23 marzo 2015

LA CADUTA DELL'AMERICA DI A. GINSBERG



Torna in libreria la raccolta "on the road" del poeta simbolo della controcultura. In una nuova edizione accresciuta e in una nuova traduzione. Ne presentiamo qualche verso.

Allen Ginsberg

La caduta dell'America

Tralicci ad alta tensione della Pacific Gas tendono cavi sottili sulla pianura, attraversiamo la catena costiera autostrada a 4 corsie, ultimo dosso e poi la vasta apparizione arancio della Baia, Dylan finisce la sua canzone “You’d see what a drag you are”, e il Papa giunge a Babilonia per rivolgere alle Nazioni Unite, 2000 anni dopo la nascita di Cristo, la profezia dell’Armageddon, sospende la Bomba Infernale sulle strade e le città del pianeta, venga la fine anno, luci verdi in zona militare Oakland brillano nel buio della sera. 
Da base navale Treasure Island bagliore giallastro di attività notturna, migliaia di fanalini rossi sfilano lungo il Bay Bridge, si erge San Francisco su moderne colline, luci di Broadway dardeggiano il Paradiso dei baretti gay, orologio verde del Ferry Building rischiara acque cupe all’Embarcadero, neri strillano alla radio. Bank of America accende insegne rosse sotto piramidi di neon, ecco la città, ecco il volto della guerra, alle 8 a casa allo svincolo dell’autostrada scivolo giù verso City Lights, verso il viso di Peter e la televisione, i soldi e i vagabondaggi futuri.  

Ginsberg e l'America vista dalla strada
Settembre 1965. Allen Ginsberg è un poeta affermato, già quasi un faro per tutta la controcultura americana. Ha appena varcato il confine tra Canada e Stati Uniti a bordo di un pulmino Volkswagen, quello che di lì a poco diventerà un simbolo di anni speranzosi e tormentati. La meta è San Francisco, al volante c’è l’amico poeta Gary Snyder. In sottofondo, la radio sempre accesa. È la prima tappa di un grande viaggio che in auto, treno, aereo e Greyhound porterà l’autore di Urlo e Kaddish ad attraversare in lungo e in largo l’America, anche coast to coast , secondo il mito fondativo dei primissimi beat.
Da una Chicago gotica e tentacolare al sole della California, dal selvaggio Ovest alla provincia più profonda del Midwest, Ginsberg assorbe tutto quello che vede e ascolta. E soprattutto lo documenta, parlando al microfono del registratore portatile Uher che gli ha regalato Bob Dylan. Il nastro della strada si trasforma in una catena ininterrotta di immagini, messa poi in versi sulla pagina bianca.
Paesaggi, persone, luci, cieli, oceani, tutta l’America nella sua varietà e vastità. Trasmissioni radio, pubblicità, bollettini di guerra dal Vietnam. E poi la musica, tanta musica. Dylan, certo, insieme ai Beatles e ai Kinks. Ma anche Frank Sinatra e i Beach Boys. In questo enorme «vortice» capita che il poeta avverta il bisogno di un ripiegamento, ed è allora che, nel tessuto dei versi, alla protesta pacifista, all’indignazione politica si intrecciano i mantra orientali. 
È qui che affiora il ricordo ed erompe potente l’eros, soprattutto nell’evocazione della giovanile bohème newyorkese e dei due grandi amori perduti, Neal Cassady e Jack Kerouac. Nel 1974La caduta dell’America valse a Ginsberg il National Book Award for Poetry. Oggi il Saggiatore lo riporta in libreria in una nuova edizione accresciuta, che raccoglie tutti i testi composti tra il 1965 e il 1971 (compreso il lungo Wichita Vortex Sutra ), e in una nuova traduzione.
Ne emerge l’assoluta centralità dell’opera, per l’importanza dei temi e l’audace lavoro sul linguaggio, non solo nel corpus dell’autore ma in tutta la poesia americana. Sulle orme di Blake, e soprattutto di Whitman – primo cantore ufficiale dell’America moderna e dedicatario del libro –, il viaggio fisico si armonizza alla perfezione con quello attraverso i nomi, i luoghi, le suggestioni della grande poesia in lingua inglese.

http://www.illibraio.it/


Allen Ginsberg
La caduta dell’America
Poesie di questi Stati. 1965-1971
Il saggiatore, 2015
€ 29,00

1 commento:

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    Flavia Schiavo: thanks.... ho incontrato Ginsberg che ero ragazzina, grazie alle splendide traduzioni di Farnanda Pivano, che per me è sempre collegata a suo marito, non in un rapporto di sudditanza, ma di affinità complice.... Il marito era Ettore Sottsass un architetto, lui si definiva tale, pur essendo definito Designer... una gran mente aperta che ho ascoltato parlare... silenziosamente.... parlava infatti con delicate sognanti interruzioni che lasciavano trasparire non incertezza o povertà ma riflessione interiore su un mondo fatti di oggetti, fatto di ombre, fatto di colori .... se lui parlava smozzicato immerso in un silenzio comunicativo che mi seduceva per la sua soave lenta percorrenza... Fernanda parlava fluente e rapida americano e portò qui, tra le nostre braccia affamate, l'America contemporanea aprendoci un universo altro in cui, adesso, per quanto sia cambiato, sto così tanto immersa.... era quella, l'America della cultura contro, contro il puritano mondo, ancor oggi esistente, dell'America di matrice anglosassone od olandese, quella dei coloni... era la America against WASP cioè contro quella fascia sociale nota come White Anglo-Saxon Protestant.... in Ginsberg come in Jack Kerouac, William S. Burroughs, John Clellon Holmes (autore di una novella "GO" in cui, era il 1952, venne coniato per la prima volta il termine Beat) o in Gregory Corso, in quei poeti con la "spada" in mano, stava e sta la rabbia dissacrante,la nuova visione, sta e stava la parola violenta, stava e sta la città che noi, in Europa, non conoscevamo.... lui Ginsberg scrisse Urlo (Howl) nel '56 e io non ero ancora nata, ma quando lo lessi non solo mi sembrò così tanto contemporaneo (facendomi cogliere la sfasatura tra la contemporaneità europea e quella americana), quanto illuminante.... ricordo di averlo letto, di averne letto un pezzo, quando ero rappresentante di Istituto riempendo la mia bocca con quei suoni roboanti come una Apocalisse: I saw the best minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical naked.... un incipit furioso, furente, furibondo.... contro.... contro un mondo repressivo.... verso una esplosiva vitale libertà.... Ginsberg nel 1978 scrisse Mind breaths (Respiri mentali) in cui raccontava della sua mente porosa e attraversata e delle sue esperienze a cavallo tra psichedeliche visioni e un andare oltre.... ho amato quella scrittura, così come ho amato e amo quella America, e quella musica, che con quella scrittura aveva un grande legame.... la musica al Greenwich Village, a New York, in quei molti locali dove si beveva e si recitavano versi anche quando alcuni dei poeti della beat Generation erano morti.... mentre Chet Baker, Dizzy Gillespie, Miles Davis, suonavano.... luoghi dove Jonh Lennon andava, magari un pò dopo, dove avrebbe voluto esser nato, vivere abitare....

    Francesco Virga: Ti ringrazio tanto, cara Flavia, per questa bellissima testimonianza. Anche tu hai un modo di parlare e di scrivere che seduce immediatamente ...Grazie!

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