(Disegni di Elsa Morante)
Tra i tanti libri che ho amato ce n'è uno che mi è particolarmente caro. Non è un libro antico e raro, è un piccolo libretto di venti pagine, pubblicato in edizione economica da Nottetempo nel 2004.
Oltre al Piccolo Manifesto di Elsa Morante, che ripropongo di seguito per esteso, il volumetto contiene una lettera della stessa Morante alle Brigate rosse e una breve nota di Goffredo Fofi che spiega la genesi di questa preziosa operetta dell'autrice del Mondo salvato dai ragazzini, di cui abbiamo già parlato in questo blog.
PICCOLO MANIFESTO DEI COMUNISTI
(SENZA CLASSE NE' PARTITO)
di ELSA MORANTE
1. Un mostro percorre il mondo: la falsa rivoluzione.
2. La specie umana si distingue da quella degli altri viventi per due qualità precipue. L’una costituisce il disonore dell’uomo; l’altra, l’onore dell’uomo.
3. Il disonore dell’uomo è il Potere. Il quale si configura immediatamente nella società umana, universalmente e da sempre fondata e fissa sul binomio: padroni e servi – sfruttati e sfruttatori.
4. L’onore dell’uomo è
la libertà dello spirito. E non occorrerebbe precisare che qui la parola
spirito (non foss’altro che sulla base delle scienze attuali) non
significa quell’ente metafisico-etereo (e alquanto sospetto) inteso
dagli “spiritualisti” e dalle comari; ma anzi la realtà integra, propria
e naturale dell’uomo.
Questa libertà dello spirito si manifesta in infiniti e diversi modi, che tutti significano la stessa unità, senza gerarchie di valori. Esempio: la bellezza e l’etica sono tutt’uno. Nessuna cosa può essere bella se è un’espressione della servitù dello spirito, ossia un’affermazione del Potere. E viceversa. Così per esempio il Discorso sulla montagna, o i Dialoghi di Platone, o il Manifesto di Marx-Engels, o i Saggi di Einstein sono belli; allo stesso modo che sono morali l’Iliade di Omero, o gli Autoritratti di Rembrandt, o le Madonne di Bellini, o le poesie di Rimbaud. Difatti tutte queste opere (né più né meno delle tante possibili azioni che le equivalgono) sono tutte, in se stesse, affermazioni della libertà dello spirito, e di conseguenza, qualunque siano le contingenze storiche e sociali nelle quali vengono a esprimersi, esse non sono determinate essenzialmente da nessuna classe e appartengono finalmente a tutte le classi. Giacché per definizione esse negano il Potere, di cui la divisione degli uomini in classi è una delle tante pretese aberranti.
Questa libertà dello spirito si manifesta in infiniti e diversi modi, che tutti significano la stessa unità, senza gerarchie di valori. Esempio: la bellezza e l’etica sono tutt’uno. Nessuna cosa può essere bella se è un’espressione della servitù dello spirito, ossia un’affermazione del Potere. E viceversa. Così per esempio il Discorso sulla montagna, o i Dialoghi di Platone, o il Manifesto di Marx-Engels, o i Saggi di Einstein sono belli; allo stesso modo che sono morali l’Iliade di Omero, o gli Autoritratti di Rembrandt, o le Madonne di Bellini, o le poesie di Rimbaud. Difatti tutte queste opere (né più né meno delle tante possibili azioni che le equivalgono) sono tutte, in se stesse, affermazioni della libertà dello spirito, e di conseguenza, qualunque siano le contingenze storiche e sociali nelle quali vengono a esprimersi, esse non sono determinate essenzialmente da nessuna classe e appartengono finalmente a tutte le classi. Giacché per definizione esse negano il Potere, di cui la divisione degli uomini in classi è una delle tante pretese aberranti.
5. In quanto onore
dell’uomo, per definizione la libertà dello spirito sia come espressione
che come godimento, è dovuta a tutti gli uomini. Ogni uomo ha il
diritto e il dovere di esigere per sé e per tutti gli altri la libertà
dello spirito.
6. Tale esigenza
universale non può essere attuata finché esiste il Potere. Difatti è
evidente che essa è negata in principio sia allo sfruttato che allo
sfruttatore, sia al padrone che al servo.
7. Ne deriva l’assoluta
necessità della rivoluzione, che deve liberare tutti gli uomini dal
Potere affinché il loro spirito sia libero. Il solo fine della
rivoluzione è di liberare lo spirito degli uomini, attraverso
l’abolizione totale e definitiva del Potere.
8. Per una legge
inevitabile (e sempre confermata dai fatti) è impossibile arrivare alla
libertà comune dello spirito attraverso il suo contrario. La
rivoluzione, per attuare il proprio fine di liberazione, deve porselo
anzitutto come inizio e principio. Chiunque schiavizza il proprio e
l’altrui spirito con una promessa di una liberazione “mistica” e
postrema è lui stesso uno schiavo, e in più un truffatore e uno
sfruttatore. Né più né meno dei Gesuiti e controriformisti – di Maometto
che mandava i suoi “fedeli” a distruggersi in vista del “Paradiso”
delle Urì – di Hitler e Mussolini che sterminavano le nazioni in vista
delle “glorie nazionali” – di Stalin che castrava e martirizzava i
popoli in vista del “bene del popolo” ecc. ecc. ecc.
9. Una rivoluzione che
ribadisce il Potere è una falsa rivoluzione. Nessun proletariato (né più
né meno che se fosse una monarchia, o aristocrazia, o teocrazia, o
borghesia, o via dicendo) potrà mai attribuirsi o attuare la
rivoluzione, se non ha lo spirito libero dai germi del Potere. Nessuno
infatti può comunicare agli altri quello che non ha, e non si può
presumere di far crescere la guarigione coi semi della peste.
10. In una società
fondata sul Potere (come TUTTE le società finora esistite e oggi
esistenti) un rivoluzionario non può fare altro che porsi (foss’anche
solo) contro il Potere, affermando (coi mezzi e dentro i limiti
personali, naturali e storici che gli sono concessi) la libertà dello
spirito dovuta a tutti e a ciascuno. E questo, è suo diritto e dovere di
farlo a qualunque costo: anche, in ultima istanza, a costo di creparci.
E’ quanto hanno fatto Cristo, Socrate, Giovanna D’Arco, Mozart, Cechov,
Giordano Bruno, Simone Weil, Marx, Che Guevara, ecc. ecc. ecc. E’
quanto fa un bracciante che si rifiuta a un sopruso, un ragazzino che si
nega a un insegnamento degradato, un insegnante idem, un fabbro che
fabbrica un chiodo quadripunte contro gli automezzi nazisti, un operaio
che sciopera per opporsi allo sfruttamento, ecc. ecc. ecc. Simili opere,
o azioni, nell’affermare, ciascuna coi propri mezzi, la libertà dello
spirito contro il disonore dell’uomo, sono tutte allo stesso titolo
belle e morali. E per definizione, esse non sono distinzione e proprietà
di una classe, ma dell’uomo assolutamente in quanto tale, secondo
quanto è affermato ai paragrafi 2 e 4.
11. Se in nome della rivoluzione si riafferma il potere, questo significa che la rivoluzione era falsa, o è già tradita.
12. Qualunque
rivoluzionario (foss’anche Marx o Cristo) che si riadatti al Potere (o
assumendolo, o amministrandolo, o subendolo) da quel momento stesso
cessa di essere un rivoluzionario, e diventa uno schiavo e un traditore.
13. Supponiamo adesso un
individuo solo, davanti a un fabbricato in preda a un incendio.
Attraverso una finestra aperta (unico adito accessibile, anche se
rischioso) l’individuo scorge un bambino solo, che sta per essere
investito dalle fiamme. L’uomo penetra nel vano e a proprio rischio
salva il bambino. E sarebbe evidentemente un pazzo criminale, chi lo
accusasse di avere commesso un atto antisociale e ingiusto, perché,
nell’impossibilità di salvare gli altri abitanti del fabbricato, non ha
lasciato bruciare vivo anche quest’unico bambino. L’uomo che (c.s. coi
mezzi e dentro i limiti personali, naturali e storici che gli sono
concessi) afferma la libertà dello spirito contro il Potere, e dunque
anche contro le false rivoluzioni, compie la vera Lunga Marcia, anche se
rimane chiuso tutta la vita dentro un carcere. Questo ha fatto Gramsci.
In mancanza di compagni o di seguaci, di ascoltatori o di spettatori,
lo spirito libero è tenuto alla sua lunga marcia lo stesso, anche solo
di fronte a sé stesso e dunque a Dio. Niente va perduto (v. il granello
di senape e il pizzico di lievito); e, in conseguenza, chiunque
schiavizza, sotto qualsiasi pretesto, il proprio spirito, si fa agente
con questo del disonore dell’uomo. Doppiamente disgraziato è chi si
adopera a diffondere il contagio fra gli altri e tanto più miserabile se
lo fa in vista o per il gusto di un proprio potere personale.
Servirsi a fini di potere degli sfruttati (anche solo del loro nome) è la peggiore forma di sfruttamento possibile. Peggio per chi lo fa a proprio beneficio personale. Proclamare il proprio amore per gli operai può riuscire un comodo alibi per chi non ama nessun operaio, e nessun uomo.
Una folla consapevole che afferma la libertà dello spirito è uno spettacolo sublime. E una folla accecata che esalta il Potere è uno spettacolo osceno: chi si rende responsabile di una simile oscenità farebbe meglio a impiccarsi.
Servirsi a fini di potere degli sfruttati (anche solo del loro nome) è la peggiore forma di sfruttamento possibile. Peggio per chi lo fa a proprio beneficio personale. Proclamare il proprio amore per gli operai può riuscire un comodo alibi per chi non ama nessun operaio, e nessun uomo.
Una folla consapevole che afferma la libertà dello spirito è uno spettacolo sublime. E una folla accecata che esalta il Potere è uno spettacolo osceno: chi si rende responsabile di una simile oscenità farebbe meglio a impiccarsi.
Elsa Morante, 1970
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