29 giugno 2014

COSA INSEGNA IL CASO BALOTELLI




La lezione di Mario


di Giacomo Giubilini

È stato Malcom X  (L’ultima battaglia, Discorsi inediti, Manifestolibri), che piaccia o meno, a tematizzare per primo le due tipologie di nero secondo i bianchi: il primo è riportabile alla figura della Zio Tom, un nero di casa, urbano, sedato e a cuccia, tipico nero igienico dello schiavismo, che vive accanto al padrone. Per lui la sofferenza del padrone è la sua e se la casa del padrone prende fuoco lui è il primo che si tuffa tra le fiamme per spegnere l’incendio. Dall’altra parte c’è invece il nero della campagna, lo schiavo ” e quando la casa del padrone prendeva fuoco i negri della campagna pregavano perché la brezza diventasse un vento impetuoso”.
Il razzismo del popolo italiano  non è sindacabile, è assoluto, storico, radicato e indelebile e non trova una mitigazione formale in un apparato di leggi moderne. Ma ciò che lo rende davvero farsesco, dal punto di vista culturale,  è la sua versione più inconsapevole e sofisticata,  ovvero quella liberal, “colta”, inclusiva a chiacchiere. Un popolo che rinnega sempre se stesso in un’ansia patologica di assolversi lo faceva almeno per una saggezza da portinaio, sentirsi brava gente, quando non assecondava la sua natura triviale con leggi razziali e tiranni da tragedia in farsa. L’italiano istruito  e liberal invece vuole partecipare ad un impeto di distensione buonista  in cui i diversi sono presenti ma come leve su cui attivare piagnistei , litanie mediatiche, carriere politiche. L’italiano brava gente si è trasformato nell’italiano bravo esegeta del possibile.  Sempre goloso di novità , nuove frontiere, grandi speranze, compiaciuto abitatore di un’abulia che lo faccia sentire però centrale nelle teoria. A livello politico , cioè i diritti e i doveri, tutto ciò non ha portato a nulla. Balotelli infatti, ed è questa l’unica verità che conta davvero,  è diventato italiano solo a diciotto anni pur essendo nato qui.
I mille sofisticati distinguo servono solo , quando va bene, alla coltivazione della stasi di un  fantasma, la nostra patetica sinistra,  che ha logorato la sua ombra. Lo straniero, se arriva, è recluso in un purgatorio di sbarre detentive ma “inclusive “:  centri di prima accoglienza li chiamano i liberal, che li hanno anche creati. L’italiano medio, omofobico e cattolico ma se minimamente istruito quasi sempre anche di sinistra,  si racconta sempre più come “pieno di amici gay”. E tutto si regge fino a quando lo straniero e il  gay e gli altri esclusi, come ad esempio le coppie di fatto, non insistano troppo a voler essere riconosciute esattamente per quello che sono e  cioè il fatto che loro siamo noi.
Le prassi di inclusione sono accettate solo se mediatiche, solo se farsesche e carnevalesche, conturbanti nemmeno più per il provinciale che fa il militare a Bracciano ma innocue ed estemporanee per la Roma porto delle nebbie. Così ecco un gay pride con esposizione annuale del bestiario ridicolo e fanfarone, ecco il Mucca Assassina rifugio danzante  per sonnambuli etero ed ecco una petulante  Vladimir,  prima deputato e poi commentatore del Grande Fratello. Tutto per non fare nulla. Un popolo del genere come include il nero centravanti?  Come può renderlo diversamente bianco?
Balotelli, che è sempre incazzato, fa saltare tutti i piani igienisti e pedagogici di questa ipocrisia collettiva: non è lo Zio Tom, non vuole esserlo, non ha accettato la parte in commedia. E’ rimasto addirittura se stesso. Nel momento della tragedia allora, l’eliminazione,  quel popolo che dice di averlo sempre amato perché è un popolo ”da sempre amico dei negri”, lo usa come capro espiatorio.  I senatori, tra cui uno che a diciassette anni era un nazista e uno che fino a due anni fa era un alcolizzato, dettano la legge dell’assurdo: non vogliamo figurine panini, vogliamo uomini veri, cioè non ci vogliamo. Svuotato della sua fecondità imposta dai media, essere il nero vendibile perché redimibile, il nero educato, il nero che usa le posate, il nero Zio Tom adatto al patetico paternalismo di un mister da “codice etico”, Balotelli è rimasto invece quello che è: un ottimo calciatore, un carattere sulla difensiva e non un campione assoluto.  Non  funziona in questa elegia auspicata la parte conclusiva del lavacro collettivo e cioè il finale auspicato: il campione ritrovato, l’eroe italiano anche se nero, il futuro sposo sul carro del trionfo familista e di sinistra. Peppone, Don Camillo e Rocky  virati ad Obama. Nella sua ultima provocazione, la cresta bionda, Balotelli invece ricorda esattamente la tragedia di  Manfredi in Pane e cioccolata: biondo per non sentirsi straniero, biondo per tifare una nazionale non sua, biondo per essere amato.

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