La fine della storia secondo Luis Sepúlveda
di Guido MicheloneLa fine della storia del titolo è una frase pronunciata da uno dei tanti protagonisti del libro, che però assume una valenza epocale, arrivando a imprimere una svolta decisiva nel cammino dell’umanità politicamente coinvolta a Est e a Ovest, al Sud e al Nord del Pianeta: in mezzo alla Guerra Fredda e ai postumi del Crollo del Muro di Berlino, si inserisce la vicenda del romanzo, che, come accade sempre nei testi di Sepúlveda, ha in fondo come protagonista un eroe classico (proprio nel senso della mitologia greca) in mezzo a un’umanità variegata e composta, dantescamente, da assassini, spie, lacchè, traditori, voltagabbana. L’eroe, qui ormai anziano e stanco, si chiama Juan Belmonte, un militare cileno che, dopo aver combattuto per il socialismo nel suo paese e poi in Nicaragua, si presta a vivere l’ennesima battaglia, obbligato dall’intelligence russa, per una missione assai rischiosa. E, a questo punto, il libro è tutto un rincorrersi di situazioni narrate con la tecnica cinematografica del flash back e del montaggio alternato – un capitolo nell’attuale realtà latinoamericana, il seguente sul passato sovietico, e via dicendo – per condurre allo svelamento finale e scoprire poco alla volta cosa esiste dietro il mistero; si tratta, sul piano dell’organizzazione letteraria, di un meccanismo oliatissimo, che funziona alla perfezione, giacché il lettore non vede l’ora di andare avanti, di divorare le pagine per avere sempre maggiori chiarimenti su una questione intricata e perciò intrigante. Sepúlveda è abilissimo a raccontare, fin quasi a perdere di vista l’assunto ideologico, visto che le parti storiche risultano molto semplificate, quasi a parlare a un fruitore che non sappia niente di quanto accaduto in Cile, in Nicaragua, nella Russia nel XX secolo. Ma forse proprio qui sta il limite e il bello dei libri di Sepulveda, il quale, dietro i personaggi rivoluzionari (un po’ autobiografici, nostalgicamente) presenta una macchina affabulatoria, con cui pensare non tanto alla fine della Storia con la S maiuscola, quanto piuttosto all’epilogo di questo o quel personaggio, proprio come nei vecchi film hollywoodiani, complice una prosa scorrevole dal tratto international style o mainstream, per farsi leggere e capire ovunque. Ma non è forse questo il compito della letteratura? O è solo uno dei tanti doveri dello scrittore (e diritti del lettore)?
Sepulveda Luis, La fine della storia, Guanda, Milano 2016, pagine 201, € 17,00.
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