14 marzo 2015

GENTE SENZA DIGNITA'




Riprendiamo dal sito http://www.lankelot.eu/ la recensione di Luca Menichetti di un libro di Maurizio Viroli di grande attualità.


Viroli Maurizio

La libertà dei servi








E’ apparso sul “Il Fatto Quotidiano” dell’11 marzo 2015 il durissimo editoriale “La minoranza Dem: gente senza dignità”, a firma di Maurizio Viroli, che così si rivolge ai dirigenti politici transitati “dalle Frattocchie ai talk show”: “Persone senza dignità, senza intelligenza politica, senza senso di responsabilità repubblicana: questa è la minoranza del Pd (della maggioranza non merita neppure discorrere). Senza dignità perché dignità impone coerenza fra pensiero e azione, e dunque se avete dichiarato, come avete dichiarato, (vero Bersani?) che la riforma renziana della Costituzione, accompagnata dalla nuova legge elettorale rompe l’equilibrio democratico e poi votate l’una e l’altra siete persone indegne […] devo riconoscere che se in Italia avessero vinto i comunisti avremmo avuto un regime autoritario per la semplice ragione che i “bersani” sono servi della peggior specie, quelli che obbediscono al capo di turno perché è il capo. Senza intelligenza politica: perché non capiscono che oggi già non contano nulla e domani, a riforma approvata, conteranno ancora meno. Renzi non riconoscerà loro alcunché. Vuole servi docili, non servi che si permettono qualche mugugno”. E’ l’immagine sconfortante di una sinistra minoritaria, tacciata di massimalismo e conservatorismo (altrove – in Europa - sarebbe considerata tutt’al più come socialdemocratica e moderata), alle prese con una maggioranza di scampati alla rottamazione che ha ereditato e modernizzato gli atteggiamenti spregiudicati dell’ex cavaliere e della sua corte.
Un giudizio impietoso per un editoriale estemporaneo e motivato da un’improvvisa fregola antirenziana? Niente affatto. Del resto che altro scrivere di personaggi che – lo vediamo in questi giorni – si fanno vanto di essere uomini di partito? E’ chiaro che non viene proprio contemplata l’idea che si debba essere innanzitutto uomini di Stato.
Viroli scrive della repubblica dei cortigiani ormai da diversi anni e possiamo convenire che la denuncia di questa secolare degenerazione sia un suo cavallo di battaglia. Quando poi nel 2010 uscì la prima edizione del suo “La libertà dei servi” qualche commentatore non esitò a criticare l’equazione tra società di corte e berlusconismo. Forse non proprio il mantra di coloro – editorialisti, tuttologi di successo - che spacciavano la civilissima e intransigente denuncia del malcostume dei potenti alla stregua di massimalismo e di decrepito giacobinismo, ma poco ci manca.
Questo saggio è stato scritto quando ancora il tramonto del berlusconismo conclamato sembrava lontano, prima della scoperta di strane cene eleganti e dei dopocena bunga bunga: prendeva di mira i cortigiani al servizio dell’ex cavaliere e li raccontava come eredi disperanti e moderni di un antico costume italiano. Salvo accorgerci che, pochi anni dopo, la medesima voglia di bulletto “ghe pensi mi”, sostanzialmente una versione più tecnologica e giovanilistica della medesima cortigianeria, si è rivelata più presente che mai sia tra i militanti di partito che tra gli elettori; ed anzi ha tracimato senza vergogna nel cuore di una sinistra che ha rivelato il suo vero volto. Ed intanto in Italia continua a perpetuarsi la tradizione della “corte” che “crea servi che si sentono liberi e sono felici della loro condizione” (pag. 117). Uno dei passaggi fondamentali del saggio di Viroli lo troviamo difatti subito nel primo capitolo, intitolato “La libertà dei servi e la libertà dei cittadini”: “Secondo la concezione corrente, la nostra libertà può essere soffocata soltanto dalle azioni di altri uomini: secondo la concezione repubblicana, la libertà del cittadino muore per la semplice esistenza di un potere arbitrario ed enorme. Anche se il potere arbitrario o enorme si è affermato con metodi legittimi e opera per il bene dei sudditi, la sua stessa esistenza rende i cittadini servi” (pag. 8).

Viene quindi ribadito il principio fondamentale del liberalismo “che consiste appunto in una profonda e ragionata diffidenza per i poteri enormi o arbitrari e nella strenua e convinta difesa dei limiti del potere sovrano” (pag. 56), e che, “nonostante gli sforzi dialettici di Hobbes, la libertà dei cittadini e quella dei sudditi e dei servi sono profondamente diverse” (pag. 14).
“La libertà dei servi” lo possiamo quindi intendere come pamphlet ed anche come lettura disincantata di storia patria: Viroli, “professorone” e docente di teoria politica a Princeton, legge i fatti di cronaca alla luce del pensiero e delle opere di Machiavelli, Étienne de La Boétie, Goldoni, Baldassarre Castiglione, Elias Canetti, Gioberti, Mazzini, Calamandrei, Salvemini, Sylos Labini, Bobbio, Sartori, Ernesto Rossi, Carlo Rosselli e molti altri.
L’auspicio è chiaro: l’intransigente rivolta morale e civile di una paese a maggioranza di servi volontari, dove un consigliere comunale propone di dedicare una piazza alla mamma di Berlusconi, dove abbondano i cortigiani “che si rendono ridicoli, a volte per intima vocazione, più spesso per piegarsi all’ordine, esplicito o implicito, del signore” (pag. 42). Da qui l'opportuna citazione di “A Silvio”, opera di Sandro Bondi, onorevole e amoroso poeta: “Vita assaporata / Vita preceduta / Vita inseguita / Vita amata / Vita vitale / Vita ritrovata / Vita splendente / Vita disgelata / Vita nova” (pag. 59). Poi venne il bunga bunga ed anche per il povero Bondi la vita si è fatta meno splendente e meno assaporata.

Di sicuro nel libro di Maurizio Viroli i riferimenti all’inciucio e ai tentativi poi falliti di manomettere la carta costituzionale rimangono di stretta attualità, pur essendo cambiati parzialmente i protagonisti politici. Leggiamo: “Non basta accusare chi si oppone alla riforma della Costituzione di essere un conservatore, per l’ovvia ragione che non è scritto da nessuna parte che i conservatori hanno sempre torto per il solo fatto di voler procedere con cautela di grandi cambiamenti, e i riformisti hanno sempre ragione perché ritengono che si possa procedere spediti e sicuro. Ammesso che l’idea di rifare la Costituzione sia buona, il fatto di doverla realizzare con Berlusconi dovrebbe essere per un politico realista motivo sufficiente per non fare proprio nulla” (pag. 100). Parole scritte nel 2010, poi pensiamo al Patto del Nazareno, a Denis Verdini in versione padre costituente, al mito della velocità (“come un rullo”) applicato alle istituzioni della Repubblica e ci potremo rendere conto come anche nel 2015 non sia cambiato nulla; anzi, visto il silenzio della cosiddetta società civile e l’appecoronamento dei media, è probabile che la situazione si stia rivelando ancora più drammatica rispetto alla prima era berlusconiana (l’attuale berlusconismo è stato parzialmente modificato ad uso di un altro televenditore, privo di interessi aziendali diretti ma con una voglia matta di comandare ad ogni costo).
Scenari sconfortanti, frutto di usi e costumi secolari, che richiedono comunque dei rimedi. Secondo Viroli, professorone alquanto indignato, “ciò che distingue davvero la persona libera dal servo dal cortigiano è infatti il sentimento del dovere” (pag. 114). Nota a beneficio dei militanti e dirigenti Pd: sentimento del dovere innanzitutto verso la Repubblica e non verso il partito. Ed inoltre, con buona pace di chi insiste a stravolgere il senso delle parole e la logica, scorgendo giacobini in ogni dove: “intransigenza contro cedimento: difesa della Costituzione contro ogni tentativo di stravolgerla per farne uno strumento di dominio; educazione morale e civile contro la politica ridotta a semplice apparenza e gestione del potere; amore della libertà e sdegno contro gli allettamenti della libertà dei servi e la rassegnazione. Sono tutti concetti che sanno di vecchio, ne sono consapevole, e che troveranno ascolto solo tra pochi e alzate di spalle e sarcasmo presso i più” (pag. 139). Viroli ha ragione: chi legge con godimento “Stil Novo”, tanto per dire, oppure chi è conquistato dalla comunicazione politica mediante twitter e selfie, troverà “La libertà dei servi” assolutamente illeggibile. Lo possiamo anche capire: non sempre è facile leggere qualcosa di più complesso dei pensierini di prima media; ed inoltre riconoscersi alla stregua di servi e non di cittadini, potrebbe risultare molto sgradevole.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Maurizio Viroli, (Forlì, 1952) è uno studioso di filosofia della politica e di storia del pensiero politico, uno dei maggiori studiosi di Machiavelli. E' Professor Emeritus of Politics della Princeton University, professore di Comunicazione politica dell’Università della Svizzera italiana e Professor of Government della University of Texas at Austin. È autore di numerosi volumi, tra cui “L’Italia dei doveri” (Rizzoli 2008) e “Come se Dio ci fosse. Religione e libertà nella storia d’Italia” (Einaudi 2009). Ha collaborato a varie testate giornalistiche, tra cui La Stampa, il Sole 24 ORE e Il Fatto Quotidiano.

Maurizio Viroli, “La libertà dei servi” (collana Economica Laterza), Laterza, Bari 2013, pp. XIV 144.

Luca Menichetti. Lankelot, marzo 2015

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