24 marzo 2015

AUGURI A FRANCO BATTIATO



Questa intervista di Malcom Pagani è uscita su Il Fatto Quotidiano il 23 marzo in occasione dei 70 anni di Franco Battiato. Ringraziamo l’autore e la testata. 

Intervista a Franco Battiato per i suoi 70 anni

di Malcom Pagani

La voglia di vivere a un’altra velocità, la stessa di sempre: “Ora cammino con le stampelle, ma tra un po’ le butto. Mi dicono ‘Franco, calmati, ci vuole ancora un mese’. Si sbagliano. Penso che nel giro di una settimana la mia frattura non sarà che un ricordo”. Ragionando nell’imminenza della celebrazione su quelli di un’esistenza intera: “Io lavoro sulla spiritualità, cosa vuole che me ne freghi del mio compleanno?” Franco Battiato non si emoziona per il dato anagrafico. Oggi (ieri per chi legge, ndr) compie settant’anni, lo fa guardando in faccia Milo, Catania e il suo passato. Anche se il tempo cambia molte cose, e opinioni e amicizie non sono necessariamente più quelle di ieri, di tanto in tanto un grido copre ancora le distanze: “In effetti rompendomi il femore al Petruzzelli un po’ devo aver urlato”. Era metà Marzo e Battiato – tornato da un lungo viaggio europeo tra Londra, Parigi, Oviedo e Barcellona e l’Irlanda: “Una cosa pazzesca, a Dublino, introducendo il concerto in inglese mi interrompevano dalla platea ‘ parla italianoooo’”- chiudeva la tournée in Puglia cantando di ritmi ossessivi e danzatori bulgari: “A bordo palco c’era un certo fanatismo. Un entusiasmo impossibile. Cerco di ringraziare e durante la canzone vado a toccare le mani delle ragazze in prima fila. Quelle mi prendono per il braccio. Perdo l’equilibrio, inciampo e cado all’indietro. Ciao Battiato. Una cosa allucinante”.
Quindi, la cronaca racconta di una corsa in ospedale.
Avrei fatto bene a rimanere sdraiato. Farmi spostare a braccia nei camerini non è stata una buona idea. Oltre al dolore, ha provocato una sovrapposizione ossea che ha complicato l’operazione. Ma non si poteva fare altrimenti.
Perché?
E che potevo aspettare l’ambulanza sul palco con il pubblico in sala a piangere il morto? C’erano millecinquecento persone. Non era il caso.
Quanto affetto però.
Corsi e ricorsi. Mi sembra di essere tornato agli anni ’80, quando negli alberghi della Versilia, dietro compenso, gli inservienti vendevano ai fan la vista notturna sul cantautore dormiente. In altre forme, si sta verificando tutto quel che mi accadde allora. In Europa avevo previsto esibizioni poco più lunghe di un’ora. Tra un bis e l’altro, non sono mai riuscito a lasciare il teatro prima di due ore e mezza. All’epoca mi turbai, oggi l’affetto mi fa un’altra impressione. Del successo, in generale, non me ne è mai importato nulla.
Dice sul serio?
Non ho mai compiaciuto nessuno. Sono partito dallo sperimentalismo, ho scritto canzoni popolari, girato film, dipinto quadri senza mai accontentarmi della culla protetta o delle sicurezze. Come per magia quelli che mi apprezzavano in una veste, mi hanno dato retta anche quando mutavo essenza senza pretendere che somigliassi a un juxe-box e che a ogni monetina inserita, corrispondesse un loro desiderio. Mi hanno lasciato essere come volevo e se posso dirlo spudoratamente, io sono cambiato e ho fatto tutto il mio percorso solo per loro. Me ne frego delle sicurezze e me ne frego di offrirle. Sa cosa mi diceva Lucio Dalla?
Il suo amico Dalla.
Il mio amico Dalla, certo. “Io inseguo il pubblico, Franco. Tu ti fai inseguire”. Sembra una cazzata, ma è vero. Io dei gusti dei fans me ne frego, loro lo sanno. Non ho mai fatto una capatina su Facebook. Non esiste. Se lo possono scordare.
Senza Facebook, ma con settant’anni sul groppone.
Tanto non dominiamo nulla, quindi anche l’età, come molto altro, resta un’astrazione. Giada Colagrande, la moglie di William Dafoe, mi ha mandato un documento importantissimo per spiegarmi il mio piccolo incidente fisico. Lei sapeva esattamente quel che mi sarebbe accaduto.
Un’indovina?
Potrei parlarle di astrale karmico e di cerchi della vita, ma semplificherò perché la gente è scettica e scherza su cose serissime.
La delude?
La delusione è nell’osservare qualsiasi volo ridotto alla tangibilità. Grazie a David Bohm, la scienza è entrata nel campo del misticismo, ma i fisici fanno finta di nulla e sembra che abbiano bisogno sempre di una prova. Di una dimostrazione empirica. Per capire che due persone si amano, devi vederli scopare?
Torniamo a Giada Colagrande. Che documento le ha mandato?
Uno scritto in cui, in parole poverissime, mi dice che nel futuro mi attende quel che il mio inconscio sta preparando. Si va di 9 anni in 9 anni, così per un’altra frattura o per una qualsiasi altra manifestazione rilevante, possiamo riparlarci nel 2024. (Ride).
Rimanendo al 2015 cosa possiamo dirci?
Che abbiamo perso per strada una qualità umana che sarà impossibile recuperare.
Ha nostalgia di qualcosa?
La nostalgia non è un valore. Se la provassi non avrei scritto una canzone come “Sui giardini della preesistenza”.
“Voglio di nuovo gioia nel mio cuore/ un tempo in alto e pieno di allegria” diceva.
L’unica cosa per cui si può avvertire nostalgia sono i paradisi perduti. Gli angeli nascosti. Ciò che di meraviglioso, magari fugacemente, abbiamo incontrato. Se c’è una cosa bella dell’età che avanza, è in questo miracolo: saper riconoscere la bellezza. Quando mi passa davanti, adesso, la colgo.
“Vorrei tornare indietro per rivedere il passato, per comprendere meglio quello che abbiamo perduto” cantava.
Forse oggi non basterebbe neanche capire. Mi ricordo molto bene i veri siciliani di un tempo. Quelli del dopoguerra. Gente che aveva voglia di vivere e di pensare con la propria testa.
Poi cosa è successo?
Siamo entrati nel regno della vanità. Ci hanno fottuto lì. Prenda i politici di oggi: quando li osservo ho pietà per loro. Mi sento male: santo dio, ma da dove vengono?
Non soffrirà per loro?
Quando vedo gente incapace di spogliarsi delle propria bestialità, soffro sempre. Anche se è una bestialità in giacca e cravatta. Detto questo, aiuterei anche uno come Lupi, uno che mi fa schifo. Anche Renzi. Anche Berlusconi che è un mostro totale. Detesto i politici di oggi, ma non escludo possano cambiare.
Perché li aiuterebbe?
Perché siamo tutti uguali. È inutile dire “Quello è cretino”. Non è escluso che una faccia di merda, un ladro o un delinquente, un giorno non possa essere illuminato da un’intuizione, redimersi e superarti nel percorso della virtù e della conoscenza. Sa qual è una cosa interessante dell’esistenza?
Dica pure.
La possibilità di elevarsi. Il fatto che qualcuno, un mascalzone o un assassino, guardandosi allo specchio, possa improvvisamente riflettere e capire: “Ma che cazzo di vita ho condotto fino a ora?”. Succede. Ed è più utile di una sciatta preghiera innalzata pigramente a dio nell’illusorio tentativo di salvarsi. Secondo il calendario del Bardo l’uomo ha sette possibilità di finire in zone elevatissime. Per certi parlamentari, l’eventualità è oggettivamente tenue. Mai dire mai però.
Tra il ’79 e l’82 tra una bandiera bianca e un cinghiale della stessa tinta, l’Italia scoprì Battiato. È vero che ha retrospettivamente abiurato quel periodo.
La parola abiura non mi piace. Ho scritto delle cose più o meno buone e alle quali sono più o meno affezionato. Qua e là, ci sono canzoni a cui qualcuno ha avuto la generosità di riconoscere un valore letterario. All’epoca de Il re del mondo mi chiamarono molti poeti per congratularsi e chiedermi come avessi fatto a scrivere e a inserire senza anatemi del pubblico in un disco vendutissimo: “Strano come il rombo degli aerei da caccia un tempo/ stonasse con il ritmo delle piante al sole sui balconi”. Erano riconoscimenti liberi dall’invidia e dal livore. Telefonate che facevano piacere.
Lei cosa rispondeva?
Che erano frasi venute così, senza particolare rovello. Senza impegno metodologico. Pensi che ai tempi di Prospettiva Nevskij, non ero convinto del testo. Scrissi quella canzone tutta di seguito e poi la feci sentire a Giusto Pio: “Ma è bellissima”disse. Io ero scettico, cercavo di convincerlo: “Sicuro? A me sembra una cazzata”. Fui lui a spingermi a inciderla: fosse stato per me sarebbe finita nella spazzatura.
È stato severo nel valutarsi in questi 40 anni di percorso?
Credo giusto. Sono stato sempre assai poco geloso delle mie creazioni. Anni fa andai ad ascoltare un gruppo punk di Bologna in un teatro milanese in Via Larga. Mi si avvicina il leader e fa: “Suoneremo una cover di Up patriots to arms, ti dispiace se cambiamo qualche parola?”. “Ma cosa vuoi che me ne freghi?”. Detto fatto. Salgono sul palco e attaccano: “Mandiamole in pensione quelle facce di merda, ci hanno rotto i coglioni”.
Diverso dal suo “Mandiamoli in pensione i direttori artistici/ gli addetti alla cultura”. Si arrabbiò?
Mi sono divertito più in quell’occasione che a cantare migliaia di volte l’originale.

Testo ripreso dal sito   http://www.minimaetmoralia.it/

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