12 marzo 2015

ANNA MARIA ORTESE TRA VITA E ARTE




Dal sito https://georgiamada.wordpress.com/2015/03/10/ riprendo il pezzo seguente dedicato ad una grande donna:

Fabrizia Ramondino su Anna Maria Ortese



Edizione del 1994 delle Ferrovie dello Stato in accordo con Viviani Editore. Foto presa da QUI
Le note fra parentesi quadre sono di Giorgio Di Costanzo (georgia)

Tra vita e arte. Ortese, dicerie su una grande
di Fabrizia Ramondino



La bio-bibliografia di Anna Maria Ortese a cura di Luca Clerici (Apparizione e visione – Vita ed opere di Anna Maria Ortese, Mondadori, euro 32,00) è un libro necessario, non solo per onorare una grande scrittrice, ma anche per sfatare tanti luoghi comuni che spesso ne hanno sminuito la figura letteraria ed umana. Un libro necessario come lo è stato per me la bio-bibliografia di Colette di Judith Thurman. Mi manca ancora un libro simile su Elsa Morante – forse finora nessuno ha osato avvicinarsi a questo «mostro», in uno dei sensi etimologici della parola, «prodigio». Mentre un tentativo, seppure parziale è stato fatto su Natalia Ginzburg da Maja Pflug in Arditamente timida (La Tartaruga, 1997).
I grandi meriti del libro di Luca Clerici sono la documentazione rigorosa ed estesa che non scade mai nella pedanteria accademica, l’amore per la scrittrice, che non diventa mai omissione del vero o panegirico; infine la lingua stessa del saggio, piana ed emozionante insieme.
Anna Maria, tanto nella vita che nell’opera è stata una figura complessa, amata o detestata, relegata nell’oblio o esaltata. E, come Colette, seppure quanto diversa da lei, sempre molto chiacchierata. Questo libro sfata dunque luoghi comuni, che mentre hanno offuscato il valore dell’opera, hanno ferito profondamente la persona.
Sarebbe stata una donna priva di ogni senso pratico, come vivesse fra le nuvole. Questo detto su di una donna sempre povera in vita sua, autodidatta, coltissima, ma mai à la page rispetto ai vari libri o tematiche del tempo; priva di appoggi potenti, fra cui per esempio quello di un marito (ma se una donna fosse un Tolstoi, troverebbe mai al suo fianco un signor Tolstoi? E quanto ce n’è voluto a Colette, il prototipo della donna libera, seduttrice e potente, per liberarsi del suo minuscolo Tolstoi, il primo marito Willy, che la rinchiudeva in una stanza per scrivere storie sempre più osé di fanciulle, espropriandola persino della firma!). La povertà più che l’inquietudine ha costretto Anna Maria a infiniti traslochi, non solo tra varie città, ma in una città stessa, ad adattarsi a mille situazioni penose, camere mobiliate, appartamentini, convivenze non sempre scelte o gradite. E non ci vuole un forte senso pratico per affrontare tutto questo? Anche i tanto discussi rapporti «sleali» con i suoi editori denotano senso pratico. Fin da giovanissima è vissuta solo dei proventi del suo lavoro mal pagato di scrittrice, romanziera e giornalista. E in queste condizioni è bene giocare su vari tavoli con gli editori – e Anna Maria si è rivelata molto abile.
Altro luogo comune: nello scrivere sarebbe stata disordinata e discontinua tanto nel metodo che nei risultati. Ma ogni scrittore ha i suoi tempi, i suoi modi, i suoi alti e bassi, C’è per esempio chi, al contrario di Anna Maria, inizia un romanzo e in poche settimane o mesi lo finisce tutto d’un fiato.
Infine l’altro luogo comune, che ha offeso la donna più che l’opera: a dire di molti suoi coetanei, scrittori e giornalisti, sarebbe stata una donna eroticamente e sessualmente insoddisfatta; da alcuni, che ho conosciuto personalmente sono state pronunciate frasi come «era bellina, ma non aveva culo» [Luigi Compagnone gdc], oppure «arrivati al momento, non voleva…». Invece a parte le sue storie d’amore che non conosciamo, ma nessuno è obbligato a parlarne, sappiamo con certezza di una sua storia d’amore e di convivenza pienamente vissuta con il giornalista e scrittore Marcello Venturi a Milano e durata alcuni anni. E Marcello Venturi, tutt’al contrario di quei signori di cui parlavo prima, si è espresso con grande delicatezza e sofferenza rispetto a quella comune storia d’amore.
In molte opere di scrittori c’è a volte un personaggio che ci sembra incarni maggiormente lo scrittore stesso. Credo che il personaggio che rappresenti meglio Anna Maria è l’iguana dell’omonimo romanzo, una bestiola che ha una mente e un animo di donna, dinanzi alla quale gli uomini provano chi amore chi repulsione. Porrei questo grande romanzo accanto a un lungo racconto di David Garnett La signora trasformata in volpe; narra dello sconcerto di un piccolo lord di campagna inglese che assiste alla progressiva trasformazione della giovane moglie in una bestiola: a tavola comincia a mangiare con le mani-zampette finché fugge per fare l’amore e per avere figli con un suo pari, un volpacchiotto. Il punto di vista maschile nello scoprire i bisogni erotici e sessuali della moglie, ridotti però all’animalità.
Di tutte le opere di Anna Maria voglio ricordare un lungo racconto, che considero un capolavoro del nostro Novecento, Il treno russo (devo la prima lettura di questo libro – uscito nella Pellicano Libri di Catania1, a Dario Bellezza che, anche se così povero e poco potente, non solo ospitò in casa sua l’amica, ma si adoperò per promuoverne l’opera in un periodo particolarmente difficile della sua vita): invitata a partecipare con una delegazione di intellettuali italiani a visitare l’Unione Sovietica, nel lungo viaggio in treno, con pochi tocchi – i corvi neri, le betulle, la neve, la rosa di una compagna russa di viaggio, piccoli scambi di sguardi o di cibo riesce a renderci la vasta anima russa. Non a caso il racconto si ferma a Mosca, dove l’aspettano i ricevimenti, discorsi e visite ufficiali. Perché Anna Maria, che è sempre stata di sinistra e laica – ma di una religiosità cosmica -, il comunismo non lo condivideva [Anna Maria Ortese è stata iscritta al P.C.I. gdc]. Come risulta anche dal suo impegno nell’immediato dopoguerra con il gruppo di giovani raccolto a Napoli intorno alla rivista «Sud», che tutti erano alla ricerca di quella che poi fu chiamata in politica «la terza via».
Colgo l’occasione per esprimere riconoscenza all’editore Adelphi che negli ultimi anni si è preso carico della sua opera, inviandole persino quotidianamente a casa una segretaria-editor che l’aiutasse a mettere ordine nel suo lavoro e a portare a compimento alcune opere prima solo abbozzate. E che quindi ha contribuito a farla considerare, non solo da chi era stato indifferente alla sua opera o perfino l’aveva stroncata, ma anche da tanti nuovi giovani lettori, una delle grandi scrittrici del Novecento italiano.
Il Mattino, 13 febbraio 2003, dalla pagina facebook dedicata a Anna Maria Ortese di Giorgio Di Costanzo
Note
1) Ripubblicato da Adelphi in Anna Maria Ortese, La lente scura. Scritti di viaggio, 2004.

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