza, innata arte.
Non parola autoreferenziale, non numero o nota sola.
Perché l’uomo, la parola, il numero,
la nota sono congiunzione, rivelazione, della cifra
unicamente varia della creazione.

-Al microscopio di Dio
questa umanità è stilla di sangue.
Presenta anomalie, lacerazioni,
strane ombre. La cura,
ancora esangue-

Filomena Shedir Di Paola

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