Proprio mentre è in
pieno corso con libri e film la campagna di beatificazione di chi
chiuse definitivamente la storia del comunismo italiano, un libro,
«Diario di un socialcomunista siciliano» di Nicola Cipolla,
racconta cosa fu veramente quella storia in una Sicilia divisa fra
mafia e voglia di riscatto.
Tonino Perna
L'isola che
sposò l'ecologia
Leggere
il Diario di un socialcomunista
siciliano è come fare rafting tra le
onde della storia che inizia con l’avvento del
fascismo e finisce oggi. Anzi, non finisce
perché questo
libro-documento-saggio-testimonianza va oltre il presente
e indica le strade per un futuro sostenibile
per l’umanità. A partire da quella speciale
umanità che si trova nella più grande isola del
Mediterraneo in cui vive Nicola Cipolla da
quasi un secolo. La Sicilia, per l’appunto, come
laboratorio politico italiano, ma
anche come fucina di progetti e visioni di una
rivoluzione possibile.
È in
Sicilia, infatti, che verrà sperimentato
il primo governo del consociativismo
(antesignano dei governi delle «larghe
intese»), che l’autore denuncia come la deriva del
«compromesso storico» proposto da
Berlinguer che divenne nei fatti un patto di
governo scellerato con la parte peggiore
della Dc, prima in Sicilia e poi nel resto del
paese. Ed è sempre in Sicilia che nasce
Papir, la prima prestigiosa rivista
ecologista italiana, diretta allora da
Gianni Silvestrini e il Cepes, il centro
studi con una chiara visione ambientalista
fondato e diretto da Nicola Cipolla. E anche:
il grande movimento di lotta ai missili Cruise
negli anni ’80, che portò alla raccolta di oltre un
milione di firme nella sola Sicilia, ma che si fermò
sullo Stretto di Messina, perché l’ala
migliorista del Pci, e non solo, bloccò
questo grande movimento pacifista
e antimperialista.
Lui, Nicola Cipolla, classe 1922, un gigante con la voce da baritono, responsabile della Camera del Lavoro di Palermo, parlamentare nazionale e poi europeo, dirigente di spicco del Pci, meridionalista incarnato nelle grandi lotte dei contadini siciliani dopo il 1943, pacifista e antimperialista, diviene, dagli anni ’80 del secolo scorso uno dei maggiori sostenitori delle lotte ambientaliste, della conversione ecologica per il superamento del capitalismo: «Diceva Marx che esiste un rapporto fra forze produttive che l’uomo riesce a dominare e modo di produzione. Il passaggio dalle energie fossili a quelle rinnovabili può portare a modificare il tipo di economia e di società». Ma questo potrà avvenire solo spezzando le reni ai monopoli energetici e dando a tutte le comunità locali l’autonomia energetica, grazie al sole che, scrive Nicola Cipolla, da sol dell’avvenire del sogno socialista, diviene il sole reale che può riconsegnare una democrazia energetica, base indispensabile per la costruzione di una democrazia dal basso.
Tre sono i grandi temi affrontati da questo autore-attore delle lotte sociali, in Sicilia, e di quelle all’interno del Pci. Il primo riguarda l’agricoltura, intesa in senso ampio come terra, acqua, risorse naturali da salvaguardare come bene comune. Fin dalle prime lotte contadine nella Sicilia ancora sotto l’occupazione degli Usa, Cipolla si è battuto come un leone a fianco dei contadini per l’attuazione dei decreti Gullo, per la costruzione delle dighe per l’irrigazione delle aride campagne del trapanese e del palermitano, e poi come europarlamentare per il superamento della Pac (Politica agricola comunitaria) che ha penalizzato i prodotti dell’agricoltura mediterranea. Nel testo, vi sono capitoli che meriterebbero di essere studiati nei corsi di storia del Mezzogiorno o di economia agraria.
Occupazione delle terre |
Il secondo
grande tema è l’ambiente a cui l’autore
approda senza buttare via il sogno socialista
e una critica del capitalismo che
lo porterà, quasi ottantenne, a intervenire
al movimento No Global di Genova nel 2001. La
questione ambientale come una questione di
sopravvivenza dell’umanità che necessita
di una grande lotta popolare per il superamento
di questo modo di produzione. In tale
approccio, Nicola Cipolla è stato l’unico
grande dirigente del Pci che ha sposato
totalmente la causa ecologista.
Il terzo grande tema è quello dell’unità fra le forze della sinistra. Non a caso Nicola si definisce, fin dal titolo, social-comunista, e si è battuto, finché ha avuto un senso, per l’unità tra socialisti e comunisti, segnato dalla grande e positiva esperienza del «Blocco popolare» che si formò nei primi anni della Sicilia postfascista.
Anche per
questo il compagno Cipolla si oppose
strenuamente al «compromesso storico»
e alla sua gestione siciliana che significò
un’alleanza nei fatti con i settori della Dc
legata alla mafia, gestita dall’allora segretario
regionale Achille Occhetto, lo stesso che poi si alleò
con i miglioristi per lo scioglimento
del Pci, dei suoi simboli e dei suoi valori.
Compromesso a cui si oppose ad un certo punto
anche Pio La Torre, la cui uccisione è stata
attribuita alla mafia siciliana, ma che, secondo
l’autore, molti fatti ci inducono a credere
che la mafia — come nel caso delle stragi di Falcone
e Borsellino — sia solo il braccio
armato, mentre i mandanti vanno ricercati
nella classe politica e nei servizi segreti
italiani e statunitensi.
Occupazione delle terre |
Ma è solo
alla fine di questo lungo excursus che si scopre
la chiave di lettura di questo testo unico nel suo
genere. È, infatti, proprio nell’Epilogo che
consiglierei di cominciare a leggere
le oltre quattrocento pagine, come si fa con
i testi giapponesi o arabi. Si parte con
la vittoria al referendum sull’acqua
bene comune del 12–13 giugno del 2012, e incontriamo
un Nicola Cipolla che, con l’entusiasmo di un bambino,
racconta l’attesa dei risultati e una
grande festa di piazza dove viene chiamato
a intervenire di fronte a una folla al
settimo cielo.
E lui, in
mezzo a migliaia di giovani, ricorda che proprio
in quella piazza Politeama il 20 aprile del 1947, si
celebrò la vittoria del «Blocco del Popolo»
a conclusione del primo ciclo di lotte
contro il latifondo e la mafia. Ancora, in
quella piazza Politeama, racconta Nicola Cipolla,
l’8 luglio del 1960 si radunarono contadini,
braccianti e operai per protestare
contro il governo Tambroni e il suo braccio
siciliano, il governo di Maiorana della
Nicchiara, retto da democristiani,
monarchici, fascisti e liberali. La
lotta per l’acqua bene comune viene così connessa
alle battaglie per la terra, le dighe, la
democrazia, la sovranità alimentare
ed energetica, e raccontata a chi
non era ancora nato.
È questa la forza del libro: legare il passato al presente e al futuro, narrare e testimoniare non per nostalgia, ma per trarre linfa vitale dalle pieghe di una storia sociale e politica sconosciuta o dimenticata. È un testo che è un antidoto per tutti quei rottamatori di ieri e di oggi che odiano la storia e pensano che ciò che conta sia solo l’azione (come Mussolini) o la velocità del fare (come Renzi).
Il Manifesto – 20 giugno 2014
Nicola Cipolla
Diario di un
socialcomunista siciliano
Editori Riuniti,
2014
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