Carmine
Schiavone, il pentito ex boss dei Casalesi, è morto in questi giorni, stroncato
da un infarto. Fu il primo a svelare i traffici del più potente clan camorristico
e raccontare come questo entrò nell’affare dello smaltimento illecito di rifiuti.
Antonello Ardituro, per dieci anni Sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha indagato a lungo sugli affari illeciti del clan. In un ampio capitolo del volume Lo Stato non ha vinto. La camorra oltre i casalesi, appena uscito in libreria per Laterza, ricostruisce la storia e le vicende giudiziarie legate alla tristemente nota "Terra dei Fuochi" e racconta di come lo Stato sia stato troppe volte complice, troppe volte connivente, altre volte distratto. Eccone qualche stralcio ripreso da http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-terra-dei-fuochi-la-camorra-e-lo-stato-complice/
Antonello Ardituro, per dieci anni Sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha indagato a lungo sugli affari illeciti del clan. In un ampio capitolo del volume Lo Stato non ha vinto. La camorra oltre i casalesi, appena uscito in libreria per Laterza, ricostruisce la storia e le vicende giudiziarie legate alla tristemente nota "Terra dei Fuochi" e racconta di come lo Stato sia stato troppe volte complice, troppe volte connivente, altre volte distratto. Eccone qualche stralcio ripreso da http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-terra-dei-fuochi-la-camorra-e-lo-stato-complice/
La 'Terra dei Fuochi', la camorra e lo Stato complice
Antonello Ardituro
Milioni di tonnellate di rifiuti
bruciati, campi contaminati, falde acquifere a rischio, strade invase da cumuli
di munnezza. Fusti di melma tossica interrati, colture avvelenate, una
percentuale altissima di tumori. Il territorio devastato, i lagni della
Campania felix e il mare del litorale domizio inquinati.
Come se lo Stato non si fosse mai occupato della gestione del ciclo di rifiuti, come se le province di Napoli e Caserta non fossero state governate ma lasciate al loro barbaro destino. Come se avesse governato la camorra.
Non è stato così. Ha governato lo Stato, sono stati spesi centinaia di milioni di euro, si sono arricchiti politici, funzionari, faccendieri. Un giro vorticoso di denaro e veleni che ha spinto l’ex boss del clan dei casalesi Carmine Schiavone a lanciare una terribile profezia: «Negli anni Novanta quello dei rifiuti è diventato un affare autorizzato, che faceva entrare soldi nelle casse del clan. [...] gli abitanti di quelle zone rischiano di morire tutti di cancro entro venti anni; non credo, infatti, che si salveranno: gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via avranno forse venti anni di vita!».
Parole pronunciate non al chiuso di una caserma, né in un colloquio fra boss intercettato da una microspia, ma in un’aula parlamentare il 7 ottobre del 1997, quando Schiavone rispose alle domande della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. «Perché afferma questo?», gli chiede incredulo il presidente Massimo Scalia. «Lo dico perché di notte i camion scaricavano rifiuti e con le pale meccaniche vi si gettava sopra un po’ di terreno. Tutto questo per una profondità di circa 20-30 metri».
Vicino alle falde acquifere, dunque. Una confessione allarmante, che avrebbe dovuto spingere la politica a promuovere immediatamente un programma di bonifica e risanamento del territorio. Invece è calato il silenzio. Su quel verbale è stato apposto il segreto per oltre quindici anni. Le 63 pagine con le accuse del pentito sono state rese pubbliche solo nel novembre del 2013, su disposizione della presidente della Camera Laura Boldrini. È vero, Schiavone aveva riferito le stesse circostanze anche ai magistrati del pool anticamorra che hanno indagato su quelle dichiarazioni, cercato e in massima parte individuato i riscontri alle attività di sversamento illecito di rifiuti che – parole del pentito – avevano rappresentato la più importante fonte di reddito dell’organizzazione criminale. Ma la politica ha aspettato tre lustri prima di far conoscere quanto Schiavone aveva riferito.
«La mafia e la camorra non potevano esistere se non c’era lo Stato... Se le istituzioni non avessero voluto l’esistenza del clan, questo avrebbe forse potuto esistere?», chiede provocatoriamente Schiavone alla Commissione parlamentare. I magistrati, del resto, avevano comunicato, rappresentato, riferito alle autorità politiche e istituzionali. Audizioni parlamentari, relazioni. E poi processi. Numerosi. Consulenze tecniche. Scavi e verifiche. La Resit di Giugliano. Milioni di ecoballe stoccate in attesa di decisioni che non arriveranno mai. Tante discariche, legali e clandestine. Rifiuti pericolosi, speciali e tossici. La politica sapeva. Non ha fatto nulla. O, forse, ha fatto molto nella direzione sbagliata. Quanti interessi! Elettorali, economici, criminali. Imprese del Nord e aziende del Sud. Politici locali e nazionali. Istituzioni.
Lo Stato dunque è colpevole. Più della camorra. I cittadini – distratti – sono colpevoli; come i loro governanti. La camorra è colpevole, per aver mentito alle stesse famiglie dei suoi affiliati quando prometteva benessere e sicurezza, mentre era impegnata ad avvelenare le terre e lucrare sulla salute delle persone [...].
È Carmine Schiavone il primo a raccontare come la camorra dei casalesi entrò nell’affare dello smaltimento illecito di rifiuti [...].
***
La camorra ha mentito: si è proposta come soggetto capace di portare benessere e protezione; ha raccontato di essere in grado di garantire il futuro delle nuove generazioni, abbandonate dallo Stato e senza speranza. Invece ha portato morte e disperazione; soprattutto ha inquinato la terra sotto i piedi della brava gente, e senza terra nessun popolo ha futuro, e il presente è solo finzione e spavalderia.
La notte di un’intera regione umiliata dai veleni non è mai finita. Le cronache giudiziarie hanno raccontato le indagini, i processi e i verbali dei pentiti, descritto il ruolo di boss, politici, imprenditori e proiettato sullo sfondo le immagini di collegamenti opachi con gli apparati e la massoneria. Pagine di un libro che non è ancora chiuso, se è vero che ancora oggi si scava alla ricerca dei fusti tossici sepolti più di venti anni fa e se sulle strade di periferia brillano i roghi appiccati in quella che tutta Italia, solo ora, ha imparato a conoscere con il nome di «Terra dei Fuochi».
Carmine Schiavone è uscito nuovamente allo scoperto e ha invitato a cercare nei campi alle spalle dello stadio di Casal di Principe rifiuti forse radioattivi interrati dalla camorra. Dopo di lui, altri pentiti hanno fornito segnalazioni analoghe, come Luigi D’Ambrosio detto Uccellino, che ha confessato di aver svolto il ruolo di escavatorista per conto dell’organizzazione. Uccellino ha detto di aver sversato personalmente bidoni pieni di materiale altamente nocivo nei pressi della circumvallazione di Casal di Principe. La Procura di Nola ha in seguito sequestrato terreni adiacenti una fabbrica di plastica che interrava rifiuti e scarti di lavorazioni industriali, nei pressi di scoli dei Regi lagni utilizzati per l’irrigazione dei campi.
Per la cittadinanza, è altro sale sparso su ferite che non guariranno mai. Chissà quante altre scorie ancora sono nascoste vicino alle nostre case, si chiede la gente che sta dando vita a movimenti e comitati divenuti ormai un caso nazionale. In prima linea blogger, sacerdoti, donne vestite a lutto, associazioni. Sigle, percorsi e storie diverse, spesso in disaccordo gli uni con gli altri. Ma tutti in prima linea per la stessa battaglia, quella che chiede allo Stato una verità che non potrà mai essere solo giudiziaria. Mancano dati certi sulla connessione fra veleni e malattie tumorali, non si conosce il dato reale degli effetti determinati dall’inquinamento camorrista sui prodotti alimentari e sulle falde acquifere.
Lo scontro sugli impianti di termovalorizzazione, anche e soprattutto a causa degli sprechi e delle bugie del passato, assume i contorni di una contrapposizione ideologica fortissima. Persino un tema che dovrebbe rassicurare tutti, come il progetto di bonifica delle zone avvelenate, finisce per accendere polemiche innescate dal timore che le risorse, come accaduto troppe volte nella nostra storia, finiscano nelle tasche di qualcuno e non a risanare il territorio.
Ciò nonostante, qualcosa sembra muoversi nella direzione di un cambiamento. Ha raccolto consensi trasversali la proposta di destinare alle bonifiche le somme accumulate dal fondo di giustizia che gestisce i patrimoni confiscati a boss e colletti bianchi. Il movimento popolare ha imposto l’argomento all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale dopo anni di silenzio. [...]
La presa di coscienza dell’opinione pubblica è però solo una parte, sia pure importante, della strada per uscire dall’emergenza lunga una vita intera. Spenti i roghi tossici, dovranno restare accesi sulla «Terra dei Fuochi» i riflettori dei mezzi di informazione e delle attività di indagine volte a contrastare con sempre maggiore forza le attività illegali, vigilando sugli interventi di bonifica. Al resto dovrà pensare lo Stato, che non potrà più continuare a mentire, giocando con il futuro di un’intera regione. Prima, però, dovranno cessare le complicità e le connivenze. La politica ripulisca se stessa, senza attendere la magistratura.
Da http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-terra-dei-fuochi-la-camorra-e-lo-stato-complice/ 2 marzo 2015
Come se lo Stato non si fosse mai occupato della gestione del ciclo di rifiuti, come se le province di Napoli e Caserta non fossero state governate ma lasciate al loro barbaro destino. Come se avesse governato la camorra.
Non è stato così. Ha governato lo Stato, sono stati spesi centinaia di milioni di euro, si sono arricchiti politici, funzionari, faccendieri. Un giro vorticoso di denaro e veleni che ha spinto l’ex boss del clan dei casalesi Carmine Schiavone a lanciare una terribile profezia: «Negli anni Novanta quello dei rifiuti è diventato un affare autorizzato, che faceva entrare soldi nelle casse del clan. [...] gli abitanti di quelle zone rischiano di morire tutti di cancro entro venti anni; non credo, infatti, che si salveranno: gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via avranno forse venti anni di vita!».
Parole pronunciate non al chiuso di una caserma, né in un colloquio fra boss intercettato da una microspia, ma in un’aula parlamentare il 7 ottobre del 1997, quando Schiavone rispose alle domande della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. «Perché afferma questo?», gli chiede incredulo il presidente Massimo Scalia. «Lo dico perché di notte i camion scaricavano rifiuti e con le pale meccaniche vi si gettava sopra un po’ di terreno. Tutto questo per una profondità di circa 20-30 metri».
Vicino alle falde acquifere, dunque. Una confessione allarmante, che avrebbe dovuto spingere la politica a promuovere immediatamente un programma di bonifica e risanamento del territorio. Invece è calato il silenzio. Su quel verbale è stato apposto il segreto per oltre quindici anni. Le 63 pagine con le accuse del pentito sono state rese pubbliche solo nel novembre del 2013, su disposizione della presidente della Camera Laura Boldrini. È vero, Schiavone aveva riferito le stesse circostanze anche ai magistrati del pool anticamorra che hanno indagato su quelle dichiarazioni, cercato e in massima parte individuato i riscontri alle attività di sversamento illecito di rifiuti che – parole del pentito – avevano rappresentato la più importante fonte di reddito dell’organizzazione criminale. Ma la politica ha aspettato tre lustri prima di far conoscere quanto Schiavone aveva riferito.
«La mafia e la camorra non potevano esistere se non c’era lo Stato... Se le istituzioni non avessero voluto l’esistenza del clan, questo avrebbe forse potuto esistere?», chiede provocatoriamente Schiavone alla Commissione parlamentare. I magistrati, del resto, avevano comunicato, rappresentato, riferito alle autorità politiche e istituzionali. Audizioni parlamentari, relazioni. E poi processi. Numerosi. Consulenze tecniche. Scavi e verifiche. La Resit di Giugliano. Milioni di ecoballe stoccate in attesa di decisioni che non arriveranno mai. Tante discariche, legali e clandestine. Rifiuti pericolosi, speciali e tossici. La politica sapeva. Non ha fatto nulla. O, forse, ha fatto molto nella direzione sbagliata. Quanti interessi! Elettorali, economici, criminali. Imprese del Nord e aziende del Sud. Politici locali e nazionali. Istituzioni.
Lo Stato dunque è colpevole. Più della camorra. I cittadini – distratti – sono colpevoli; come i loro governanti. La camorra è colpevole, per aver mentito alle stesse famiglie dei suoi affiliati quando prometteva benessere e sicurezza, mentre era impegnata ad avvelenare le terre e lucrare sulla salute delle persone [...].
È Carmine Schiavone il primo a raccontare come la camorra dei casalesi entrò nell’affare dello smaltimento illecito di rifiuti [...].
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La camorra ha mentito: si è proposta come soggetto capace di portare benessere e protezione; ha raccontato di essere in grado di garantire il futuro delle nuove generazioni, abbandonate dallo Stato e senza speranza. Invece ha portato morte e disperazione; soprattutto ha inquinato la terra sotto i piedi della brava gente, e senza terra nessun popolo ha futuro, e il presente è solo finzione e spavalderia.
La notte di un’intera regione umiliata dai veleni non è mai finita. Le cronache giudiziarie hanno raccontato le indagini, i processi e i verbali dei pentiti, descritto il ruolo di boss, politici, imprenditori e proiettato sullo sfondo le immagini di collegamenti opachi con gli apparati e la massoneria. Pagine di un libro che non è ancora chiuso, se è vero che ancora oggi si scava alla ricerca dei fusti tossici sepolti più di venti anni fa e se sulle strade di periferia brillano i roghi appiccati in quella che tutta Italia, solo ora, ha imparato a conoscere con il nome di «Terra dei Fuochi».
Carmine Schiavone è uscito nuovamente allo scoperto e ha invitato a cercare nei campi alle spalle dello stadio di Casal di Principe rifiuti forse radioattivi interrati dalla camorra. Dopo di lui, altri pentiti hanno fornito segnalazioni analoghe, come Luigi D’Ambrosio detto Uccellino, che ha confessato di aver svolto il ruolo di escavatorista per conto dell’organizzazione. Uccellino ha detto di aver sversato personalmente bidoni pieni di materiale altamente nocivo nei pressi della circumvallazione di Casal di Principe. La Procura di Nola ha in seguito sequestrato terreni adiacenti una fabbrica di plastica che interrava rifiuti e scarti di lavorazioni industriali, nei pressi di scoli dei Regi lagni utilizzati per l’irrigazione dei campi.
Per la cittadinanza, è altro sale sparso su ferite che non guariranno mai. Chissà quante altre scorie ancora sono nascoste vicino alle nostre case, si chiede la gente che sta dando vita a movimenti e comitati divenuti ormai un caso nazionale. In prima linea blogger, sacerdoti, donne vestite a lutto, associazioni. Sigle, percorsi e storie diverse, spesso in disaccordo gli uni con gli altri. Ma tutti in prima linea per la stessa battaglia, quella che chiede allo Stato una verità che non potrà mai essere solo giudiziaria. Mancano dati certi sulla connessione fra veleni e malattie tumorali, non si conosce il dato reale degli effetti determinati dall’inquinamento camorrista sui prodotti alimentari e sulle falde acquifere.
Lo scontro sugli impianti di termovalorizzazione, anche e soprattutto a causa degli sprechi e delle bugie del passato, assume i contorni di una contrapposizione ideologica fortissima. Persino un tema che dovrebbe rassicurare tutti, come il progetto di bonifica delle zone avvelenate, finisce per accendere polemiche innescate dal timore che le risorse, come accaduto troppe volte nella nostra storia, finiscano nelle tasche di qualcuno e non a risanare il territorio.
Ciò nonostante, qualcosa sembra muoversi nella direzione di un cambiamento. Ha raccolto consensi trasversali la proposta di destinare alle bonifiche le somme accumulate dal fondo di giustizia che gestisce i patrimoni confiscati a boss e colletti bianchi. Il movimento popolare ha imposto l’argomento all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale dopo anni di silenzio. [...]
La presa di coscienza dell’opinione pubblica è però solo una parte, sia pure importante, della strada per uscire dall’emergenza lunga una vita intera. Spenti i roghi tossici, dovranno restare accesi sulla «Terra dei Fuochi» i riflettori dei mezzi di informazione e delle attività di indagine volte a contrastare con sempre maggiore forza le attività illegali, vigilando sugli interventi di bonifica. Al resto dovrà pensare lo Stato, che non potrà più continuare a mentire, giocando con il futuro di un’intera regione. Prima, però, dovranno cessare le complicità e le connivenze. La politica ripulisca se stessa, senza attendere la magistratura.
Da http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-terra-dei-fuochi-la-camorra-e-lo-stato-complice/ 2 marzo 2015
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