La sfida di Tsipras alle prossime elezioni europee
ROBERTO MUSACCHIO
È stato il primo ad essere candidato in vista delle elezioni europee del maggio prossimo, che per la prima volta prevedono l’indicazione dei candidati a ricoprire la carica di presidente della Commissione europea. Lui è Alexis Tsipras, il giovane leader di Syriza, il partito della sinistra greca, simbolo e guida della lotta contro l’austerità. I presidenti dei partiti che danno vita al partito della sinistra europea nei giorni scorsi, a Madrid, hanno formalizzato la proposta della sua candidatura. Che verrà definitivamente varata al quarto congresso del partito europeo, sempre a Madrid, dal 13 al 15 dicembre prossimi.
Intorno al nome di Tsipras si vogliono far convergere naturalmente tutte le forze che hanno contrastato la deriva della Troika. Ma il richiamo e il prestigio della sua figura, insieme ai sentimenti di solidarietà con quella che resta la lotta più tenace e emblematica di questi anni durissimi, possono sicuramente procurare un apprezzamento e un sostegno alla sua candidatura che potrà essere assai più ampio di quello che è il campo coperto tradizionalmente dal settore politico che lo propone. Che per altro, in base ai sondaggi sugli scenari di voto nei 27 paesi della Ue, è dato come quello in più forte crescita, con il gruppo del Gue, la sinistra unitaria europea, che pressoché raddoppierebbe i propri seggi.
Oltre a ciò, lo scenario che viene descritto da quegli stessi sondaggi, è quello di un sostanziale travaso di voti dal Partito popolare europeo ai partiti populisti ed antieuropeisti e di destra estrema; ancora, una crescita dei socialisti, grazie in particolare al voto dell’est che compensa le difficoltà, a volte vere e proprie débacle, all’ovest. Si conferma cioè che il malessere sociale acutissimo provocato dalle sciagurate politiche della austerità può trovare anche una risposta a sinistra, se questa viene offerta. Non ha dunque alcun senso politico impostare una campagna elettorale per le europee come si trattasse di una scelta tra “europeisti” e “populisti”. Questo servirebbe solo a regalare un’apertura di credito alle forze che, con il sostegno alle politiche della Troika, sono state le vere promotrici delle pulsioni reazionarie. E a regalare alle forze populiste il centro della scena.
Un senso politico questo tipo di scelta lo ha se si vuole in realtà proseguire col quadro attuale, che è quello – sostanzialmente – delle larghe intese, che ha caratterizzato tutta questa fase e che è stata per altro quella dell’edificazione, intorno all’austerità, di una vera e propria “Europa reale” con forti tratti di regime. Se pensiamo a quel che è avvenuto in questi anni ci convinciamo che questa espressione è tutt’altro che azzardata. Le misure che sono state varate, dal six pack, al fiscal compact, al two pack, hanno definito una plancia di comando, la Troika, dotata di poteri che, da emergenziali, si sono costituzionalizzati. Vi è un intervento sull’insieme dei bilanci, e nel dettaglio delle scelte, che prescinde da ogni rappresentatività democratica. Si interviene sistematicamente sulle dinamiche politiche degli Stati. Si muove all’assalto delle Costituzioni, definite “socialistiche” dalla banca statunitense JPMorgan.
C’è stata una quasi totale condivisione delle scelte da parte delle principali forze politiche, popolari e socialisti, vuoi con i governi di larghe intese vuoi con quelli di alternanza. Al punto che si può parlare di una sorta di rovesciamento storico rispetto alle unità antifasciste che, dopo la seconda guerra mondiale, edificarono le costituzioni democratiche: le attuali convergenze al contrario de-costituzionalizzano.
Di fronte a questo quadro, la candidatura di Tsipras rappresenta un elemento di vera rottura democratica. Anche simbolico, visto che la Grecia è stata usata per costruire la narrazione della “colpa” del debito, che va fatta espiare, su cui la Merkel ha costruito una parte significativa del suo paternalismo autoritario a sostegno della idea di una sorta di Europa tedesca.
Ma Tsipras ha soprattutto una forza politica data dalle scelte che ha saputo compiere e che hanno portato Syriza, il partito della sinistra greca, a rovesciare le gerarchie politiche del suo paese. Lungi dal farsi confinare nella spirale “Europa reale” – populismo, ha costruito, sulla battaglia più ferma e intransigente contro la Troika e l’austerità, una idea di alternativa complessiva, di Europa democratica e sociale. Che passa, questo è il punto, solo da una vera e propria lotta di liberazione da quella sorta di regime che è divenuta l’Europa reale per evitare che, come accadde con il socialismo reale, alla fine rimanga l’aggettivo e si perda il sostantivo.
Alternativa che ridefinisce l’insieme del quadro, a partire da una nuova centralità mediterranea che sostituisca il vetusto ed esausto asse franco-tedesco, ormai per altro quasi solo tedesco. Che cancella i trattati della austerità per riaprire un processo costituente in sintonia con lo spirito e la lettera delle costituzioni democratiche, arricchito da nuovi valori fondanti come quelli dei beni comuni, del diritto al reddito, della cittadinanza aperta ai migranti. Che poggia la costruzione di una nuova comunità europea su un Demos sociale effettivo e non sul riduzionismo presidenzialistico.
Sono questi, per altro, i temi dei movimenti che in questi anni, loro sì, hanno provato a salvare l’Europa dalla sua edificazione reale. Sono queste le forze cui Tsipras potrà guardare nella sua sfida. Che sarà ben più che una sfida tra candidati o per uno “spazio politico”.
Dopo la sinistra europea, anche la presidenza dei socialisti europei ha avanzato la sua proposta di candidatura, nella figura di Martin Schultz, dirigente della Spd e attuale presidente dell’europarlamento. Il suo nome sarà definitivamente lanciato con un congresso che si terrà a marzo a Roma e che il Pse ha chiesto al Pd di organizzare, a riconoscimento del ruolo di questo partito nel progressismo europeo. A guardarla con gli occhi della relazione tra Berlino e Roma, la candidatura di Schultz appare segnata non poco da ciò che accumuna le due capitali e cioè i governi di larghe intese che Roma ha ormai da tempo e Berlino, salvo miracoli, sta per avere di nuovo. Governi di larghe intese che, alla luce della sostanziale condivisione di tutti i principali provvedimenti vottai sulla austerità nel Parlamento europeo come in quelli tedesco e italiano, appaiano assai poco eccezionali e transitori. Che una posizione politica, quella della Spd, sconfitta dalla Merkel alle elezioni e che ha poi scelto di allearvisi, nonostante numeri che avrebbero permesso altre soluzioni, possa guidare l’alternativa alla Merkel stessa sembra una posizione abbastanza bizantina. Più probabile immaginare che, come già oggi al Parlamento europeo, si finisca col condividere la plancia di comando, così come Schultz ha dato il cambio al precedente presidente popolare. Tanto, si sa, l’aereo è guidato dal pilota automatico.
Anche per questo Tsipras rappresenta l’alternativa a Bisanzio, cioè a un regime che vuole sopravvivere al suo crollo. La sua candidatura può fare di queste elezioni europee qualcosa di nuovo e di diverso. Naturalmente ciò non dipenderà solo da lui ma anche da tutti noi, da come sapremo vivere questa sfida non più come un’altra, stanca puntata della vecchia politica ma come il possibile inizio di una politica nuova.
Fonte: http://www.democraziakmzero.org/2013/11/08/la-sfida-di-tsipras/
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