Alcune classi del liceo Leonardo di Giarre (CT) hanno preso parte, nei giorni 9 e 10
dicembre 2016, al convegno “Pier Paolo Pasolini e… la profezia del
Mediterraneo”,presso la Casa San Tommaso di Linguaglossa.
pagine di diario delle due giornate
9
dicembre 2016
Ho
partecipato, con alcuni compagni di scuola ed insegnanti, al
convegno “Pier Paolo Pasolini e… la
profezia del Mediterraneo” presso la Casa San Tommaso di
Linguaglossa. Ho trovato interessante il concetto di utopia pasoliniana
presentato dal professore Fernando Gioviale, che ha aperto il discorso con un
collegamento con il “Don Chisciotte” di Miguel de Cervantes Saavedra, uno
dei più celebri scrittori spagnoli del 1600. Don Chisciotte infatti, con il
contadino Sancho, aveva intrapreso un lungo viaggio per la Spagna medievale con
l’obbiettivo di combattere le ingiustizie difendendo i poveri dai ricchi
potenti. Il povero Don Chisciotte aveva però un sogno irrealizzabile, poiché la
sua visione di una società senza ingiustizie sociali non era coerente con
l'epoca. Secondo il relatore anche Pasolini, proprio come Don Chisciotte, aveva
intrapreso lo stesso viaggio attraverso le sue opere, rivelando le ingiustizie
e sofferenze soprattutto nelle povere borgate romane. Questa perpetua voglia di
denuncia, presente anche nei vari documentari, fa di Pasolini il maestro
dell’Utopia moderna. Il poeta tenta infatti continuamente di cercare il “sacro”
dove questo non c’è: nel film “Accattone” (1961), per esempio, il protagonista,
personaggio di un ambiente per nulla apparentemente sacro, conosce Stella,
donna ingenua e buona che introduce nel film un’atmosfera di grazia e di pace e
fa maggiormente risaltare le sofferenze umane-cristiane- in un mondo ai margini
della legalità. Questo mi ha fatto capire che anche dove il “sacro”
non c’è, o non è evidente, si ha sempre la possibilità di trovarlo se lo
si sa individuare. Pasolini,
secondo il professore Gioviale, può per questo essere considerato il
miglior cristiano ateo della contemporaneità. Nel convegno e poi in classe
abbiamo ascoltato e analizzato anche la poesia “Alì dagli occhi azzurri”,
scritta da Pasolini nel 1964. Nei suoi versi Pasolini riesce a descrivere quasi
nei dettagli il futuro dell’Italia e dell’Europa contemporanea che oggigiorno,
proprio come predetto dalla poesia, è diventata la meta dei poveri migranti che
cercano rifugio da condizioni estremamente difficili. Il contenuto rende dunque
la poesia una vera e propria profezia.
Stefano Pappalardo, 5 B
Il
convegno mi è stato utile per conoscere un esponente importante della cultura
italiana: non avevo mai sentito parlare di Pier Paolo Pasolini e venire a
conoscenza dei suoi ideali così singolari mi ha aiutato molto ad ampliare il
mio percorso personale di formazione. Ho apprezzato la passione con cui i
professori hanno esposto le loro idee e le loro proposte. In particolare Graziella Chiarcossi, cugina dello scrittore,
mi ha colpito molto per il suo entusiasmo nel ‘raccontare Pasolini’. Non
avevo mai avuto l’occasione di partecipare a convegni di alcun genere e questa
occasione mi è sembrata davvero efficace per ascoltare diversi punti di vista
su un argomento. Lo stesso giorno ci è stata data l’occasione di vedere uno dei
film realizzati da Pasolini, ‘Accattone’. Con questa pellicola il regista ha
mostrato sul grande schermo la quotidianità della classe povera di quel tempo,
che viveva nelle periferie delle grandi città senza alcuna speranza per un
miglioramento della propria condizione. A mio parere, con questo film Pasolini
è riuscito a lasciarci la consapevolezza che un uomo senza cibo né per lo
stomaco né per la mente sarà sempre costretto a camminare in un lungo e
immaginario circolo dove tutto è condannato a rimanere immutato
Federica Villari, 5 B
Conoscevo
già Pasolini poiché ne avevo sentito parlare durante un’edizione del “TG 1” in
cui si affrontava il caso della sua morte misteriosa, ma indubbiamente adesso
credo di sapere qualcosa in più, specialmente riguardo il suo modo di scrivere
e la sua produzione cinematografica. Il momento che mi ha maggiormente
colpito è stato il breve “conflitto” a cui hanno preso parte due docenti dalle
idee discordanti: ciò mi ha fatto comprendere che Pasolini può essere
analizzato da più punti di vista che possono essere perfino non coincidere.
L’esposizione
è stata complessivamente molto interessante anche se, a mio parere, gli alunni
avrebbero potuto essere coinvolti meglio nel corso della giornata.
Mario Nicotra, 5 B
10
dicembre 2016
Ho
avuto l’opportunità di partecipare ad un convegno dedicato esclusivamente alla
figura di Pasolini, al suo ricordo, a ciò che ha lasciato e ha predetto.
Un
primo ma centrale momento del convegno sul quale vorrei soffermarmi è stato
l’ intervento del professore universitario di filosofia, Francesco Coniglione, il quale ha proposto al
pubblico una propria reinterpretazione del binomio mito-utopia in
chiave pasoliniana, con la spiegazione dei due concetti di mito e utopia,
con differenze e analogie. La parte conclusiva è stata dedicata alla necessità
di costruire utopie per una serena prosecuzione della cultura occidentale,
riferimento cardine per tutte le altre culture nel mondo.
Ad
apertura del discorso, il professore ha anteposto una nota riflessione di
Pasolini, che oggi più che mai sembra incarnare i problemi sociali e
antropologici della nuova era:” l’odio per la cultura non è del capitalismo, né
del fascismo, l’odio per la cultura è della sotto-cultura, la cultura si
proietta nel futuro solo con la scienza o utopia, la sotto-cultura si proietta
nel futuro come speranza, e da qui deriva l’infelicità, poiché la speranza è
retorica, meschina, ricattatoria e ipocrita”. Proprio da questa idea
pasoliniana il relatore ha potuto edificare l’accattivante intervento,
arricchito da continue definizioni, con discrepanze e somiglianze, su mito e
utopia. La prima nota di discordanza, la prima peculiare distinzione, ha riguardato
la concezione del mito come sogno dell’immaginazione, dell’utopia
come sogno della ragione, della cultura. Da questa prospettiva non si può
concepire che l’utopia si fondi sulla speranza di un paradiso né tanto meno su
un perfezionamento etico-morale, bensì su un incremento della scienza e della
conoscenza, che permetterebbe all’uomo di fuoruscire da una condizione di
ferinità per accedere alla condizione ideale di una società perfetta.
Difatti nel Rinascimento e poi nell’Illuminismo, periodi dell’esaltazione della
ragione e della fiducia in essa nella convinzione che potesse
rappresentare l’unica via per giungere ad un conforto ontologico in seguito
alla buia era medioevale, si configura il culto della ragione, nasce la
convinzione che l’uomo possa costruirsi da sè grazie alle sue capacità
razionali, possa essere il fabbro del suo destino (homo faber fortunae suae).
Il concetto di utopia si presenta così come frutto della ragione umana:
la scienza si assume prepotentemente, con le proprie forze, il potere di
edificare una società perfetta. Un ulteriore ed ultimo aspetto analizzato ha
riguardato la relazione fra tempo e mito/utopia: nel mito tradizionale non
esiste l’idea di progresso, perché il tempo è circolare, a-cronologico,
a-temporale. Nell’utopia il progresso esiste in quanto vi è una linea del tempo
cronologicamente lineare, che ha un inizio e una fine, in cui i passi, che
procedono dall’inizio alla fine, sono tutti passi d’incremento.
A
conclusione delle proprie argomentazioni il professore ha chiuso con un
interrogativo assai preoccupante: “Oggi si scrivono utopie?” La risposta ha
ovviamente esito negativo. “Piuttosto oggi si formano distopie e si fonda una
società di incubi. Perché oggi l’uomo non è capace di costruire utopie
positive? Oggi non costruiamo più utopie positive perché non crediamo nelle
capacità dell’uomo di determinare se stesso”.
Giovanni Cavallaro,5 I
Il termine utopia venne coniato da Tommaso Moro per battezzare
un'immaginaria isola dotata di una società ideale, della quale descrisse il
sistema politico nella sua opera "Utopia", pubblicata nel 1516.
Le utopie nascono quando si sta affermando, dopo il Rinascimento, l'età
della ragione, e quando sono oramai in crisi tradizione mitica e millenarismo.
La funzione del mito è la reintegrazione di uno stato perduto e la sua
conciliazione col presente, un ritorno alle origini. Nel medioevo al mito si
accostava il millenarismo, ossia un movimento che il prof. Coniglione ha
definito "la realizzazione del paradiso in terra , una condizione di
pacificazione e rigenerazione dell'umanità che si riallacciasse
all'origine".
Ben diversa invece era la funzione dell'utopia dal
Rinascimento in poi, la quale non si fondava sulla ricerca del paradiso
o sul perfezionamento etico morale, ma sulla scienza e la conoscenza.
L'uomo doveva dominare la natura e per poterla dominare deve prima
conoscerla e comprenderla. L'utopista,
grazie ad una applicazione razionale della conoscenza, può sanare i suoi
mali
ed accedere alle condizioni naturali di una società migliore. Gli
utopisti
mirano ad uno sviluppo illimitato della scienza, intesa ovviamente come
conoscenza.
La funzione dell'utopia dunque si distacca dalla funzione di reintegrazione
di uno stato perduto tipica del mito, proponendoci un modello ideale di società che
possa servirci da orientamento.
Personalmente ho molto apprezzato l'intervento del professor Coniglione che ci ha esposto in modo chiaro il tema dell'utopia e le sue differenze da mito e millenarismo.
Andrea Nicolosi, 5 I
Grazie a te, Francesco, per avere evidenziato le riflessioni degli studenti che certo non presentano il taglio raffinato degli studiosi di Pasolini ma consegnano nella loro spontaneità, a mio parere, la freschezza della scoperta di un autore ancora purtroppo poco noto. Ed aprono, motivo forse ancora più importante per noi docenti, un nuovo cammino di conoscenza.
RispondiEliminaBuon 2017 a te e a tutti i lettori che ti seguono e ricevono da questo blog stimoli straordinari :-)
Grazie ancora per tutto e tanti auguri per l'anno nuovo.
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