Luciano Del Sette
Jean-Claude Izzo il
cuore di Marsiglia
Solo il prologo
e l’epilogo fanno eccezione. Lì non compaiono.
Le ritrovi, invece, puntuali, sempre introdotte dalla
formulazione ‘Nel quale’, sotto la scritta che
indica il numero del capitolo. Sono due righe che possono
sfuggire al lettore immerso nello scorrere delle
vicende della Trilogia di Fabio Montale, il
commissario creato da Jean Claude Izzo.
Possono sfuggire
perché a loro viene da assegnare il valore di una
semplice citazione, di un piccolo divertimento
letterario. Invece, se messe in fila, quelle due
righe, centoventi in tutto tra Casino
totale, Chourmoe Solea, i romanzi della Trilogia,
assumono ben altro valore. Come se fossero parole scritte
con l’inchiostro simpatico, che solo il calore di una
fiamma può rendere evidenti, diventano espressione
dell’anima interiore e letteraria di Izzo.
Descrivono il suo
amore senza condizioni per Marsiglia, l’identità
dei suoi personaggi, il suo credo morale e politico,
la coscienza della disperazione altrui, la ricerca della
speranza sovente sconfitta dalla disillusione.
Proviamo, allora, a metterne in fila qualcuna,
per raccontare Izzo, cui non calza fino in fondo la
definizione di autore del genere ‘noir’, che ha
fermato la sua penna e concluso la sua vita
nell’ultima settimana di gennaio del 2000. Quindici
anni fa, a cinquantacinque anni.
Da Casino
totale «Anche per perdere bisogna sapersi battere;
anche senza possibilità, scommettere
significa sperare; l’onore dei sopravvissuti
è sopravvivere; è nel dolore che si riscopre
di essere un esiliato; è meglio esprimere ciò che si
sente; l’unica trama è l’odio del mondo». Da Chourmo.
Il cuore di Marsiglia «Di fronte al mare la felicità
è un’idea semplice; è essenziale che la gente
si incontri; nella vita le scelte non determinano
tutto; la storia non è l’unica forma del destino; non
esiste una bugia innocente; anche i rimpianti
appartengono alla felicità; si sputa nel vuoto, per
disgusto e con stanchezza».
Da Solea «Lontano
dagli occhi vicino al cuore, Marsiglia, sempre;
l’abitudine alla vita non è una vera ragione per vivere; sono
spesso gli amori segreti quelli che si dividono con una città;
esistono errori troppo mostruosi per averne rimorso; grazie
alla leggerezza, la sofferenza può
riconciliarsi con il volo di un gabbiano; è proprio
la vita che si recita, fino all’ultimo respiro; non esiste
verità che non porti con sé l’amarezza».
È proprio la vita
che si recita, fino all’ultimo respiro (Solea, capitolo
11). Izzo, sul palcoscenico della vita, ci era salito
il 20 giugno del 1945, venendo al mondo nel quartiere del
Panier, abitato da un popolo di migranti tra i quali si
registrava la presenza massiccia dei corsi
e degli italiani; quartiere storicamente
considerato dal resto dei marsigliesi luogo
di malaffare, traffici, piccola e grande
delinquenza, prostituzione.
Gennaro, padre di
Jean Claude, era arrivato al Panier da Castel San Giorgio,
Salerno. Di mestiere barista, aveva sposato Isabelle
Navarro, radici spagnole, nata in rue des pistoles. La
prima giovinezza di Izzo si divide tra la scuola, il lavoro
di commesso in una libreria e la militanza nel
Movimento Internazionale Pax Christi. Il
vento degli obblighi da assolvere per essere buon
cittadino lo porta in servizio militare
a Gibuti, nel ’64.
Il vento della politica,
sotto le armi, a fare un lungo sciopero della fame. Lo
stesso vento, reso più forte dalla raffica del ’68, spingerà
Izzo a candidarsi nelle elezioni legislative
con il Partito Socialista Unificato e poi
a entrare nel Partito Comunista Francese. La
Marseillaise, quotidiano regionale del PCF,
lo chiama a collaborare.
Il congedo
temporaneo da Marsiglia, insieme alla prima
moglie Marie Helene Bastianelli, avviene con il trasferimento
in un paesino a cinquanta chilometri di
distanza. Gli anni tra il ’70 e il ’75 sono gli anni della
scrittura militante e di quella poetica: un
copione teatrale per chiedere la libertà della militante
comunista americana Angela Davis, il ruolo di
vice caporedattore a La marseillaise,
la pubblicazione di quattro raccolte di
poesia. Il respiro della vita si contrae.
Nel ’78, Jean Claude
restituisce la tessera del PCF e si separa da
Marie Helene, qualche mese più tardi si dimette da La
marseillaise, per vivere fa lavori saltuari. Dal 1980
al ’95, anno di uscita di Total Khéops, Casino totale, per
l’editore Gallimard, l’uomo che sotto il capitolo
numero quindici di Chourmo annoterà Nel quale anche
i rimpianti appartengono alla felicità,
diventa redattore di un altro giornale, Vie Mutualiste;
approda a Parigi, scrive per il cinema e per la musica.
Non può saperlo ancora,
ma la recita fino all’ultimo respiro della vita sta lentamente
avvicinandosi alla conclusione. Respira
bene, Izzo, ai ritmi letterari del seguito di Casino
totale, Chourmo. Il respiro di Marsiglia; di Marinai
Perduti, di Solea(romanzo conclusivo della
Trilogia), di Vivere stanca; degli appunti e delle
riflessioni in Marseille. L’affanno si fa sentire
forte, inesorabile, durante la stesura de Il
sole dei morenti. La parola fine porta la data 26 gennaio del
Duemila.
Sébastien Izzo
guarda lo schermo del suo computer, guarda la tua faccia
‘trasmessa’ da skype. Somiglia al padre, Sébastien,
prima che il tempo, l’amore per il rito dell’aperitivo, la buona
tavola e il buon vino aggiungessero rotondità
a un viso gioviale incorniciato dagli occhiali;
rendessero un po’più radi i capelli lunghi
della gioventù; disegnassero una piega riflessiva
sul sorriso.
Due citazioni per
te, Sebastien. La prima, Sono spesso gli amori segreti
quelli che si dividono con una città (Solea, capitolo
6), per chiederti che padre era Jean Claude, quali rapporti
aveva con la gente del suo stesso mestiere, di cosa parlavate
passeggiando per Marsiglia, «Durante la mia
infanzia non l’ho visto molto. Si era separato da mia
madre, io avevo soltanto sei anni. Le cose cambiarono
quando lui si trasferì a Parigi (nel 1987, ndr) e andavo
a trovarlo.
Era un padre affettuoso,
passavamo molte ore in giro per la città. Diventò un
amico con il suo ritorno a pochi chilometri da
Marsiglia. Nei miei ricordi di quindicenne ci
sono le tante sere passate a chiacchierare
durante un aperitivo o una cena. Da lì in poi il
rapporto andò sempre più rafforzandosi.
Mentre stava scrivendo Casino totale, mi mandava
le pagine chiedendomi giudizi, suggerimenti
sui posti in cui ambientare i capitoli. Izzo
conosceva un sacco di gente, perché prima di diventare
scrittore era stato giornalista e responsabile
della comunicazione per eventi culturali,
Con loro continuava ad essere semplicemente
se stesso: gentile, disponibile, pronto a parlare
e discutere, ospitale.
Posso dire in tutta
sincerità che era sinceramente amato. Le
nostre passeggiate per Marsiglia sono state molte
e molto diverse tra loro. Ai tempi di Casino totale andavo
a prenderlo con l’auto nel paese in cui viveva, mio padre
non ha mai avuto la patente, e giravamo i bar,
i bistrot, le piazze del Marechais e delle Goudes.
Conoscerli, entrarci, passarci un po’di tempo, gli
serviva per il libro Poi, ad esempio quando lavorava
a Marinai perduti, una delle sue mete preferite
era diventato il porto, non il Vieux Port ma quello
commerciale delle grandi navi.
I suoi romanzi sono
nati dal mestiere di giornalista e dall’essere
un poeta. Lui sapeva fondere queste due componenti
nella scrittura letteraria. Per Marinai
perduti saliva sulle navi all’ancora, ascoltava
i racconti degli equipaggi, cercava di capire se
quei marinai amassero o no Marsiglia, dove
andassero durante le ore di libera uscita». Nel quale
è meglio esprimere ciò che si sente (Casino totale,
capitolo 7), è citazione e domanda su ciò che
Izzo ti ha lasciato di sé, delle sue battaglie
politiche, del suo rapporto con i momdi della
città. «Durante tutta la vita, lui si è battuto contro
il razzismo, l’emarginazione, i poveri abbandonati
nelle strade di Marsiglia. È questo che mi ha
trasmesso: lottare contro l’esclusione, contro
il ritorno del fascismo sotto le spoglie di movimenti
quali il Fronte Nazionale, per la convivenza fra
civiltà non importa quanto e in che cosa diverse. Ci credeva,
io continuo a crederci». Citazione
aggiuntiva, allora. È essenziale che la gente si
incontri (Chourmo, capitolo 4).
Su Internet
esistono decine di aforismi a firma di Izzo,
messi in rete dai siti ‘specializzati’. Fuori dai
romanzi, rischiano di produrre un effetto bigliettino Baci
Perugina, di trasformarsi in merce da vendere per
stupire durante una serata tra amici o a cena con una
potenziale conquista amorosa. ‘A Marsiglia
non c’è niente da fotografare’ può venir a giusto
titolo interpretato in senso dispregiativo:
brutta città, ma che andate a farci in vacanza.
E che dire di
‘Parigi è un’attrazione. Marsiglia un
passaporto’? Detta così, evoca problemi
burocratici alla frontiera e controlli di
polizia per le strade. Ma quando hai letto Izzo, sai benissimo
cosa significasse per lui, e per te che nella città
hai trascorso anche solo una manciata di giorni,Un po’di
verità non fa male a nessuno (Chourmo, capitolo
5). La verità di Marsiglia, Izzo non la nasconde.
È fondamenta su cui poggia la costruzione
dei suoi personaggi, la deriva e la durezza delle loro
esistenze, la serenità comunque troppo breve di una
tregua, la fragilità di amori consumati in
un letto e mai lungo il cammino di una vita, il sangue
di un pugno o di una pistola.
La verità di Marsiglia
è un Giano Bifronte: da un lato la luce del sole e il blu
del cielo che abbagliano, il mare che si ferma davanti alle
coste di Algeri, gli amici di un bistrot che rendono meno
solitario il bicchiere di pastis, la musica che fa
dimenticare o ricordare; dall’altro, come in
una Rio de Janeiro d’Europa, i migranti dei traffici di
droga e degli espedienti di ogni genere, nel cuore del
centro, a due passi dai palazzi d’epoca e dai dehors
dei bar per turisti; i cartelli delle periferie,
annunci di confini per ragioni diverse inviolabili; la
fatiscenza che l’ha fatta spesso accostare a Napoli.
La verità di
Marsiglia, che tu, straniero, puoi permetterti
di andare a cercare, disorienta, cattura, mette
malinconia senza tristezza, ti lega a sé in un
abbraccio eterno. «Monterà in voi la limpida
felicità di essere qui un giorno, una settimana,
oppure un mese. O per sempre, magari». Firmato Jean
Claude Izzo, alchimista di un incantesimo dagli
effetti irreversibili.
Il manifesto – 31
gennaio 2015
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