15 giugno 2014

INTORNO A UN TEATRO DI PARIGI


Théatre des Bouffes du Nord, Paris

A Parigi c'è un teatro che somiglia, per certi aspetti, al Teatro Garibaldi di Palermo. Ne parla stamattina, col suo consueto stile raffinato, l'amica Francesca nel suo splendido blog  http://buchi-nella-sabbia.blogspot.it  che riprendo:

sabato 14 giugno 2014

Dizionario di tutte 'e cose: S come Sfunzionare

A Parigi, c'è un teatro che non è per niente centrale: sta nella parte settentrionale della città, nel X arrondissement, vicino alla Gare du Nord, la stazione più complicata - per numero di passeggeri in transito, numero di persone in difficoltà che vi circolano, stazionano e talora dimorano, condizione degli spazi ed odori - di tutte le stazioni ferroviarie parigine. Si chiama Théâtre des Bouffes du Nord ed è più piccolo di altri teatri più noti. 
È un teatro che, se non fosse un teatro, avrebbe bisogno di almeno tre mani di pittura, e invece ha un'aura che cresce ad ogni mancato intervento. Non ha sipario. Non ha una vera e propria platea, solo balconate. La scena sembra inghiottire le prime file di spettatori, che stanno seduti a terra, su dei cuscini: chi vi si accomoda, deve prevedere la possibilità di essere coinvolto fisicamente nello spettacolo, vuoi per la prossimità con gli attori e la condivisione, con questi ultimi, del medesimo spazio a terra, vuoi perché è naturale che questa prossimità possa indurre il regista a prevedere, a volte, una vera e propria interazione del pubblico con gli attori. Quando le luci sono accese, prima che lo spettacolo inizi, la luce non supera il livello del fioco-poco più che fioco, se si sta al di sotto di una balconata, come è capitato a me.
Volendolo descrivere con un aggettivo solo, il Théâtre des Bouffes du Nord è, prima di tutto, uno spazio immaginario. In realtà, a ripensarci, è, prima di tutto, perché Peter Brook l'ha salvato dall'abbandono e dalla demolizione. 
Brook andrebbe ringraziato solo per questo. Anche per quello che vi rappresenta, naturalmente, e molto. Per esempio, di recente, per The valley of astonishment.
 
 
 
 
Protagonista, la memoria; coprotagonista, il linguaggio. Come fonte di ispirazione, la testimonianza lasciata da un medico, Aleksandr Romanovič Lurija a proposito del giornalista Solomon Šereševskij, che esito a chiamare paziente, perché, da non medico, non mi pare che mescolare i sensi debba essere considerata una malattia. Inoltre, la sua sinestesia lo dotò di una memoria eccezionale. Tuttavia, Šereševskij da paziente fu trattato, non solo dai medici, ma anche da tutti coloro che non riuscirono a considerarlo normale, a cominciare dal suo direttore, stupito e stizzito dalla sua abitudine di non prendere alcuna nota durante le riunioni di redazione. Nella pièce, esattamente come nelle testimonianze scritte lasciate dal medico, Šereševskij, trasformato in un personaggio femminile interpretato da Kathryn Hunter, dà una prova delle sue capacità mnemoniche in un test in cui deve ripetere le prime terzine della Divina Commedia. Il medico scelse Dante in quanto autore in una lingua completamente ignota a Šereševskij. Solo che noi, naturalmente, non la ignoriamo, mentre la testimonianza di uno degli episodi rivelatori del modo in cui Šereševskij riusciva a memorizzare delle sequenze di parole senza errore dopo averle sentite recitare una sola volta è parlante solo in russo. Anche il testo di Brook, che ha trasposto in inglese il racconto russo, funziona benissimo. In italiano, invece, non può funzionare, a meno che non si cambi tutto, a partire dai versi, che dovrebbero essere in una lingua ignota, per esempio il persiano de La conferenza degli uccelli, a cui Brook si è ispirato ancora una volta per tratteggiare la valle della meraviglia (stupore non mi piace), Hayrat, che potrebbe far pensare ad un milanese che scappa da una porta perché ha i ratti in casa, se optassi davvero per un test basato sul persiano. Nonostante in italiano non funzioni, lascio lo stesso tutto come nell'originale russo, a parte le inevitabili imprecisioni della mia interpretazione: lo lascio impreciso e imperfetto, come il Théâtre des Bouffes du Nord.
В декабре 1937 г. Ш. была прочитана первая строфа из "Божественной комедии".
Nel mеzzо del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura,
Che la diritta via era smarrita,
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura.
Как всегда, Ш. просил произносить слова предлагаемого ряда раздельно, делая между каждым из них небольшие паузы, которые были достаточны, чтобы превратить бессмысленные для него звукосочетания в осмысленные образы.
Естественно, что он воспроизвел несколько данных ему строф "Божественной комедии" без всяких ошибок, с теми же ударениями, с какими они были произнесены. Естественно было и то, что это воспроизведение было дано им при проверке, которая была неожиданно проведена... через 15 лет! Вот те пути, которые использовал Ш. для запоминания:
"Nel – я платил членские взносы, и там в коридоре была балерина Нельская; меццо (mezzo) – я скрипач; я поставил рядом с нею скрипача, который играет на скрипке; рядом – папиросы "Дели" – это del; рядом тут же я ставлю камин (camin), di – это рука показывает дверь; nos – это нос, человек попал носом в дверь и прищемил его; tra – он поднимает ногу через порог, там лежит ребенок – это vita, витализм; mi – я поставил еврея, который говорит "ми – здесь ни при чем"; ritrovai – реторта, трубочка прозрачная, она пропадает, – и еврейка бежит, кричит "вай" – это vai. Она бежит, и вот на углу Лубянки - на извозчике едет per – отец. На углу Сухаревки стоит милиционер, он вытянут, стоит как единица (una). Рядом с ним я ставлю трибуну, и на ней танцует Сельва (selva); но чтобы она не была Сильва – над ней ломаются подмостки – это звук "э"...

Nel dicembre del 1937 a Š. fu letta la prima strofa della Divina Commedia.
Nel mеzzо del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura,
Che la diritta via era smarrita,
Ahi quanto a dir qual era e cosa dura.
Come sempre, Š. chiese di pronunciare le parole di ogni verso proposto separatamente, inserendovi brevi pause, che erano sufficienti a trasformare i suoni per lui privi di senso in immagini con un senso.
Naturalmente, ripetè i pochi versi della Divina Commedia senza commettere alcun errore, con lo stesso accento con cui gli erano stati pronunciati. Era anche naturale che questa riproduzione fosse ripetuta nel corso di un test che gli fu sottoposto all'improvviso... 15 anni dopo! Questi sono i percorsi che Š. usava per ricordare: "Nel - mentre stavo andando a pagare i contributi, ho incontrato nel corridoio la ballerina Nel'skaja; mezzo - sono un violinista; le ho piazzato vicino un violinista; vicino  a loro, delle sigarette "Deli" - questo è del; poi vicino ci ho messo un camino, di - è una mano che indica la porta; nos - è un naso, una persona si diresse verso la porta e la porta le si chiuse sul naso; tra solleva il piede per oltrepassare la porta e c'è un bébé - questo è vita; mi – ho piazzato un ebreo che continua a dire "mi non ho niente a che fare con questo"; ritrovai – una ritorta o, meglio, una storta, un tubo trasparente che sparisce ed una donna ebrea che corre ed urla “vai” – questo è vai. Sta correndo e all'angolo della Lubjanka – ecco che suo padre sta camminando – per. All'angolo del Suharevka un poliziotto sta in piedi dritto come il numero uno  – una. Vicino a lui piazzo un palco e su quel palco Sel'va sta ballando; ma non al punto da diventare Sil'va – sopra la sua impalcatura rotta  – questo è il suono “e”…

English

(Nos è naso in russo. Mi è noi pronunciato male. La mano che indica la porta, mi dispiace, ma non l'ho proprio capita. Magari chi andrà a vedere lo spettacolo di Brook a Perugia il prossimo ottobre e si metterà a studiare il russo per poter apprezzare meglio il testo ispiratore di Brook lo capirà. Per chi non lo farà, resta sempre la possibilità di leggere il poema persiano in traduzione nel bellissimo volume dell'Adelphi: persino quest'ultima non è precissisima nelle etichette che usa nel catalogo online).




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