Escono i verbali
dell'interrogatorio dell'ormai ex-sindaco di Venezia e non si sa se
piangere o ridere. Un altro che si trova nei guai " a sua insaputa" e
non si è mai accorto di niente.
Se questi sono i tecnici e gli uomini di
cultura
“prestati alla politica”, meglio le vecchie canaglie della prima
Repubblica.
Giusi Fasano e
Andrea Pasqualetto
Orsoni (ex sindaco di Venezia):«Mi
hanno usato, ero la Madonna pellegrina. Il Pd disse di chiedere
i soldi a Mazzacurati»
VENEZIA — Sembra di
vederlo, seduto davanti ai pubblici ministeri Stefano Buccini e
Stefano Ancilotto: «Sì, sono Giorgio Orsoni, il sindaco». È stato
quattro giorni fa. In 26 pagine di verbale Orsoni racconta della sua
avventura elettorale del 2010. Lui che di mestiere fa l’accademico
e che mai si era dedicato alla politica fino a quella volta. Premette
quanto gli fossero estranei quegli ambienti: «Nessuna esperienza».
E giura di essere stato «abbastanza a digiuno» anche su come
reperire risorse.
«Mi venivano a dire: guarda che c’è il tuo concorrente (Renato Brunetta, ndr ) che è in vantaggio. Si dice che ha un milione di euro, quindi tu fai la figura del pezzente... E poi insistevano perché fossi io stesso a finanziare... Mi dicevano: datti da fare per far arrivare risorse adeguate perché sennò rischiamo di andar male (...) Io mi sono adattato, questo non lo nego. E ho insistito con Mazzacurati».
Avevano chiesto a lui di farsi avanti con l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova perché lo conosceva bene. Il re del Mose alla fine gli ha dato 560 mila euro. Finanziamento illecito, dice la procura. Ma Orsoni inizia il suo racconto ai magistrati precisando che «ho scoperto solo dalle carte giudiziarie che la mia campagna elettorale è stata finanziata in modi non corretti». Dice molto di più, il sindaco: «Pur ponendomi problemi di opportunità accettai che il finanziatore fosse Mazzacurati, quindi lo sollecitai (...) Le pressioni per avere soldi si sono fatte sempre più forti, quasi esclusivamente da parte di esponenti del Pd». Chi erano? chiedono i pm. Risposta: «Il segretario Mognato (Michele, all’epoca segretario provinciale, ndr ) e poi attorno c’erano un po’ tutti, in particolare Zoggia (Davide, allora presidente della Provincia, oggi deputato, ndr )» e «tanti altri minori della segreteria». Proprio a Mognato e Zoggia Orsoni ricorda di aver «espresso i miei dubbi sull’opportunità del finanziamento del Consorzio».
Orsoni racconta di chi gli chiese di candidarsi: per esempio l’ex sindaco Massimo Cacciari e, fra gli altri, Giampietro Marchese, consigliere regionale del Pd. A proposito di Cacciari, non fa il nome esplicitamente ma ricorda cosa gli disse Mazzacurati e lo fa mettere a verbale: «Io mi sono sempre occupato delle campagne elettorali, anche quella del tuo predecessore» gli avrebbe ripetuto. Il professore-sindaco dice che il gran capo del Mose, parlandogli della campagna elettorale che lui finanziava «da una parte e dall’altra» gli aveva anche detto: «Brunetta si è già fatto vivo per chiedere congrui finanziamenti». E gli aveva confidato: «Conosco tanti imprenditori e posso metterci una parola buona». Così Orsoni si era persuaso a dargli, come racconta lui stesso «il conto corrente del mio mandatario e gli dissi: se conosci qualcuno eccolo qua...».
Domanda successiva: Mazzacurati le ha mai consegnato brevi manu del denaro? «Mai» risponde lui. E spiega poi: «Può anche essere che mi abbia lasciato dei plichi da qualche parte e che io li abbia mollati lì». Una versione che convince i pm, i quali nel dare parere favorevole alla richiesta di patteggiamento di quattro mesi (deciderà il giudice dell’udienza preliminare) scrivono: «Tra persone di mondo questi affari si regolano con comportamenti concludenti e discreti, senza formule sacramentali e atteggiamenti grossolani (...) è plausibile che la consegna a domicilio sia stata la semplice collocazione di una busta anodina in una stanza qualunque, con vereconda indifferenza e reciproche cavalleresche cortesie».
Escludono, dunque la
possibilità di «una frusciante mazzetta», ritengono «poco
plausibile» che «un candidato del prestigio di Orsoni potesse
raccattare fondi con iniziative personali diffuse e petulanti». Ma
dicono anche che «si è prestato, non opponendosi, a una strategia
di finanziamento occulto elaborata dai vertici del partito», che
aveva minacciato di non occuparsi più della campagna elettorale se
lui non avesse provveduto a reperire fondi, «anche con risorse
personali». Nell’interrogatorio i magistrati obiettano a Orsoni:
«Lei non ha detto al partito “andateci voi a chiedere i soldi a
Mazzacurati”». E lui: «È vero, questa è stata una mia
debolezza, non mi sono opposto...». In un altro passaggio spiega:
«In tutto questo io sono stato usato, mi pareva di essere la Madonna
pellegrina...».
Uno dei punti chiave dell’accusa riguarda la consapevolezza di aver avuto i finanziamenti considerati illeciti. Domanda: «Le hanno dato conto poi del fatto che fossero arrivati i soldi?». «Non in modo esplicito, l’ho potuto desumere dal fatto che tante manifestazioni messe in dubbio poi sono state fatte e quindi ho capito che le risorse ci fossero...». Nella parte finale del verbale si parla di una lettera depositata da Orsoni il 19 marzo al procuratore capo Luigi Delpino. Dalle domande dei pm si intuisce che la mossa non è piaciuta ai magistrati. E il sindaco spiega: «Non c’era da parte mia alcuna intenzione di muovervi accuse (...) mi ero molto seccato per le voci che giravano (...) credevo fosse giusto informare il procuratore di questo mio stato d’animo che mi sembrava di non meritare».
Il Corriere della sera
-13 giugno 2014
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